Analizzando in dettaglio il differenziale di crescita delle retribuzioni pubbliche rispetto a quelle del settore privato si nota una sostanziale omogeneità per le retribuzioni contrattuali e dinamiche molto più differenziate per quelle di fatto. L’elevato valore dello slittamento salariale nel pubblico impiego si deve soprattutto al maggior importo degli arretrati, legato ai consistenti ritardi nei rinnovi. Più che di accelerazione retributiva del pubblico impiego si deve parlare di crisi della produttività del lavoro e di stagnazione salariale del privato.
A partire dal 2001 le retribuzioni dei dipendenti pubblici hanno subito un’accelerazione relativa, con un’assai probabile appartenenza dei dipendenti pubblici al medesimo intorno salariale (wage contour) degli impiegati e dirigenti delle medio-grandi imprese private. È perciò, utile analizzare più in dettaglio il differenziale di crescita delle retribuzioni pubbliche rispetto a quelle del settore privato con l’ausilio di ulteriori elementi conoscitivi, quali la dinamica dell’inflazione e delle retribuzioni contrattuali definite sul primo livello negoziale dai contratti nazionali.
Inflazione programmata e inflazione effettiva
L’analisi può partire dalla tavola 1, che presenta gli indicatori di riferimento per la dinamica delle retribuzioni tabellari stabilite dai contratti nazionali di categoria. La tavola evidenzia anzitutto che, a fronte di un tasso di inflazione programmata (Tip) fissato dal governo in media, nel periodo 2001-2006, attorno al valore dell’1,6 per cento l’anno, l’inflazione effettiva misurata dall’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati Foi (comprensivo dei tabacchi) è stata del 2,3 per cento, con punte del 2,8 per cento nel 2001 (a fronte di un Tip dell’1,7 per cento) e del 2,5 per cento nel 2003 (a fronte di un Tip dell’1,4 per cento).
Tavola 1. Indicatori di riferimento per la crescita delle retribuzioni di primo livello – Anni 2001-2006
(tassi di variazione percentuale)
Fonti: Istat, Prezzi al consumo; ministero dell’Economia e delle finanze; presidenza del Consiglio dei ministri.
* Per l’inflazione effettiva e i calcoli ad essa connessi, il dato del 2006 si riferisce al valore medio dei primi tre trimestri.
(a) L’ipotesi di pieno recupero del potere d’acquisto delle retribuzioni di primo livello, sulla base delle regole fissate dal Protocollo di luglio 1993, è calcolata pari ogni anno alla somma dell’inflazione programmata più la media dello scostamento dell’inflazione effettiva da quella programmata nel biennio precedente.
Lo scostamento tra i due indicatori (0,7 punti in media annua nel periodo 2001-2006) ha notevolmente indebolito la credibilità dell’inflazione programmata come obiettivo realistico per linsieme degli attori del sistema delle relazioni industriali (i sindacati, le imprese e il governo stesso). E ha conseguentemente ridotto la funzionalità del meccanismo di politica salariale danticipo disposto dal Protocollo di luglio 1993 che, sulla base degli insegnamenti di Ezio Tarantelli, intendeva recidere i legami di prezzi e salari con l’inflazione passata vincolando i comportamenti degli attori economici all’inflazione programmata. In questa situazione, il lascito di inflazione non assorbita dal Tip, di cui il Protocollo prevede il recupero salariale nel successivo biennio contrattuale, è venuto crescendo sino al 2004; e con esso è aumentato anche il valore dell’ipotesi di pieno recupero dell’inflazione (Tip corrente più scostamento medio tra Foi e Tip nel biennio precedente) fino a raggiungere, nel 2004, il 2,6 per cento.
A fronte di questa evoluzione del quadro degli indicatori di riferimento, e nonostante il progressivo indebolimento del Tip, le retribuzioni contrattuali si sono mosse mantenendo una notevole aderenza alle regole fissate dal Protocollo di luglio, tanto che nella media 2001-2006, nonostante significative oscillazioni annuali, lo scostamento tra la loro dinamica e quella prevista dall’ipotesi di pieno recupero è stata, per linsieme dell’economia, di soli tre decimi di punto (tavola 2).
Tavola 2. Retribuzioni contrattuali, retribuzioni di fatto e inflazione – Anni 2001-2006
(tassi di variazione percentuale)
Fonti: Istat, Retribuzioni contrattuali, Conti nazionali; per lipotesi di pieno recupero cfr. le note alla Tavola 1.
* I dati 2006 si riferiscono al valore medio dei primi tre trimestri.
(a) La copertura settoriale dei servizi vendibili non coincide esattamente per le retribuzioni contrattuali e per quelle di fatto, in quanto le retribuzioni di fatto, di fonte Conti nazionali, si riferiscono ai soli settori di attività economica G-K (servizi orientati al mercato), mentre le retribuzioni contrattuali includono anche la componente privata dei servizi sociali e personali (settori M-O).
Altrettanto evidente, nonostante le ben diverse durate dei cicli di rinnovo, è l’omogeneità della crescita della componente salariale fissata dalla contrattazione nazionale tra i settori: il tasso medio di crescita delle retribuzioni contrattuali è infatti compreso nel limitato intervallo tra il 2,0 per cento dell’agricoltura e il 2,7 per cento dell’industria. Quest’ultima sopravanza di un decimo di punto la pubblica amministrazione. L’omogeneità della crescita della retribuzione di primo livello risulta ancor più sorprendente se si notano i picchi relativamente elevati in corrispondenza di importanti appuntamenti contrattuali (i rinnovi della pubblica amministrazione nel 2001, della metalmeccanica, del commercio e del credito nel 2005), anche in relazione al progressivo prolungamento dei tempi di rinnovo e allaccentuarsi della tensione contrattuale.
