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Tirocini in cerca di qualità*

La qualità dei tirocini è al centro della nuova proposta di direttiva della Commissione europea. Anche i dati dell’ultimo monitoraggio sui tirocini extracurricolari nel nostro paese mostrano la necessità di migliorare le condizioni di lavoro.

La nuova proposta della Commissione

Il 20 marzo la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva finalizzata al “miglioramento della qualità dei tirocini in Europa”. Si tratta di un percorso iniziato già dieci anni fa con la Raccomandazione sul quadro di qualità dei tirocini del Consiglio dell’Unione europea.

Quello dei tirocini, soprattutto per quel che riguarda la parte più giovane della popolazione, è un contesto caratterizzato da grandi numeri ma anche da forti contraddizioni. Secondo una stima della Commissione europea, in Europa ci sono oltre 3 milioni di tirocinanti, ma solo in poco più della metà dei casi si tratta di un tirocinio retribuito. Un sondaggio di Eurobarometro del 2023 afferma che il 78 per cento dei giovani europei ha svolto almeno un tirocinio e il 68 per cento ha dichiarato di aver trovato lavoro in seguito. Le previsioni sono di un incremento della domanda di tirocini di almeno il 16 per cento entro il 2030.

Proprio la retribuzione è del resto uno dei temi cardine della proposta, sulla base del principio di non discriminazione fra i tirocinanti e i lavoratori dipendenti. Più in generale si tratta di migliorare le condizioni di lavoro degli individui in tirocinio, di combattere quelli falsi, attivati cioè per coprire posti di lavoro stabili, di promuovere la crescita di qualità delle esperienze.

Il tema della qualità

Il tema di fondo è sempre quello di definire e individuare le condizioni che, una volta soddisfatte, rendono di qualità un prodotto o un processo e dunque, in questo caso, un’esperienza di tirocinio.

Oggi il riferimento più opportuno è ancora quello della Raccomandazione che, ad esempio, fornisce indicazioni sia in merito ai “tirocini scadenti”, con scarsi contenuti di apprendimento, sia in relazione a quelli di qualità. Per questi ultimi, in particolare, si specifica che “un tirocinio di qualità deve offrire anche contenuti di apprendimento significativi. Ciò implica tra l’altro l’individuazione delle specifiche competenze che devono essere acquisite, la supervisione e il mentoring del tirocinante e il monitoraggio dei suoi progressi”. Temi declinati nei successivi 21 principi e che la proposta della direttiva intende rafforzare.

Alla Raccomandazione si rivolgono, già in premessa, anche le Linee guida italiane del 2017, sebbene nei diversi articoli il tema della qualità sembra essere solo richiamato. Fra i diversi elementi che si possono qui sinteticamente considerare, anche in relazione alla nuova proposta di direttiva, si può fare riferimento alle questioni delle indennità, degli esiti, delle competenze richieste.

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I tirocini extracurricolari in Italia

Il Quarto rapporto di monitoraggio nazionale in materia di tirocini extracurriculari, predisposto da Anpal e Inapp e pubblicato alla fine di febbraio, rappresenta per il nostro paese il punto di osservazione più organico e più recente per ragionare sul tema.

Intanto, sui numeri: si registra infatti una flessione che interessa, per il 2022, sia il numero complessivo di tirocini extracurricolari (da più di 329 mila a quasi 313 mila), sia quelli degli individui coinvolti e delle imprese ospitanti. Il 2022, sostanzialmente, non conferma l’incremento che si era avuto nel periodo post-pandemia e che aveva portato alla crescita della incidenza delle attivazioni per tirocinio sul totale delle comunicazioni obbligatorie. Tuttavia, il 2022 ha fatto registrare un importante aumento del tasso di occupazione e dunque si può ritenere che in un numero maggiore di casi le imprese abbiano scelto di contrattualizzare gli individui, magari a tempo, invece di optare per il tirocinio.

Non cambia, invece, la dimensione socio-anagrafica dei tirocinanti: in prevalenza under 30 (più dei tre quarti) e in 4 casi su 10 alla prima esperienza nel mondo del lavoro. Sono inoltre equamente suddivisi fra uomini e donne e hanno realizzato la propria esperienza soprattutto nelle regioni del Nord (il 55 per cento è stato realizzato nelle due ripartizioni settentrionali).

