L’elevata dipendenza del nostro paese dai combustibili fossili di importazione ci rende estremamente vulnerabili alle turbolenze internazionali. Al di là delle misure d’emergenza, è necessario elaborare un politica che promuova il risparmio energetico, la diversificazione delle fonti energetiche, la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie e nuovi prodotti con basse emissioni di CO2. Diminuire le importazioni di gas e petrolio non ha solo un effetto benefico sulla bilancia commerciale, è un’opportunità per la crescita di nuovi settori produttivi.

Il nostro paese sta vivendo un particolare momento dal punto di vista energetico. Da un lato, assistiamo al taglio di un’ora al riscaldamento delle case che potrebbe essere solo un anticipo dei disagi cui rischiano di andare incontro le aziende con l’aggravarsi dell’emergenza gas. Dall’altro, esportiamo energia elettrica.

Importazioni ed esportazioni di energia elettrica

Tra i vari paesi che si avvantaggiano delle nostre forniture, troviamo la Francia che storicamente ci ha sempre rifornito di energia a basso costo prodotta con le centrali nucleari. I giornali hanno dato grande risalto a questo, apparente, paradosso. Tale condizione viene attribuita all’evoluzione delle contrattazioni nelle borse elettriche europee. È probabile che quanto sta accadendo sia dovuto al fatto che dalla fine di novembre alla fine di dicembre dello scorso anno, sia i prezzi italiani medi di base sia quelli di picco, sono stati superati del 30 per cento nella borsa tedesca e di quasi il 50 per cento in quella britannica. Ciò ha generato per i nostri produttori e trader ottime opportunità. In ogni caso, secondo il ministero delle Attività produttive, nel 2004 l’energia elettrica esportata è stata pari a 0,2 Mtep a fronte di un importazione di 10,2 Mtep..

Tab.1 – Copertura del fabbisogno di energia primaria in Italia

Fonti

2001

(Mtep)

2002

(Mtep)

2003

(Mtep)

Combustibili solidi

13,7

14,2

15,3

Gas naturale

58,5

58,1

63,1

Petrolio

88,4

91,4

90,2

Importazioni energia elettrica

10,7

11,1

11,2

Fonti rinnovabili

13,8

12,6

12,6

TOTALE

185,1

187,4

192,4

Mtep: Milioni di tonnellate equivalenti di petrolio

Fonte: MAP

L’Italia viene definito un “paese a tutto gas” perché da questa materia prima dipende circa un terzo del nostro fabbisogno di energia primaria (tabella 1). Oggi la produzione nazionale di gas è in diminuzione, mentre si registra un incremento costante della domanda. Ciò determina una crescente dipendenza dall’estero dei nostri consumi (tabella 2).

Tab.2 – Italia: dipendenza dalle importazioni per fonti di energia (Valori %)

Anni

Combustibili solidi

Gas naturale

Petrolio

TOTALE

2000

97,8

77,6

95,1

83,7

2001

96,5

78,2

95,4

83,6

2002

96,0

80,2

94,0

84,1

2003

96,0

81,9

93,9

84,6

Fonte: ENEA, Rapporto Energia e Ambiente 2004

Tre obiettivi di politica energetica

Proprio l’elevata dipendenza dell’Italia dai combustibili fossili di importazione ha messo il nostro paese in una condizione di estrema vulnerabilità di fronte alle turbolenze internazionali.
La continua diminuzione delle forniture di gas naturale dalla Russia ha determinato una situazione di emergenza, per questo il Governo ha deciso di varare alcune misure per ridurre i consumi civili, ha consentito alle centrali elettriche di bruciare olio combustibile senza zolfo o a basso tenore di zolfo al posto del gas metano e ha autorizzato l’avvio del prelievo delle riserve strategiche.
Si tratta di misure eccezionali che hanno un carattere temporaneo. In tempi più lunghi il nostro paese dovrà finalmente elaborare una politica energetica che abbia, a nostro avviso, tre obiettivi: il risparmio energetico, che comprende la riduzione degli sprechi e l’aumento dell’efficienza; la diversificazione delle fonti energetiche per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili; la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie e nuovi prodotti con basse emissioni di CO2.
Per quanto riguarda la produzione di energia elettrica, i dati riportati nel grafico seguente dimostrano la necessità di effettuare immediati investimenti per ridurre i consumi e gli sprechi che sono pari al 63,4 per cento della produzione totale di elettricità. Si tratta dunque di migliorare la rete e l’efficienza dell’intero sistema elettrico.
In Italia carbone e petrolio rappresentano, nel 2004, il 50 per cento dei combustibili fossili (23,7 Mtep) utilizzati per produrre energia elettrica con un’efficienza pari a circa il 40 per cento.
Il metano copre il rimanente 50 per cento, ma solo la metà di questa quota è impiegata negli impianti a ciclo combinato che ormai toccano il 60 per cento di efficienza. Le perdite di rete sono valutabili tra il 5 e il 10 per cento e sono ascrivibili sostanzialmente a problemi tecnici e di obsolescenza.


