Nonostante il brusco rallentamento dell’economia, il mercato del lavoro “tiene” e il tasso di occupazione aumenta, anche se resta lontano dai livelli europei. Arriva però un segnale preoccupante: l’occupazione cresce solo al Nord e resta ferma nel Mezzogiorno. Un motivo in più per ricorrere a un decentramento territoriale della contrattazione collettiva. Quanto all’aumento del part-time, è un elemento cruciale per aumentare l’occupazione italiana femminile nel lungo periodo, ma implica una automatica diminuzione del numero di ore lavorate per addetto.

Nel corso del 2003, il mercato del lavoro italiano ha chiaramente risentito del brusco rallentamento dell’economia, ma è rimasto un mercato che crea posti di lavoro. Nel 2004 gli occupati sono aumentati 170mila unità, con uno sviluppo su base annua pari allo 0,8 per cento.
Tenendo conto che la crescita del prodotto nel 2003 è stata dello 0,4 per cento, il risultato complessivo del 2003 è decisamente positivo.
Rispetto a gennaio 2004, il tasso di disoccupazione è sceso dal 9,1 percento all’8,7 per cento, continuando un trend in atto dal 1998, quando il tasso di disoccupazione aveva raggiunto il 12 percento. Il tasso di occupazione, il rapporto tra occupati e popolazione in età lavorativa, è cresciuto di 1,4 punti percentuali, raggiungendo quota 55,8 per cento, una cifra che rimane comunque bassissima su base europea, e molto lontano dal 70 per cento richiesto dagli obiettivi di Lisbona.

I motivi di questa onda di medio periodo dell’occupazione italiana sono stati più volte analizzati (vedi ” Il bicchiere mezzo pieno dell’occupazione“), e rimangono legati alla lunga serie di riforme del mercato del lavoro, alla moderazione salariale, al ruolo degli incentivi all’occupazione e, in parte, anche all’emersione di lavoro precedentemente sommerso.
Inoltre, anche l’invecchiamento della popolazione facilita un miglioramento delle statistiche del lavoro (vedi “La popolazione invecchia, le statistiche migliorano“).

Un segnale preoccupante

Se analizziamo i dati su base congiunturale, confrontando i dati de-stagionalizzati delle rilevazioni di gennaio 2004 con quelle di ottobre 2003, emerge un segnale decisamente preoccupante.
La crescita occupazionale ha tenuto. Il mercato del lavoro ha infatti creato in un trimestre 45mila posti di lavoro, una cifra che su base annua permetterebbe comunque di mantenere un tasso di crescita pari allo 0,8 per cento. Tuttavia, la crescita dei posti di lavoro è avvenuta intermente nel Nord Italia (con una crescita pari allo 0,4 per cento) mentre è rimasta pressoché invariata nel Centro Italia e completamente piatta nel Mezzogiorno.

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Questo è un dato allarmante, in quanto implica un ripristino del divario territoriale del mercato del lavoro, un fenomeno che sembrava invertito all’inizio del decennio. Probabilmente, per recuperare crescita occupazionale nel Mezzogiorno, sarebbe necessario ricorrere a un decentramento territoriale della contrattazione collettiva, uno dei meccanismi in grado di legare la domanda di lavoro alle condizioni locali. Recentemente ci sono state numerose aperture sindacali in questa direzione , ed è bene sperare che alle parole possano presto seguire i fatti.

Infine, la distribuzione della crescita occupazionale per settore di attività suggerisce che la maggior parte dei posti di lavoro sono creati nel settore delle costruzioni, un settore caratterizzato da alta volatilità occupazionale.
In quest’ottica, non è affatto detto che gli ultimi posti creati siano stabili e duraturi.

Il ruolo del part-time

La distribuzione della crescita occupazionale per tipologia di lavoro mostra che quattro su cinque dei nuovi lavoratori sono dipendenti, mentre la metà di questi ultimi sono lavoratori temporanei o a tempo parziale.
È utile riflettere sul ruolo dei lavoratori part-time, una tipologia di contratto che ha raggiunto in Italia quasi il 6 per cento dell’occupazione. La crescita del part-time è sempre vista come un fenomeno cruciale per aumentare l’occupazione italiana femminile nel lungo periodo.

Tuttavia, non si deve dimenticare che un aumento di lavoratori part-time determina automaticamente una diminuzione del numero di ore lavorate per addetto, una statistica che vede l’Italia indietro rispetto agli altri paesi dell’Ocse.
È vero che quantitativamente la crescita del part-time può spiegare soltanto una parte minore della differenza tra le ore lavorate per addetto in Italia e Stati Uniti. Tuttavia, alla luce dell’auspicato aumento del part-time in Italia, il divario nelle ore lavorate per addetto continuerà ad aumentare.

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