Italia e Spagna sembrano aver gestito i progetti dei rispettivi Pnrr in modo molto diverso. E se ora Roma chiede di fatto una riduzione dei fondi da impiegare, Madrid punta a un incremento dei finanziamenti, per un’ulteriore espansione degli investimenti.
Rate richieste e rate ricevute
Come si comporta l’Italia nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza? Il Rapporto sullo stato di implementazione del dispositivo di ripresa a resilienza da poco pubblicato dalla Commissione europea offre qualche elemento per rispondere perché permette di confrontare l’Italia con altri paesi europei simili per contesto socio-economico.
Se valutiamo lo stato di avanzamento dei rispettivi Pnrr guardando al numero delle rate semestrali dei finanziamenti richieste all’Europa al raggiungimento dei traguardi e obiettivi prestabiliti, l’Italia è il paese che ne ha presentate di più (quattro), meglio della Spagna (tre) e della Francia (due). Tuttavia, delle quattro rate richieste finora soltanto due sono state effettivamente pagate, mentre alla Spagna sono state accreditate tutte le tre rate presentate (tabella 1).
La differenza tra rate richieste e rate ricevute è certamente un indicatore delle criticità nel processo di attuazione del Pnrr che emergono quando la Commissione europea deve verificare se tutti i milestone e target previsti nei Piani nazionali siano stati effettivamente realizzati.
C’è un altro indicatore che conferma la migliore performance della Spagna rispetto all’Italia nella capacità di dare attuazione al Piano. È la lunghezza dell’intervallo di tempo che intercorre tra la richiesta di pagamento e l’effettiva erogazione della rata. Questa fase si allunga quando compaiono difformità tra gli obiettivi originariamente fissati dal Piano in corrispondenza della rata in questione e quelli effettivamente realizzati, discrepanze che devono essere valutate e validate dalle istituzioni europee. Ebbene, nel caso della prima rata, la Spagna ha ricevuto l’erogazione dei fondi dopo appena 45 giorni dalla richiesta, l’Italia dopo 104; per la seconda rata Madrid ha riscosso il pagamento dopo 90 giorni, Roma dopo 132; per la liquidazione della terza rata alla Spagna ci sono voluti 140 giorni, mentre l’Italia la sta ancora aspettando e sono passati 272 giorni dalla richiesta, inviata a Bruxelles il 30 dicembre dello scorso anno. I ritardi nel pagamento delle rate sono dunque indizio delle maggiori difficoltà del Pnrr italiano nel realizzare appieno i propri obiettivi rispetto a quello spagnolo.
Le richieste di revisione
Un’ulteriore riprova della diversa posizione dei due paesi nell’attuazione dei Piani, e più in generale anche della loro differente impostazione di fondo, si può ricavare analizzando le richieste di revisione dei rispettivi Pnrr presentate quest’estate alla Commissione europea.
L’Italia chiede la modifica di 190 target e milestone (su un totale di 527). Nel 35 per cento dei casi le revisioni proposte riguardano adattamenti meramente formali, ma negli altri sono sostanziali: il 21 per cento consiste in differimenti nelle scadenze di target/milestone tali da renderli più facilmente realizzabili, il 40 per cento in rimodulazioni quantitative o ridefinizioni con ridimensionamento degli output da realizzare e il 5 per cento in vere e proprie cancellazioni di intere misure o sub-misure. La Spagna chiede invece la modifica di appena 70 target e milestone (sui 416 totali), di cui 13 sono richieste di riadattamento a nuove condizioni; gli altri sono modifiche di calendario o correzioni formali.
L’Italia di fatto chiede la cancellazione di una serie di progetti per circa 16 miliardi e contestualmente lo spostamento delle risorse corrispondenti nel nuovo capitolo RePowerEU che, a detta del governo, dovrebbe avere minori criticità di attuazione. Di contro, Madrid sollecita un incremento notevole dei fondi da destinare al Pnrr: 84 miliardi di prestiti che, con altri trasferimenti addizionali che comprendono quelli del RePowerEU, fanno lievitare i fondi riservati alla Spagna a 160 miliardi, quasi il livello di quelli italiani. A tal fine la Spagna prospetta un massiccio piano di espansione degli investimenti che interessano la transizione digitale, prevedendo la completa digitalizzazione di imprese con più di 49 addetti, l’introduzione del 5G e la valorizzazione delle tecniche di intelligenza artificiale nelle catene del valore. Un altro settore dove la Spagna prevede di investire molto è la transizione verde e il trasporto sostenibile con finanziamenti rilevanti per la ristrutturazione edilizia, l’ammodernamento della rete stradale e il rafforzamento dei collegamenti ferroviari locali. Vi sono poi interventi importanti, anche se di minore entità finanziaria, nel campo della sanità, dell’industria e commercio, della protezione sociale e dell’istruzione.
