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Come reclutare i migliori

Una proposta per facilitare l’inserimento dei giovani e favorire la ricerca nell’università italiana. E’ basata sul merito scientifico perché condiziona la concessione dei fondi ai risultati della ricerca e dunque incentiva comportamenti virtuosi nella selezione dei ricercatori. Interviene all’inizio del progetto, garantendo un punto di partenza paritetico a tutti i dipartimenti in competizione. Inoltre, concede premi o penalità ai singoli dipartimenti, evitando che “le politiche di ateneo” possano contrastare l’efficacia degli incentivi ministeriali.

Questo scritto propone un sistema per il reclutamento dei docenti universitari che possa facilitare l’accesso alla carriera accademica a chi è giovane e si dedica principalmente alla ricerca. Il nostro schema adotta la produzione scientifica come criterio fondamentale per l’assunzione e l’entrata in ruolo dei giovani ricercatori il cui lavoro verrebbe valutato dai dipartimenti di riferimento e da commissioni composte da ricercatori di “chiara fama” (come nel Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca). Tuttavia, il nostro schema ha il pregio di non proporre un meccanismo esclusivo rispetto ad altri sistemi di reclutamento. In particolare, riteniamo che debba affiancare un sistema concorsuale completamente decentrato regolato da incentivi e disincentivi pecuniari per il miglioramento della qualità (scientifica e didattica) degli atenei.

Perché intervenire

Nella seduta del 13 e 14 aprile del 2005, il Consiglio universitario nazionale ha approvato un parere sul riordino dello stato giuridico e del reclutamento dei professori universitari che, esprimendo contrarietà alla messa in esaurimento del ruolo dei “ricercatori”, propone l’articolazione “della docenza universitaria in tre livelli, con precisa definizione delle funzioni specifiche di ognuno di essi”. (1)
Chi ritiene che la qualità della ricerca e l’inserimento dei giovani nell’università italiana siano obiettivi fondamentali, non può che essere deluso dal documento del Cun. Non si capisce a cosa serva un terzo livello di docenza. Non si avverte l’allarme per l’automatismo che caratterizza la progressione di carriera dei professori. Del resto, nemmeno il ministro Moratti offre proposte soddisfacenti. Il prospettato ritorno al “concorso nazionale” non risolve nessuno dei problemi principali. Alcuni sostengono giustamente l’esigenza di “liberalizzare” il reclutamento per concentrarsi sui meccanismi di finanziamento degli atenei, incentivando così comportamenti virtuosi. Gli atenei che assumono ricercatori bravi dovrebbero avere più soldi, quelli che assumono parenti e amici dovrebbero essere penalizzati. Il criterio di ripartizione dei fondi dovrebbe essere affidato a una commissione composta da accademici di fama italiani e stranieri. Questa proposta, che chiameremo “liberista”, semplifica enormemente le procedure, cerca di premiare il merito scientifico, ma, secondo noi, soffre di alcuni difetti che la nostra prospettiva cerca di risolvere.
In base al sistema liberista, i dipartimenti hanno incentivi deboli: possono aspettarsi di conseguire solo vantaggi marginali da un comportamento virtuoso perché l’assegnazione dei fondi avverrebbe sulla base degli atenei, non dei dipartimenti. Inoltre, la penalizzazione pecuniaria ex post ha due problemi. In primo luogo, non è facilmente praticabile perché sanziona, negando i finanziamenti, sulla base di criteri stabiliti posteriormente alle condotte.
In secondo luogo, ha il difetto di colpire tutti i dipartimenti e le facoltà compresi nell’ateneo, indipendentemente dal loro comportamento individuale. Infine, la proposta liberista sembra penalizzare gli atenei periferici e di recente formazione, generalmente caratterizzati da una breve serie di risultati scientifici e una scarsa capacità di attrazione.

