Le leggi che regolano il consumo di alcol influenzano lo sviluppo delle città. Dove sono più rigide, come nei paesi anglosassoni, i sobborghi si ampliano in modo incontrollato. Nella più liberale Europa continentale, invece, i centri cittadini restano più densi. Perché bar e ristoranti all’aperto li rendono più piacevoli e nello stesso tempo esercitano una funzione di controllo sociale. Mentre in America e Inghilterra i diritti di proprietà sulle strade si sono spostati dai locali pubblici alle automobili dei pendolari.

Perché i centri storici dell’Europa continentale appaiono più piacevoli di quelli delle città britanniche o americane? Colpa della pioggia, rispondono gli inglesi. Ma non è così: l’Olanda ha un clima altrettanto brutto della Gran Bretagna e centri cittadini molto più accoglienti. E a Detroit, dove il tempo è buono, nel centro c’è ben poco da vedere. La ragione fondamentale è invece legata alle leggi che regolano il consumo di alcol.

Il “dove e quando” degli alcolici

Una rigida regolamentazione della concessione delle licenze, come quella inglese o americana, impedisce la vendita di alcol ai tavoli all’aperto di bar e ristoranti. Negli Stati Uniti, i minori di 21 anni non possono bere alcolici e in molti stati è in ogni caso proibito il consumo di alcol in pubblico. La legge britannica, ripresa da Australia e Sudafrica, stabilisce precisi limiti di orario per la vendita di alcolici e vieta la presenza di bambini nei locali dove se ne consuma.. In realtà, una tale regolamentazione, introdotta allo scopo di proteggere i bambini, finisce per trasferire dai bar alle automobili dei pendolari i diritti di proprietà sulle strade.
Al contrario, nell’Europa continentale (in Italia, per esempio), le regole sul consumo di alcol sono meno rigide e caffè e ristoranti con spazi all’aperto prosperano. Di conseguenza, le città sono più vivaci (e non solo nelle ore d’ufficio), l’atmosfera più conviviale, gli abitanti sono stimolati a camminare di più (e si riduce così anche il tasso di obesità), si costruiscono meno strade a scorrimento veloce e il centro resta più denso. In definitiva, la sicurezza è maggiore, ci sono più bambini nel centro delle città, le strade sono “meno larghe” e si ha una minore tendenza della popolazione a spostarsi nei sobborghi, riducendo così il fenomeno dello sviluppo urbano incontrollato. Arrivano anche più turisti. Il punto fondamentale è che ristoranti e bar all’aperto “privatizzano” il controllo sociale sulle strade, sono quelli che Jane Jacobs definisce i “proprietari naturali” delle strade. (1)

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Domanda, offerta e tariffe

Il punto di vista economico ortodosso sostiene invece che l’assottigliarsi dei centri cittadini è semplicemente il risultato del gioco della domanda e dell’offerta. Automobili migliori hanno ridotto i costi del pendolarismo (il lato dell’offerta) e redditi medi più alti hanno fatto crescere la domanda di spazi per abitazioni. Entrambe queste forze hanno reso meno densi i centri cittadini. Inoltre, gli individui con redditi più alti possono permettersi auto migliori e abitazioni più grandi, il che spiega la loro scelta dei sobborghi rispetto ai centri cittadini. Naturalmente, in questa visione si ammette che esistono problemi di traffico congestionato e di inquinamento, ma si pensa che potrebbero essere risolti da tariffe sull’utilizzo delle strade e dei parcheggi.

Il problema con questo argomento è che schemi tariffari espliciti di questo tipo sono estremamente rari. In pratica, l’unica forma di tariffazione presente è quella implicita, indotta dal traffico congestionato (i costi in termini di tempo sono attualmente la componente principale dei costi marginali di un viaggio in automobile).
Per imporre una delle due forme di tariffazione serve infatti una lobby con interessi nelle aree del centro cittadino: per avere una qualche probabilità di successo, le tariffe esplicite hanno bisogno di una forte lobby di bar e ristoranti all’aperto. Non a caso, la “congestion charge” è stata introdotta a Londra, che in deroga alle leggi nazionali, può avere bar all’aperto.

Un centro vivace ha più licenze

La teoria delle licenze permette di fare previsioni che si rivelano confermate dai fatti.
Primo, le città con caffè all’aperto, Parigi ad esempio, sono rimaste più dense di quelle che non li hanno, come Birmingham o la tipica città americana. Secondo, le città con bar all’aperto hanno conservato meglio le loro attrattive. Se escludiamo il turismo d’affari, i dati mostrano che Stati Uniti e Gran Bretagna attraggono comparativamente pochi turisti internazionali considerata la loro estensione. Le due eccezioni – Londra e New York – confermano la tesi generale: nelle due città infatti è possibile servire alcolici ai tavoli all’esterno dei locali. Terzo, il settore alberghiero e dei locali pubblici si è sviluppato in Gran Bretagna e Stati Uniti in modo discutibile: è oggi fondato su grandi strutture, con un numero di addetti tre o quattro volte superiore a quello dell’Europa continentale. Con una regolamentazione rigida delle licenze, è più facile e meno costoso ottenere permessi per ampliare il locale già in attività che aprirne uno nuovo.
Restano poi da sviluppare anche altre interessanti implicazioni della presenza di locali pubblici all’aperto, come il loro effetto sul tasso di criminalità, o sull’obesità (negli Stati Uniti è tre volte superiore a quello dell’Italia) e sul ruolo delle città belle come centri produttivi.

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* Questo articolo è un estratto del saggio di W. Stanley Siebert “Public choice and urban economics: the unnoticed link between liquor licensing and urban sprawl”, Insitute of Economic Affairs, giugno 2003, Blackwell Publishing Limited.

(1) Jane Jacobs, “The Death and Life of Great American Cities”, Random House, 1961.

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