Una delle proposte del governo per rilanciare il mercato azionario italiano mira a coinvolgere ancora di più i gestori nella governance delle società partecipate. Prosegue così un percorso non ancora concluso per favorire lo sviluppo del risparmio gestito.

La novità

Il 30 maggio la Commissione Finanze del Senato ha dato avvio all’esame del disegno di legge n. 674/2023 a sostegno della competitività dei capitali, presentato dal governo nel mese di aprile. La maggioranza prospetta un iter legislativo particolarmente spedito, a conferma del fatto che il rilancio di Piazza Affari è considerato una questione di massima urgenza. Dopo un ciclo di audizioni dal 6 giugno alla settimana del 19 giugno, l’obiettivo è infatti quello di trasmettere il testo alla Camera prima della pausa estiva, per poi approvarlo entro la fine dell’anno.

Una proposta contenuta nel Ddl, che riguarda il voto dei gestori di portafogli nelle società partecipate, non ha ricevuto particolare attenzione mediatica, a differenza di altre previsioni, ampiamente discusse; cionondimeno, inciderà sul governo societario degli emittenti italiani, soprattutto nel lungo periodo.

Oggi, il cliente che affida i propri risparmi a un gestore di portafogli mantiene la titolarità dei diritti di voto delle azioni gestite e, qualora intenda farsi rappresentare dall’intermediario nell’esercizio di tali diritti, deve rilasciare una procura per ciascuna assemblea. Questo sistema è particolarmente oneroso: poiché il cliente dovrebbe sottoscrivere molteplici procure, finisce spesso per rinunciare all’esercizio dei propri diritti. Inoltre, come nota la relazione di accompagnamento al Ddl, il meccanismo non trova riscontro nell’impianto normativo dell’Unione europea e di altri stati europei.

Il disegno di legge prevede ora la possibilità di conferire ai gestori la rappresentanza per più assembleecon una sola procura, assicurando così ai clienti un maggiore coinvolgimento continuativo, seppur intermediato dai professionisti della gestione, nelle società in cui i loro risparmi vengono investiti. Se il nuovo sistema entrerà in vigore (e soprattutto se verrà utilizzato), la gestione di portafogli su base individuale avrà “voce” nella governancedegli emittenti italiani, come oggi avviene nella gestione collettiva del risparmio, dove i gestori già votano per conto dei clienti.

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Un percorso già intrapreso

L’intervento è da accogliere positivamente. Come sottolineato dalla relazione, l’esercizio dei diritti di voice rappresenta uno strumento fondamentale per l’assunzione del ruolo attivo che i gestori sono chiamati a svolgere, nel solco di un percorso già intrapreso con il recepimento della prima e della seconda direttiva sui diritti degli azionisti.

Il ruolo attivo degli intermediari nelle società partecipate sta ormai acquisendo tratti distintivi che, grazie a questa riforma, potranno maggiormente riflettersi anche sulla gestione di portafogli su base individuale, e non più solo su quella collettiva. Ad esempio, la partecipazione dei gestori, a differenza di quella dei singoli investitori retail, può caratterizzarsi per l’incontro diretto con il management delle società, garantendo così un dialogo reciprocamente proficuo.

Inoltre, in seguito al recepimento della seconda direttiva sui diritti degli azionisti, i gestori sono tenuti ad adottare le cosiddette politiche di impegno, in cui descrivono come dialogano con gli emittenti e votano per conto dei clienti. Senza la riforma contenuta nel Ddl, il mancato conferimento della rappresentanza ai gestori – perché oggi troppo macchinoso – costituisce un evidente ostacolo alla piena attuazione della nuova disciplina delle politiche di impegno.

In definitiva, l’intervento è coerente con i passi fatti in passato per favorire un importante e pervasivo coinvolgimento degli intermediari nella governance; la direzione è quella, più che condivisibile, di agevolare l’esercizio di diritti di voto che altrimenti rimarrebbero inespressi. La riforma, se approvata, è poi destinata a produrre effetti soprattutto nel lungo periodo, parallelamente al progressivo sviluppo del risparmio gestito; la sua crescita è, del resto, un tassello fondamentale del contrasto alla condizione di cronico ritardo del mercato dei capitali italiano evidenziata nel Libro verde presentato dal ministero dell’Economia e delle Finanze nel 2022.

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