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La nostra proposta

Questi difetti non rendono inopportuno il principio meritocratico alla base del sistema liberista, ma richiedono l’introduzione di un meccanismo parallelo per il reclutamento dei docenti rivolti alla ricerca. Già oggi le unità di ricerca che si formano nei dipartimenti possono ottenere dal ministero il finanziamento di posizioni a contratto nell’ambito dei progetti di ricerca. Si tratta, in generale, di contributi inadeguati e limitati a un massimo di tre anni.
Questo sistema dovrebbe essere potenziato e adeguato. Vogliamo fare in modo che i contratti di lavoro per i ricercatori così finanziati (1) siano retribuiti in modo adeguato, (2) abbiano maggiore durata riducendo l’incertezza dei giovani ricercatori e, soprattutto, (3) permettano l’immissione nell’organico di ruolo dell’università, previo parere favorevole di una commissione ministeriale e degli organi accademici di riferimento. Il sistema che abbiamo in mente potrebbe essere facilmente organizzato. Ogni anno ciascun dipartimento può sottoporre al ministero alcuni progetti di ricerca di durata compresa tra tre e sei anni. La flessibilità è completa: ciascun progetto risponde a esigenze e caratteristiche della disciplina di riferimento, ma include sempre la richiesta dei fondi necessari al suo completamento e, in particolare, del finanziamento del numero di ricercatori desiderati. I rapporti di lavoro prodotti sono quindi motivati dal progetto di ricerca, e perciò di eguale durata. Le retribuzioni di ciascun ricercatore sono flessibili e decise in autonomia da ciascun dipartimento: soggette a un limite minimo, non ne hanno uno massimo. I dipartimenti possono essere incoraggiati, da incentivi fiscali ai donatori e premi ministeriali, a “cofinanziare” il progetto procurandosi finanziamenti aggiuntivi (privati, ateneo, eccetera). Il ministero costituisce un fondo per ciascuna disciplina e i dipartimenti che vi appartengono competono per l’attribuzione delle risorse ministeriali. Naturalmente, questi fondi devono essere ben più consistenti di quelli oggi stanziati. Potrebbero essere aumentati anche prelevando denaro dal fondo per la gestione ordinaria degli atenei.
approvazione dei progetti e la conseguente assegnazione dei fondi viene quindi decisa sulla base del giudizio di una commissione nazionale composta da studiosi di chiara fama impegnati in Italia e all’estero, per ciascuna disciplina di riferimento. Non tutti i progetti presentati devono necessariamente essere finanziati: una preselezione esclude quelli non meritevoli. Come si vede, la caratteristica fondamentale del sistema fin qui proposto è quella di garantire un punto di partenza paritetico a ciascun dipartimento, tenendo fermo l’obiettivo di incentivare comportamenti virtuosi, come nel sistema liberista, e fornendo un canale aggiuntivo per l’assunzione dei giovani ricercatori.
Una volta attribuiti i fondi, i dipartimenti bandiscono con procedura pubblica e trasparente le posizioni a contratto coerenti col progetto approvato. Non hanno però alcun vincolo riguardo alle procedure di selezione, ai possibili vincitori e alle remunerazioni, eccetto l’incompatibilità con altri incarichi di docenza a tempo pieno.
Infine, alla scadenza dei termini del progetto di ricerca, le commissioni nazionali valutano la coerenza tra obiettivi e risultati dei progetti finanziati (numero e qualità delle pubblicazioni scientifiche, risultati di esperimenti, brevetti, eccetera). Il risultato di queste valutazioni porta all’assegnazione del finanziamento necessario a trasformare, presso il dipartimento ove si è svolta la ricerca, una o più posizioni a tempo determinato in posti di ruolo per professori di prima o seconda fascia (ad arbitrio della commissione). Oppure, alternativamente, alla negazione di tale finanziamento e alla conclusione del rapporto di lavoro degli assunti. Il numero delle posizioni di ruolo finanziate mediante questa procedura dipende dall’ammontare dei fondi ministeriali stanziati. Il sistema non subisce la pressione corporativa: da una parte la limitatezza dei fondi e dall’altra il doppio livello di controllo (commissione ministeriale e dipartimento afferente) garantiscono la selettività delle “conferme in ruolo”.

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I vantaggi

Riassumiamo i principali vantaggi di questo sistema. Innanzitutto, è basato sul merito scientifico perché “incentiva” comportamenti virtuosi nella selezione dei ricercatori, condizionando la concessione dei fondi ai risultati della ricerca. È un obiettivo condiviso dal sistema “liberista”, che pensiamo debba essere introdotto come sistema principale per l’assunzione e la promozione dei docenti universitari. Tuttavia, crediamo che il nostro meccanismo possa funzionare come “complemento” sia dell’attuale ordinamento che di quello “liberista”. Il sistema da noi proposto interviene ex-ante, cioè all’inizio del progetto quando i ricercatori vengono selezionati, garantendo un punto di partenza paritetico a tutti i dipartimenti in competizione. Inoltre, è maggiormente selettivo: concede premi o penalità ai singoli dipartimenti, evitando che “le politiche di ateneo” possano contrastare l’efficacia degli incentivi ministeriali, mentre consente ai docenti più impegnati nella ricerca di acquisire un maggiore potere accademico.

(1) Sessione 174, 13 e 14/4/2005

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  1. Francesco Garofalo

    Trovo molto positiva la vostra proposta, mi domando però un paio di cose. La prima è se il dipartimento sia una struttura in grado di gestire questo programma. In secondo luogo, la fase a contratto si trasformerebbe in posto di ruolo non più presso il dipartimento, ma presso la facoltà, e questo richiede un coinvolgimento di questa che non è chiaro come avvenga (in termini oltretutto di budget). Capisco la cautela di considerare il programma “parallelo” al reclutamento ordinario, ma in questo sistema il ricercatore diviene docente senza mai avere lavorato con gli studenti.

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