L’Unione Europea ha pubblicato un “Libro Verde” ed emanerà quest’anno un piano d’azione con misure specifiche volte proprio al potenziamento dell’efficienza. Anche il G8, nel vertice di
Gleneagles, ha puntato su queste misure per ridurre i consumi e le emissioni in atmosfera, aumentando allo stesso tempo la sicurezza. Dal lato della domanda, e in genere nelle politiche di demand side management, nelle scelte future dovranno essere maggiormente coinvolte anche le associazioni dei consumatori.
Accanto agli investimenti per il risparmio e l’efficienza si devono potenziare gli investimenti nelle fonti alternative. Oggi l’eolico è già competitivo in molti paesi con costi simili a quelli del gas e poco al di sopra di quelli del carbone. Eppure l’Italia ha solo 1.800 MW di energia prodotta da questa fonte, mentre la Germania ne possiede oltre 17mila MW.
D’altro canto, lo sviluppo di fonti energetiche alternative è necessario anche per rispettare i vincoli del Protocollo di Kyoto. Nel 2004 le imprese energetiche italiane hanno speso in ricerca e sviluppo appena lo 0,6 per cento del fatturato, mentre vi sono alcune grandi compagnie petrolifere – per esempio British Petroleum – e imprese tradizionali, come General Electric, che stanno diversificando la produzione e stanno investendo in modo massiccio nelle fonti alternative e nelle tecnologie “pulite”. Bp ha lanciato una campagna denominata “Beyond Petroleum” e ha pianificato investimenti per circa 8 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni, mentre Ge conta di raddoppiare i ricavi derivanti dalle tecnologie pulite, che dovrebbero raggiungere i 20 miliardi di dollari nel 2010.

L’eredità di Mattei e Ippolito

Anche l’Eni di Enrico Mattei oltre che sul petrolio e sul gas naturale aveva puntato sulla diversificazione delle fonti energetiche investendo nel nucleare. Tutto questo avveniva all’inizio degli anni Sessanta quando il Comitato nazionale per l’energia nucleare di Felice Ippolito aveva lanciato un programma di ricerca e sviluppo nelle tecnologie nucleari. Oggi sappiamo bene che il nucleare non è praticabile in Italia, in ogni caso non va sottaciuto lo sforzo di Mattei e Ippolito per dare all’Italia una maggiore indipendenza energetica e quindi per far conseguire al nostro paese una maggiore autonomia politica.
Lo sviluppo di nuovi settori tecnologici può determinare l’attrazione di capitali interni e internazionali. Per esempio, i “fondi verdi” che puntano sui produttori di fonti rinnovabili e riciclabili, nel 2005, hanno avuto performance azionarie superiori a quelle, già molto elevate, del settore energetico tradizionale e del settore delle materie prime. Dunque, la riduzione della dipendenza dai combustibili fossili, oltre a far diminuire le importazioni e quindi ad avere un effetto benefico sulla nostra bilancia commerciale, costituisce un’opportunità per promuovere la crescita di nuovi settori produttivi.

Per saperne di più

Autorità per l’energia elettrica e il gas, 2005 http://www.autorita.energia.it/relaz_ann/05/03_2005.pdf
Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente,
http://www.enea.it
European Commission, 2005, http://europa.eu.int/comm/competition/antitrust/others/sector_inquiries/energy/issues_paper15112005.pdf

* Le opinioni espresse nell’articolo sono da riferirsi esclusivamente agli autori e non impegnano in alcun modo la responsabilità degli istituti di appartenenza.

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