Con un sistema di ammortizzatori sociali che preveda diverse misure di protezione sociale contro la disoccupazione diminuirebbe la spesa complessiva per il reddito minimo, anche nei casi di cumulabilità. È una strada che altri paesi già percorrono.

La peculiarità del sistema italiano

L’Italia discute dalla metà degli anni Novanta della costruzione di un pilastro assistenziale nel mercato del lavoro (commissione Onofri 1997), ma di fatto si è concentrata nello sviluppo e nel perfezionamento di interventi contributivi contro la disoccupazione parziale o totale, con particolare attenzione per quelli in costanza di rapporto di lavoro (Cig, Fis, fondi di solidarietà bilaterali). Indennità che, pur presentando notevoli aspetti positivi, richiedono per l’accesso il rispetto di principi contributivi e lavorativi consistenti (anzianità contributiva). D’altra parte, la peculiarità del sistema italiano appare evidente anche nei dati finanziari, dove prima della fase pandemica,tra il 2004 e il 2019, la spesa totale per ammortizzatori sociali è stata sostanzialmente inferiore rispetto a quella degli altri paesi europei, ma la quota di essa rappresentata dagli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro è stata significativamente più alta. La non completezza degli strumenti risente, così, della mancanza di una reale interpretazione della radicale natura episodica e della eterogeneità delle forme contrattuali contingenti e autonome che oggi popolano il mercato del lavoro. Un tentativo – di breve durata – di costruire una indennità assistenziale parzialmente universale nel mercato del lavoro (per i soggetti che avevano terminato il tempo di utilizzo di quelle assicurative) era stato fatto con l’Asdi (assegno sociale di disoccupazione). Attiva dal 2016 in via sperimentale, dal 2018 la misura venne sostituita dal reddito di inclusione (Rei), in tal modo si eliminava una parziale indennità non contributiva individuale dedicata del mercato del lavoro (secondo pilastro) per sostituirla con una misura diversa per finalità e natura, ovvero un sostegno reddituale di ultima istanza rivolto ai nuclei famigliari (terzo pilastro).

Una proposta di riconfigurazione complessiva

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Su questa mescolanza nell’ordinato sviluppo di un sistema universale di protezione sociale si è inserito anche il varo del reddito di cittadinanza. Una volta entrato in vigore nel 2019, il Rdc ha dovuto colmare (nella fase pandemica insieme al reddito di emergenza e alle indennità/bonus) non solo la mancanza di una consistente misura di reddito minimo, ma anche quella di una indennità condizionata contro la disoccupazione non contributiva. Così la scelta di connotare il reddito minimo come strumento di politica attiva oltre che di sostegno alla povertà e di inclusione sociale è stata azzardata, ma è stata condizionata nella pratica dalla mancanza di un pilastro fondamentale nella protezione sociale dei lavoratori. In sostanza, per ripristinare l’equilibrio nella relazione tra interventi di protezione nel mercato del lavoro e misure di ultima istanza contro la povertà assoluta sarebbe opportuno procedere a una maggiore articolazione del sistema degli ammortizzatori sociali, definendo una o più indennità di disoccupazione previdenziali, di minore importo, condizionate, means tested. La quantificazione finanziaria per la leva fiscale sarebbe variabile, determinata dai livelli di maggiore o minore rigidità del mercato del lavoro. Un mercato del lavoro rigido premierebbe gli interventi assicurativi, un mercato del lavoro deregolamentato o con contesti di disoccupazione di lunga durata, quelli assistenziali (Figura 1). Con questa proposta il sistema si riconfigurerebbe in due macrotipologie di interventi 1) differenti misure di protezione sociale reddituale contro la disoccupazione nel mercato del lavoro; 2) reddito di ultima istanza. Tale struttura, oltre a garantire una dinamica di semplificazione e razionalizzazione del sistema, creerebbe una rete di sicurezza sociale più universale per tutti i soggetti work ready in crisi, in un contesto di immediata e automatica complementarità con le politiche di attivazione e inserimento lavorativo.

La riconfigurazione complessiva del sistema di protezione sociale italiano avrebbe inevitabilmente effetti anche sui modelli strutturati di reddito minimo esistenti comportando una necessaria integrazione tra le tre misure (protezione universale individuale differenziata nel mercato del lavoro, reddito minimo condizionato nella società), anche attraverso un unico percorso di condizionalità/attivazione nei casi in cui sia perdurante e si aggravi lo stato di disoccupazione e la lontananza dal mercato del lavoro. Con un sistema di ammortizzatori sociali più inclusivo sarebbe minore la spesa complessiva per il reddito minimo, anche nei casi di cumulabilità tra indennità e reddito di cittadinanza. In questo caso, infatti, aumenterebbe il numero di famiglie in condizione di povertà, che utilizzerebbe il reddito di cittadinanza cosiddetto ridotto, come integrazione e non sostituzione del reddito familiare complessivo. In tal senso, le misure di sostegno reddituale immediatamente condizionate a forme di inserimento o reinserimento lavorativo dell’Rdc potrebbero essere in parte assorbite nell’integrazione reddituale nel mercato del lavoro che non prevede il principio contributivo, direttamente finalizzata all’attivazione lavorativa del beneficiario, distinguendole da quelle caratterizzate da diverse forme di inclusione sociale che prevedono un sostegno economico, sociale, sanitario, culturale per soggetti al momento non attivabili. In parte la complementarità tra ammortizzatori sociali assicurativi, ammortizzatori sociali non contributivi e misure di reddito minimo è già presente o si sta delineando in altri contesti europei dove esistono diverse forme di integrazione tra un sistema articolato di protezione reddituale nel mercato del lavoro contro la disoccupazione (indennità di disoccupazione, sussidio di disoccupazione, reddito di inserimento) e misure di reddito minimo garantito contro la povertà assoluta.

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Figura 1 – Schema teorico di riferimento generale

*Le opinioni espresse sono personali e non rappresentano quelle dell’Istituto di appartenenza.

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