RETRIBUZIONI CONTRATTUALI E RETRIBUZIONI DI FATTO
Tuttavia, a fronte dell’omogeneità della crescita delle retribuzioni contrattuali, le retribuzioni di fatto presentano dinamiche molto più differenziate, dal 2,1 per cento lanno dell’agricoltura a un valore più che doppio per la pubblica amministrazione (4,7 per cento l’anno). Il punto cruciale dell’analisi si colloca pertanto nella differenza tra i tassi di crescita delle retribuzioni di fatto e quelli delle retribuzioni contrattuali, che possiamo interpretare come una misura approssimata del wage drift o slittamento salariale: se negli altri settori lo slittamento è pressoché trascurabile, in quanto varia nell’intervallo compreso tra il valore nullo dei servizi vendibili e lo 0,3 per cento dell’industria, nella pubblica amministrazione ammonta, in media, a 2,1 punti percentuali lanno.
Se le statistiche sulle retribuzioni di fatto fossero pienamente comparabili (1), i differenziali di slittamento tra i settori segnalerebbero gli effetti di tre distinti fenomeni: a) le differenze nella diffusione e nell’intensità della contrattazione decentrata, aziendale o territoriale; b) le differenze nell’importo degli arretrati corrisposti nel pubblico impiego e degli assai minori importi una tantum corrisposti nel privato in occasione dei ritardi di rinnovo (e, viceversa, i generosi incentivi all’esodo corrisposti solo nel privato in occasione delle ristrutturazioni delle imprese di maggiore dimensione); c) il diverso impatto sulle retribuzioni medie della modifica della composizione dell’occupazione in termini di anzianità, qualifica e tipologia contrattuale. (2)
ACCELERAZIONE DELLE RETRIBUZIONI PUBBLICHE O STAGNAZIONE DELLE PRIVATE?
L’elevato valore dello slittamento nel pubblico impiego trova origine soprattutto nel maggior importo degli arretrati, a sua volta legato ai sempre più consistenti ritardi nei rinnovi. La voce “arretrati”, infatti, spiega in media 1,8 punti di crescita annua delle retribuzioni pubbliche, ovvero l84 per cento del differenziale dinamico tra retribuzioni di fatto e contrattuali. Il resto è legato sia al fatto che la contrattazione decentrata è relativamente più diffusa nel settore pubblico che in quello privato, sia ai più consistenti effetti di composizione dovuti alla crescita della retribuzione media causata dall’invecchiamento del personale e, conseguentemente, alle progressioni retributive orizzontali e verticali.
L’ammontare trascurabile e decrescente dello slittamento salariale nel settore privato, peraltro, non è dovuto soltanto alla maggiore tempestività nei rinnovi contrattuali e alla minore remunerazione dei periodi di vacanza contrattuale, ma anche alla progressiva contrazione degli spazi salariali coperti dalla contrattazione integrativa nelle imprese, a sua volta causata dalla grave stagnazione della produttività del lavoro che affligge la nostra economia dal 2001. (3)
Nell’insieme dell’economia, infatti, tra il 2001 e il 2005 la produttività del lavoro è cresciuta in media dello 0,05 per cento lanno; e le retribuzioni di fatto hanno accompagnato la stagnazione della produttività con una contrazione, in termini di product wage, dello 0,03 per cento lanno. Sotto questo profilo, pertanto, più che di accelerazione retributiva del pubblico impiego si deve parlare di crisi della produttività del lavoro e di stagnazione salariale del settore privato.
* Dirigente di ricerca dell’Istat. L’articolo e le opinioni in esso contenute sono presentate dall’autore a titolo personale e non sono pertanto attribuibili all’ente dove lavora.
(1) E non lo sono, in quanto il settore pubblico non comprende né gli operai, né il lavoro irregolare, né le organizzazioni piccole e piccolissime; cfr. “Pubblico e privato nelle retribuzioni“.
(2) Nel pubblico impiego, il blocco del turnover rende particolarmente rilevante questo terzo effetto.
(3) Su questo aspetto si veda Istat, Dinamiche recenti delle retribuzioni contrattuali e di fatto, in Istat, “Rapporto annuale. La situazione del Paese nel 2005”, pp. 190-199.
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Gabriele Agliocchi
Aggiungerei al settore della Pubblica Amministrazione anche i servizi pubblici locali, almeno quelli in house, perché spesso si tratta di celati outsourcing dell’Ente Locale che delega compiti di pianificazione e controllo (es. Agenzie per la mobilità) che potrebbero(dovrebbero) restare in campo all’amministrazione eletta . Il personale dei servizi pubblici inoltre riceve i vantaggi di un posto pubblico senza dover però superare alcuna procedura concorsuale per accedervi (questo peraltro lascia ampi spazi a fenomeni di raccomandazione piuttosto evidenti). La dinamica salariale è invece decisamente accellerata – a colpi di scioperi – rispetto a quella dei dipendenti pubblici propriamente detti.