Insomma, i due paesi, ormai simili per dimensione finanziaria dei fondi richiesti, sembrano aver gestito i progetti in modo molto diverso: mentre l’Italia chiede di fatto una riduzione dei fondi da impiegare, la Spagna punta a un incremento dei finanziamenti pari a più del doppio di quelli inizialmente ricevuti. Una revisione “di ripiegamento” per l’Italia, “di espansione” per la Spagna.
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Si è laureato in Economia all'Università Cattolica di Milano. Ha conseguito il Master in Economics a Louvain-la-Neuve e il dottorato in Economia Politica all'Università Federico II di Napoli. E' stato Marie Curie post-doc fellow alla LSE. Si occupa di temi di economia pubblica e political economy con particolare riguardo alla finanza locale. Ha insegnato all'Università Cattolica di Milano e all'Università di Novara e Ferrara. E' professore ordinario di Scienza delle Finanze presso quest'ultima Università e research affiliate presso l'IEB dell'Università di Barcellona. Ha svolto e svolge attività di consulenza per vari enti pubblici. È stato membro del comitato direttivo della Siep (Società Italiana di Economia Pubblica) per il periodo 2015-2021. È redattore de lavoce.info. @leonziorizzo su Twitter.
Assegnista di ricerca all’Università degli Studi di Ferrara, ha conseguito il dottorato in Economia e Management dell’Innovazione e della Sostenibilità presso le Università di Ferrara e di Parma. Si è laureato in Economia all’Università Cattolica di Milano. Ha svolto attività di ricerca presso Polis Lombardia ed è stato borsista presso l’Ufficio Bilancio del Consiglio regionale della Lombardia. Si occupa di temi di economia pubblica e contabilità pubblica, con particolare riguardo alla finanza locale e all’associazionismo intercomunale.
Professore ordinario di Scienza delle finanze nell'Università di Bologna. Attualmente è componente del -Comitato scientifico per le attività inerenti alla revisione della spesa pubblica istituito presso il MEF. Durante il 2022 è stato presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard presso il MEF e tra il 2014 e il 2022 componente del Consiglio direttivo dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Nel passato ho fatto parte della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale e della Commissione tecnica per la finanza pubblica presso il MEF.
B&B
Il nuovo governo Meloni ha messo forse il dito nella piaga dell’incompetenza tecnico-scientifica pubblica italiana?
Perchè la richista del dic.2022 (presumo che gli elaborati siano dell’ amm.ne precedente Draghi) non è stata ancora appovata?
Per costruire ocorrono progettisti e strutturisti adeguatamente responsabili, architetti e ingegneri civili strutturisti formati alla fatica post laurea e affermati nel mercato. Professionisti esperti e consapevoli capaci di scelte e soluzioni immediate e adueguate, con pratica quotidiana anche di cantiere che la pubblica amministrazione non possiede.
Purtroppo nel pubblico, dopo 5-10 anni a invecchiare sulle scrivanie diventano incapaci di iniziative propulsive, oggetti misteriosi con laurea. (vd. film “un borghese piccolo piccolo”)
Vengono impiegati a rincorrere scartoffie inutili e dannose, normative ad hoc per bocciare e non far lavorare chi non è amico della politica dominante.
Cio’ comporta il fallimento dello statalismo demo-social-comunista-fascista, tronfio da 50 anni di chiacchiere politiche e conseguente fallimento in working process delle repubblica italiana, aggravato dalla infezione immigratoria alimentata da chi ha interesse ad emarginarci. I soliti nemici del fare e dell’arricchimento del paese.
Paola
“I ritardi nel pagamento delle rate sono dunque indizio delle maggiori difficoltà del Pnrr italiano nel realizzare appieno i propri obiettivi rispetto a quello spagnolo.”
Questa frase, presentata come una verità assoluta e autoevidente, lascia molto perplessi. l’Italia tecnicamente è il paese più avanti nella realizzazione del pnnr (per un confronto più esaustivo sarebbe stato utile includere alti paesi blasonati come Germania e Paesi Bassi (spoiler, fino a qualche mese fa non avevano raggiunto nemmeno una delle milestone fissate, e la Germania ha chiesto e ottenuto di spostare risorse da investimenti a sussidi al comparto automobilistico).
Nemmeno una parola viene spesa per cercare di spiegare le ragioni dei tempi lunghi: quante milestone ha dovuto verificare la commissione? Che tipo di milestone e come sono misurate? Per quale importo?
Si lascia intendere che l’Italia non ce la fa, senza parlare nemmeno un secondo di come stanno andando effettivamente le cose e perché, selezionando dati con il lanternino per lasciare intendere che questo governo non ce la può fare. Insomma, un classico esempio di politica spacciata per tecnica. Del resto se si torturano i dati alla fine ci dicono tutto quello che vogliamo sentire.