Se tutte le leggi italiane fossero scritte con la stessa chiarezza della Costituzione, il Pil sarebbe più alto di quasi il 5 per cento. È infatti possibile stimare il costo di un quadro normativo poco chiaro, che riduce il potenziale produttivo del paese.
Una legislazione semplice e concisa è un’utopia
Lo stato di diritto, alla base del buon funzionamento delle economie moderne, si fonda su una legislazione “chiara, facile da comprendere e non ambigua; semplice e concisa, evitando elementi superflui”. Nella pratica, però, le leggi vengono spesso approvate in fretta, spinte dall’urgenza di rispondere a crisi improvvise, e risultano mal calibrate, frutto da un lato di compromessi politici, dall’altro della scarsa disponibilità di informazioni al momento della loro introduzione. Il risultato è che le leggi tendono ad accumularsi in modo caotico, dando vita, nel tempo, a un sistema normativo che perde coerenza e talvolta sfiora l’assurdo kafkiano.
La descrizione ci ricorda da vicino l’Italia. In Gratton, Guiso, Michelacci e Morelli (2021) abbiamo documentato come, con l’avvento della Seconda Repubblica, la qualità della legislazione italiana sia peggiorata in modo drastico creando un caos normativo senza precedenti. Prodotte sempre più spesso con la decretazione d’urgenza, le leggi italiane si sono fatte via via più lunghe, infarcite di materie disparate (i cosiddetti “omnibus”), fino a diventare oscure e spesso indecifrabili persino per i lettori più esperti. Oggi, l’85 per cento delle frasi nei testi legislativi supera le 25 parole – il limite indicato dai linguisti come soglia oltre la quale la chiarezza del testo risulta compromessa. In media, ogni cento parole, una legge italiana contiene oltre quattro rimandi ad altri testi normativi, creando un labirinto di riferimenti incrociati che rende l’interpretazione estremamente difficile, se non arbitraria. Il cittadino italiano finisce spesso per immedesimarsi in un Josef K. contemporaneo, smarrito in un dedalo legislativo dominato dall’incertezza giuridica.
Una normativa poco trasparente ha un costo
Ma quanto ci costa davvero, in termini economici, convivere con questo guazzabuglio normativo? Nel nostro lavoro stimiamo che, se tutte le leggi italiane fossero scritte con la stessa chiarezza dei principi fondamentali della Costituzione, il Pil italiano sarebbe oggi più alto di circa il 5 per cento, pari a quasi 110 miliardi di euro all’anno.
Per ottenere la stima, partiamo da un’osservazione semplice: un quadro legislativo poco chiaro genera incertezza sui diritti e sugli obblighi, scoraggia gli investimenti, frena l’innovazione e ostacola la crescita imprenditoriale, riducendo così il potenziale produttivo del paese. Sulla base di questa premessa, stimiamo prima l’effetto della qualità normativa sull’incertezza giuridica, e poi l’impatto di quest’ultima sul Pil.
Abbiamo misurato la qualità normativa seguendo criteri linguistici consolidati, tratti dai principali manuali di scrittura giuridica (ad esempio Cassese, 1994). Per ciascuna delle oltre 75mila leggi presenti nel corpus normativo italiano, abbiamo costruito diversi indicatori: la lunghezza media delle parole e delle frasi, la frequenza di gerundi, verbi modali, aggettivi dimostrativi e altri elementi stilistici. Per misurare la dipendenza normativa, abbiamo inoltre calcolato la frequenza dei riferimenti diretti ad altre leggi. Tutti questi indicatori sono stati infine sintetizzati in un singolo indice così da ottenere una misura complessiva della qualità della scrittura di ogni singola legge.
Misuriamo l’effetto della qualità delle leggi sull’incertezza giuridica a partire dalla probabilità di disaccordo tra la Corte di Cassazione e i tribunali di merito. La Cassazione decide se confermare in via definitiva o ribaltare (cassare) la decisione dei giudici di primo o secondo grado. In linea con il suo mandato istituzionale – garantire un’interpretazione coerente e uniforme delle leggi su tutto il territorio nazionale nel tempo – la Corte si concentra esclusivamente sulla corretta interpretazione della legge. Non ammette nuove prove e, in ogni sentenza, indica puntualmente le norme su cui si basa la decisione. Questo ci consente di stimare quanto la qualità della scrittura normativa incida sulla probabilità di ribaltamento – un indicatore diretto dell’incertezza interpretativa. In media, la probabilità si attesta attorno al 30 per cento. Quando il caso si basa su leggi scritte male – cioè nel 10 per cento peggiore secondo il nostro indicatore sintetico di qualità normativa -la probabilità sale al 36 per cento. Viceversa, scende al 24 per cento con le norme più chiare.
La capacità delle corti di merito di interpretare norme mal scritte in modo coerente con la Corte di Cassazione varia sensibilmente: alcune sono più allineate, altre meno. Le due corti più allineate sono Tortona e Rovigo, mentre le due meno allineate sono Biella e L’Aquila. La variabilità è significativa e riguarda sia il Nord sia il Sud Italia. Di fatto, la differenza espone le imprese a livelli diversi di incertezza legale a seconda della giurisdizione di appartenenza.
Il sistema produttivo fa i conti con l’incertezza normativa
Nel settembre 2012, a seguito di una riforma volta alla razionalizzazione dei tribunali, la geografia giudiziaria italiana è stata profondamente ridisegnata. Molti tribunali minori sono stati soppressi, coinvolgendo 1.235 comuni su 8.093. Di conseguenza, molte imprese sono state assegnate a nuove giurisdizioni, con un impatto diretto e inatteso sull’incertezza legale a cui sono esposte. Lo shock ci ha permesso di misurare come un cambiamento nell’incertezza normativa (aumentata per alcune imprese e diminuita per altre) influenzi il sistema produttivo locale. Un aumento di una deviazione standard nell’incertezza normativa ha ridotto il tasso di crescita annuale delle imprese di 1,2 punti percentuali, mentre i loro investimenti sono calati dell’1,3 per cento. Le nostre stime mostrano inoltre che le nuove imprese nascono più piccole e che le aziende già attive hanno una probabilità maggiore di fallire.
Partendo da queste stime, calcoliamo l’impatto a lungo termine della qualità normativa sul Pil pro capite italiano, che dipende dal tasso medio di crescita delle imprese, dalla loro nascita e chiusura e dalle dimensioni con cui entrano nel mercato. Da qui deriva la nostra stima finale: se tutte le leggi italiane fossero scritte con la stessa chiarezza della Costituzione, il Pil sarebbe oggi più alto di quasi il 5 per cento.
Colpisce il fatto che quasi due terzi del costo si sia accumulato negli ultimi trent’anni, a causa del progressivo degrado nella qualità della scrittura legislativa. Forse è arrivato il momento di riprendere in mano, e leggere con attenzione, il manuale di Sabino Cassese sulla redazione degli atti amministrativi, aggiornato dall’Ittig (Istituto di teoria e tecniche dell’informazione giuridica) e dall’Accademia della Crusca. Non è forse giunta l’ora di una riforma sistematica, minuziosa e organica del nostro sistema legislativo?
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Savino
C’è scarsa cultura giuridica e della legalità nel pubblico e in tutte le professioni. Ciò che sta succedendo a Milano sull’urbanistica ce lo dimostra E, poi, molto spesso, si fanno scrivere norme tecniche ai non laureati in giurisprudenza. E’ capitato che accusa e difesa in Tribunale si accapigliassero per un cavillo scritto da un terzo che non è un giurista e non è nemmeno un laureato (neanche in altre discipline).