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IL CONCORSO CHE VISSE DUE VOLTE

Nel lontano 2002 l’università di Messina bandisce un concorso per professore di prima fascia in Statistica economica. Di cui si perde traccia, grazie a due commissioni giudicatrici che si succedono senza concludere i lavori. Ora, sta per essere eletta la terza. Chiamata a giudicare i pochi candidati superstiti sulla base di pubblicazioni di sei anni fa. Perché semplicemente l’ateneo non emana un nuovo bando per lo stesso posto? La scelta avrebbe l’evidente vantaggio di consentire la partecipazione di tutti gli interessati di oggi, e con una produzione scientifica aggiornata.

Tra qualche settimana, i docenti delle università italiane saranno chiamati a eleggere le commissioni giudicatrici per una tornata ad hoc di concorsi per ricercatore recentemente banditi dagli atenei. Ma tra quelli per i quali si eleggeranno le commissioni, compaiono anche concorsi “sopravvissuti” da bandi di anni passati, per qualche motivo non conclusi. 
Un caso mi è capitato sotto gli occhi, perché riguarda il settore scientifico-disciplinare del quale faccio parte: “Statistica economica”. Non ho fatto alcuna ricerca per gli altri settori. Quale che sia la diffusione di questo fenomeno, la questione è comunque grave.

IL FATTO: UN CONCORSO IBERNATO E SCONGELATO

Il fatto, per cominciare. L’università di Messina bandì un posto di professore di prima fascia con pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del 12 aprile 2002. (No, non c’è alcun errore: si tratta proprio dell’anno Duemiladue). Si sono succedute due commissioni giudicatrici senza avere concluso i lavori: la prima, nominata nel febbraio 2003, modificata per sostituzione del presidente; la seconda, nominata nel febbraio 2004, alla fine sciolta.
Ora, dopo quasi quattro anni, la facoltà ha designato il nuovo membro interno della commissione. A cavallo fra fine giugno e inizio luglio i professori ordinari del settore saranno chiamati a eleggere la nuova commissione, la quale dovrà giudicare i pochi candidati che permangono sulla base di pubblicazioni scientifiche ferme a più di sei anni fa.

LA LOGICA CHE ISPIRA LA NORMATIVA

Tutto regolare dal punti di vista formale? Non saprei. Lascio ai giuristi sciogliere l’interrogativo. Ma ci sono ben pochi dubbi sul fatto che tale dilazione nei tempi di svolgimento di un concorso sia in palese contrasto con lo spirito della legge, pur mediocre per altri aspetti, tanto che il legislatore ha deciso di cambiarla.
La logica dell’attuale procedura di reclutamento è che ci sia un giudizio tempestivo basato sulla produzione scientifica aggiornata dei candidati. I tre bandi di concorso l’anno – a lungo la cadenza “normale” – e l’obbligo per le commissioni di concludere i lavori in tempi brevi, prefissati, ne sono testimonianza inconfutabile.
Obiettivo violato nei fatti da comportamenti che portano a dilazionare, e in misura abnorme, la conclusione del concorso. Come appunto, nel caso di Messina: si elegge, con qualche ritardo, una commissione che non conclude i lavori perché il suo presidente, membro designato dalla facoltà, viene escluso per perduranti assenze. La facoltà procede a sostituirlo designando un nuovo membro interno, che dopo parecchio tempo, e senza aver mai convocato la commissione, rassegna le dimissioni, sicché la commissione decade. Ora, a più di sei anni dal bando, si procede a eleggere una nuova commissione.

QUAL È LA POSTA IN GIOCO?

Il punto che preme sottolineare è che in caso di ritardi eccessivi si determina una distanza abnorme fra il momento della presentazione delle domande e il momento della valutazione. Le conseguenze negative, gravi, sono ovvie.

§     Il concorso finisce per svolgersi con un insieme di candidati impoverito. Parecchi, fra i quali si suppone vi siano i migliori, nel frattempo sono risultati vincitori di altri concorsi. A Messina, dei tredici che avevano presentato domanda, “sopravvivono” quattro candidati.
§     In ossequio alle norme procedurali, ma per certo in violazione dello spirito della legge, questi pochi candidati rimasti saranno giudicati sulla base di una produzione scientifica vecchia di oltre sei anni, perché ferma al momento della presentazione delle domande.
§     Saranno esclusi nuovi potenziali candidati, segnatamente giovani, che nell’arco dei sei anni di impropria moratoria hanno accumulato una produzione scientifica adeguata.

Un interrogativo sorge spontaneo: perché l’università di Messina, pronta ad arricchire il proprio personale docente in un settore che giudica di interesse, non emana un nuovo bando per lo stesso posto – professore di prima fascia di “Statistica economica”? La commissione per il concorso verrebbe formata entro pochi mesi. La scelta avrebbe l’evidente vantaggio per chi abbia almeno un po’ a cuore criteri meritocratici di consentire la partecipazione di tutti i candidati oggi interessati, e con la produzione scientifica aggiornata.
È proprio questo che qualcuno non vuole? E se così fosse, non è forse dovere innanzitutto di chi ha poteri e responsabilità dirette in materia – il rettore dell’ateneo di Messina e il ministro per l’Università e la ricerca – di affrontare e risolvere la questione?
Per quanto siano pochi, al limite il solo qui menzionato, questi casi sono esemplari nella loro paradossale ottusità. Più in generale, interpellano quanti hanno responsabilità pubbliche nei confronti dell’università italiana e quanti – esponenti di organizzazioni sociali, stampa, non certo ultimi i docenti universitari, opinione pubblica – hanno a cuore le problematiche sorti dei nostri atenei.