L’indennità rappresenta un forte elemento di disomogeneità territoriale oltre ad apparire in contrasto con il principio di non discriminazione. Le Linee guida italiane fissano come indennità minima 300 euro e non mancano le regioni che si sono adeguate all’importo. Altre hanno invece considerato congruo un importo fra i 400 e i 500, ma si arriva fino agli 800 euro della regione Lazio.

I temi degli esiti e delle competenze si presentano spessi connessi tra loro, ma anche con quello della durata dell’esperienza.

Sono temi per i quali la sola disponibilità dei dati amministrativi rende ovviamente complessa una analisi approfondita, che tenga conto degli elementi connessi con le storie individuali, le aspirazioni, le scelte, ma che tenga conto anche della capacità – da parte dei soggetti promotori e di quelli ospitanti – di rendere disponibili tirocini di qualità, con una elevata componente formativa e coerenti con i contesti occupazionali di riferimento.

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Se osserviamo la distribuzione dei tirocini per livello di competenze agite, è possibile notare che a uno, tre o sei mesi gli inserimenti più consistenti riguardano i tirocini che presupponevano attività professionali con competenze riconducibili a un livello medio-alto e alto. Al contrario, particolarmente penalizzate risultano le esperienze di tirocinio le cui competenze si riferivano a professioni low skill. Sono peraltro le stesse esperienze che accoglievano più di frequente individui in età più avanzata, in possesso di più bassi titoli di studio e in territori con una domanda di lavoro più debole

Figura 1 – Tassi di inserimento occupazionale a 1, 3, 6 mesi dal termine dell’esperienza di tirocinio, per livello di competenza associato al tirocinio. Anni 2020-2022. Valori percentuali

Fonte: Anpal – Elaborazioni su dati comunicazioni obbligatorie ministero del Lavoro e delle Politiche sociali

Dati che trovano conferma anche osservando la disaggregazione per livello di istruzione e classe di età. L’inserimento lavorativo dei tirocinanti con titolo terziario è, a sei mesi dalla conclusione dell’esperienza, di 25 punti percentuali superiore a quello di coloro che hanno titoli di studio bassi. In modo simile per l’età, il tasso per i più giovani sfiora il 60 per cento contro il 24 per cento degli over-50.

Figura 2 – Tassi di inserimento occupazionale a 1, 3, 6 mesi dal termine dell’esperienza di tirocinio, per livello di istruzione e classi di età. Anni 2020-2022. Valori percentuali

Fonte: Anpal – Elaborazioni su dati comunicazioni obbligatorie ministero del Lavoro e delle Politiche sociali

Certamente nel nostro paese ci sono ancora forti differenze che si intrecciano sia con le caratteristiche dei mercati del lavoro locali – e non potrebbe essere altrimenti – sia con la capacità di progettazione e di miglioramento delle condizioni di lavoro, tanto sul tema della indennità, quanto sulla presenza effettiva di forti dimensioni di apprendimento.

La regolamentazione italiana ha spesso anticipato quella di altri paesi e le stesse indicazioni comunitarie. Ora, la nuova proposta della Commissione rappresenta, con il supporto delle analisi di monitoraggio, uno stimolo di particolare utilità.

* Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire all’autore e non investono la responsabilità dell’istituzione di appartenenza.

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  1. B&B

    Il tirocinio retribuito segue regole diverse da settore a settore.
    Lo stato regala i soldi dei contribuenti, ad esempio ai medici, il privato non puo’ permetterselo.

    Inoltre, nel caso di materie tecnico scientifiche come ingegneri o architetti, il tirocinante è uno scolaro prolungato che passa dalla (teoria come laureato in ing./arch.) alla pratica di ingegnere /architetto. Altrimenti non lo sa fare non diventa autonomo.

    Nel privato per il lavoro vale il concetto di produttività.
    Nel pubblico quello di registrazione della presenza.

    Se riuscissimo ad eliminare la parte di funzioni pubbliche nutili per il cittadino, compreso la politica doppiona, sarebbe sufficiente pagare le tasse sul 5% del reddito netto individuale. RN prodotto e certificato da un unico obbligatorio cc bancario con entrate e uscite certe, da cui,la banca, automaticmente paga all’erario il 5% sul RN. Come accade già con la rendita finanziaria.

    Finirebbero pero’ le tangenti alla politica e forse anche il sistma mafioso delinquenziale della compra-vendita di voti e delle estorsioni.

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