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So che fanno male, ma li uso lo stesso: social media e benessere mentale

Si è spesso consapevoli dei danni legati a un uso eccessivo di Internet e dei social media. Ma è difficile rinunciarvi senza sentirsi socialmente isolati. Educare a un utilizzo sano del mondo digitale affinché la tecnologia sia un alleato nel percorso di crescita.

Le conseguenze di essere sempre connessi

Nel corso degli ultimi anni, Internet e i social media hanno rivoluzionato il modo in cui ci rapportiamo alla comunicazione, influendo profondamente sulle nostre abitudini quotidiane e sulle dinamiche sociali. Lo smartphone, in particolare, è una presenza ormai costante nelle famiglie italiane e rappresenta per molti il principale mezzo di connessione alla rete. Assieme alla diffusione degli smartphone e del loro ormai consolidato status di “protesi digitale”, sono sorte preoccupazioni legate alle conseguenze potenzialmente negative causate dall’uso dei social media. Negli ultimi anni, infatti, il dibattito sugli effetti dell’uso di Internet e dei social media, in particolare sulla salute mentale, ha guadagnato sempre più rilevanza a livello internazionale.

Sebbene in Italia non si parli ancora di un’epidemia di problemi di salute mentale legati all’uso di smartphone e social media, non mancano ricerche che abbiano messo in evidenza il problema soprattutto tra i giovanissimi. Ci interessa qui mettere in luce se e quanto nella popolazione italiana vi sia consapevolezza degli effetti negativi che possono derivare dall’interazione prolungata con i social media e come questi possano influenzare il nostro benessere emotivo complessivo. Considerato quanto tempo trascorriamo connessi a questi mezzi di comunicazione, è utile comprendere se, quanto meno, siamo consapevoli dei loro potenziali effetti negativi.

La ricerca in breve

Per rispondere alla domanda abbiamo predisposto un questionario online seguendo il metodo della “vignette study”, un tipo di studio sperimentale utilizzato nella ricerca sociale e psicologica che serve a esaminare le percezioni, le valutazioni, i giudizi o i comportamenti dei partecipanti in risposta a situazioni sociali simulate. Ai partecipanti, che devono poi rispondere a domande o fornire valutazioni su ciò che hanno visto, vengono presentate brevi scenette (dette anche vignette) che rappresentano situazioni sociali o specifici comportamenti.

Nella nostra ricerca abbiamo proposto ai partecipanti una situazione in cui un ipotetico personaggio svolge una certa attività e abbiamo chiesto di valutarne la felicità al termine dell’attività stessa. Per verificare se l’esposizione prolungata al social media fosse associata a una maggiore o minore felicità, abbiamo variato in modo casuale l’attività: un terzo dei rispondenti ha valutato la felicità di una persona che aveva passato il pomeriggio a scorrere il feed di Instagram; un altro terzo ha valutato la felicità di una persona che aveva giocato a pallavolo; un ultimo terzo, infine, ha valutato la felicità di chi aveva letto un romanzo. Per investigare se il genere o l’età dei protagonisti della vignette avessero ulteriori effetti, abbiamo variato anche i nomi delle persone (due nomi maschili e due femminili) e la loro età (15 o 35 anni). Abbiamo quindi predisposto dodici versioni della seguente vignette: «[Personaggio] ha [N] anni e ha passato il pomeriggio a [attività]. Secondo lei, al termine di questa attività, come si sente [personaggio]? Risponda su una scala da 0 a 10, dove 0 significa “Per niente felice” e 10 “Molto felice”».

Tramite un breve questionario online abbiamo reclutato 553 partecipanti: il 35,6 per cento sono uomini, il 63,1 per cento donne e l’1,3 per cento ha preferito non specificarlo. Il 64 per cento degli intervistati si colloca nella fascia 18-30 anni, il 16,6 per cento nella fascia 31-50 anni e il 19,3 per cento dai 50 anni in su. L’86,8 per cento del campione vive nel Nord Italia, il 3,3 per cento nel Centro, l’8,5 per cento al Sud e l’1,4 per cento vive all’estero. Il fatto che il campione non sia rappresentativo della popolazione di riferimento non inficia la validità interna dei nostri risultati in quanto l’obiettivo della ricerca non era quello di stimare la felicità media in Italia, che richiederebbe invece un campione rappresentativo, quanto di valutare se l’esposizione prolungata a un social media comporti una valutazione più negativa in termini di felicità percepita rispetto allo svolgimento di altre attività.

