La scuola italiana non funziona.  Ma non è un problema di risorse: nei paesi che spendono quanto l’Italia in formazione primaria e secondaria, la performance dei quindicenni è di gran lunga migliore che da noi.  E’ un problema di qualità degli insegnanti? E’ difficile, ma non impossibile, misurarla e dovrebbe essere maggiormente incentivata. Ma per farlo bisogna affermare la cultura della valutazione, vincendo fortissime resistenze alle rilevazioni. La valutazione sulla base di parametri oggettivi è ancora più importante nel caso dei concorsi universitari. Apriamo il confronto su due proposte alternative. La prima propone di mantenere i concorsi per l’ingresso nella carriera universitaria a livello decentrato, attribuendo agli atenei locali anche la responsabilità finale (e l’onere economico corrispondente) della conversione a tempo indeterminato dei contratti di docenza e/o ricerca. La seconda propone di tornare ai concorsi nazionali per combattere il malcostume dei concorsi fasulli. Ma non basta probabilmente riformare i concorsi. Perchè l’università italiana incentivi la ricerca bisogna smettere di premiare solo (e troppo) l’anzianità di servizio, rendendo il sistema impermeabile alla concorrenza esterna, come dimostrano i dati sui pochissimi docenti  stranieri presenti in Italia. Mentre le risorse disponibili al sistema universitario italiano non sono cresciute in termini reali negli ultimi 5 anni, il governo ha scommesso sulle iniziative di eccellenza come l’Istituto italiano di tecnologia. Se ne è parlato più prima della sua nascita che adesso che sta per concludersi la fase di startup. Al commissario unico e al direttore scientifico dell’Iit abbiamo formulato alcune domande per capire lo stato di avanzamento di questo progetto. Ospitiamo le risposte di Vittorio Grilli, commissario unico dell’Iit e Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’istituto. 

Aggiornamenti:
La direttiva che non svela segreti, di Andrea Manzitti, 30-06-2005

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