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I risultati della ricerca

La figura 1 mostra la felicità attribuita al personaggio della vignette dopo il tempo trascorso nelle tre attività. Dall’analisi emerge chiaramente che il livello di felicità associato all’uso di Instagram è nettamente inferiore rispetto alle altre attività: 3,7, contro l’8,4 e il 7 attribuito a chi ha giocato a pallavolo e letto un romanzo. I risultati suggeriscono una diffusa consapevolezza tra i partecipanti degli effetti negativi legati all’uso eccessivo dei social media.

Figura 1 – Felicità attribuita al personaggio della vignette a seguito del tempo trascorso: a) scorrendo Instagram, b) giocando a pallavolo, c) leggendo un romanzo. Valori predetti e intervalli di confidenza al 95 per cento. N=553.

Per verificare se la valutazione della felicità a seguito di una determinata attività vari in base ad aspettative stereotipate legate al genere e all’età del personaggio, riportiamo in figura 2 la felicità attesa per tutte le dodici combinazioni di soggetto-età-attività. Come si può notare, il tempo trascorso sul social media è quello che conduce a minor felicità per tutti, seppure con qualche piccola, ma apprezzabile, variazione. In particolare, l’uso prolungato di Instagram sembra portare a una felicità minore per le donne rispetto agli uomini dello stesso gruppo di età, come suggerito dalla letteratura. Al contrario, la lettura di un romanzo comporta un premium di felicità tra le giovanissime rispetto ai coetanei, ma non tra gli adulti. Infine, la pratica di uno sport di squadra evoca trasversalmente la felicità più elevata, un risultato particolarmente sorprendente nel contesto italiano dove l’attività sportiva è meno praticata rispetto ad altri paesi europei.

Figura 2 – Felicità attribuita al personaggio della vignette a seguito del tempo trascorso: a) scorrendo Instagram, b) giocando a pallavolo, c) leggendo un romanzo, per genere ed età del personaggio. Valori predetti e intervalli di confidenza al 95 per cento. N=553.

La consapevolezza necessaria

I risultati dello studio mettono chiaramente in luce come esista una consapevolezza diffusa riguardo alle potenziali conseguenze negative derivanti dall’uso prolungato dei social media, a cui è associato un livello di felicità molto più basso rispetto allo svolgimento di altre attività.

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Se siamo consapevoli dei potenziali effetti dannosi, perché non buttiamo lo smartphone nella spazzatura? La risposta si presenta come una complessa interazione tra la consapevolezza dei rischi, l’assuefazione e la dipendenza da dopamina e le pressioni quotidiane esercitate del contesto in cui viviamo. Poiché i social media offrono numerosi vantaggi, come la facilità di comunicazione, la condivisione di esperienze e l’accesso a informazioni, rinunciare al loro utilizzo è molto difficile. In più, se rinunciare individualmente alla “dose” di dopamina associata all’uso dei social media può essere difficile ma non impossibile (come smettere di fumare o seguire una corretta alimentazione), molto più complesso è svincolarsi dall’uso dei social media senza sentirsi socialmente isolati in un contesto in cui la grande maggioranza della propria rete sociale continua ad abusarne.

I nostri risultati vanno quindi a unirsi a quel crescente filone di ricerca che raccomanda una maggiore consapevolezza sull’utilizzo dei social media, in particolare tra i più giovani. In un’epoca in cui il vissuto sociale è sempre più intersecato con l’evoluzione tecnologica, l’impatto dei social media sulla salute mentale e fisica emerge come una questione di crescente rilevanza. La mancanza di consapevolezza su questi rischi, soprattutto tra i giovani e gli adulti meno informati, potrebbe infatti contribuire alla persistenza di conseguenze dannose legate all’abuso delle piattaforme. È pertanto fondamentale sottolineare l’importanza di una educazione completa riguardo a un utilizzo sano e consapevole dell’intricato mondo digitale, affinché si possa plasmare un futuro in cui la tecnologia sia un alleato, non un avversario, nel nostro percorso di crescita e connessione umana.

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  1. Interessante, grazie

  2. Savino

    Brutta società quella di oggi. La tecnologia ne è stata una rovina. In questo senso, la tecnologia non è un semplice avversario, ma un vero e proprio nemico.

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