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LE CONSIDERAZIONI FINALI

  1. Piero Borla

    I rimedi sono indicati dal buon senso. Ma quali sono le cause di questa situazione ? Perchè nessuna legge funziona se chi la deve applicare non crede in essa, e conoscere il passato aiuta a lavorare oggi.

  2. Ignazio Drudi

    La notizia si commenta da sola. Una vicenda che già è stata stigmatizzata da una lettera aperta di protesta diversi anni fa, e che ora torna alla ribalta. Chissà se, a differenza di allora, riceveremo qualche segno di interessamento che riaccenda qualche speranza sul futuro dell’Università e di questo paese. In ogni caso ringrazio Ugo che non si rassegna e continua a denunciare questo fatto. Spero che tante persone consapevoli manifestino il loro sdegno e la loro protesta.

  3. pietro

    Mi pare sia l’ennesima conferma della gestione baronale delle università! I professori di prima fascia, non tutti si intende, ma molti pare, fanno il bello e il cattivo tempo. Tra l’altro è la logica stessa dei bandi che inviterei sommessamente l’autore ad indagare: i bandi dal momento che devono essere nazionali, sono tagliati a regola d’arte dalle università sul protetto di turno. Non mi dilungo, ma i meccanismi sono al limite del delittuoso, ed è su questi che sarebbe auspicabile l’indignazione popolare.

  4. Gianluca Cubadda

    Ringrazio anche io Ugo Trivellato per averci segnalato il caso. Si tratta, in effetti, di una notizia che ha del surreale. Direi che queste sono le conseguenze nefaste di un’autonomia universitaria senza una reale responsabilità finanziaria da parte degli atenei. Se le sedi universitarie fossero largamente finanziate in base ai risultati della loro attività di ricerca, nessun ateneo avrebbe interesse ad assumere un professore di prima fascia in base a CV vecchi di 6 anni e nell’ambito del solo sottoinsieme di candidati che non hanno vinto un altro concorso nel frattempo. Nello specifico, sarebbe importante se il MIUR intervenisse su questa vicenda. Non mi pronuncio sugli aspetti formali ma mi sembra palese che la logica e l’interesse pubblico sarebbero mortificati se questo concorso dovessero produrre dei vincitori.

  5. paoloc

    Questa faccenda mi sembra del tutto illegittima. Se fossi uno degli interessati alla partecipazione al concorso per l’assegnazione del posto da professore ordinario impugnerei immediatamente il bando davanti al ter regionale(anche se poi bisogna vedere l’efficienza, gli "orientamenti" e l’imparzialità" di quel tar, al massimo c’è l’appello al consiglio di stato). E comunque successivamente all’aggiudicazione impugnerei il provvedimento finale di assegnazione insieme al bando e più in particolare per illiceità nel procedimento e magari anche il criterio di valutazione equivoco del candidato, quello cioè, della valutazione di pubblicazioni risalenti nel tempo a parecchi anni prima. Per quello che riguarda il procedimento è applicabile la l.241/90 e in particolare in violazione degli art.1c1;art.2c2e3. Aspettare l’intervento delle autorità politiche a mio avviso è inutile, bisogna utilizzare gli strumenti che si hanno e ingegnarsi; basti pensare che nel parlamento ci sono meno laureati che nel 1948 quando fu istituito. Sono più preoccupano delle "correnti politiche" all’interno della magistratura e la commistione di interessi tra magistrati e politica locale.

  6. Luigi Daniele

    Sono d’accordo che la situazione descritta nell’articolo è, più che surreale, vergognosa. Mi sembra però che non se ne esplorino le cause, né se ne valutino le conseguenze per i candidati. I ritardi abnormi nello svolgimento di un concorso universitario sono per lo più dovuti alle resistenze dei commissari e soprattutto del membro interno quando si verificano difficoltà per far vincere il candidato locale. E’ quanto si è verificato ad Udine per un concorso di I fascia IUS/14. I due membri interni nominati in successione dalla Facoltà hanno impedito addirittura che si arrivasse alla riunione preliminare, normalmente effettuata in via telematica. Alla fine è stata decisa la revoca del bando. Conclusione logica, ma chi ci pensa a tutelare le legittimi aspettative dei candidati, che per cause a loro del tutto estranee, non hanno avuto nemmeno la possibilità, non dico di vincere, ma nemmeno di essere valutati?

  7. franco tomasello

    I tempi delle universita’ meridionali non intendono sequire le produzioni scientifiche aggiornate, ma sequono le logiche di altri aggiornamenti che si " aggiornano" di continuo ,i familiari, gli amici ecc. A conferma dei tempi lunghi: Siamo ancora in attesa di sapere chi ha ucciso il prof. BOTTARI dopo oltre 10anni.

  8. Carlo Filippucci

    Ugo Trivellato solleva una questione di interesse generale per l’Università e non solo per il raggruppamento di Statistica economica specie in un momento in cui l’università oggetto di critiche anche giuste ma troppo generiche e genralizzate. I docenti universitari devono ritrovare dignità e credibilità alzando la propria voce contro situazioni palesemente contrarie allo spirito della legge e a qualunque regola di corretta selezione dei migliori candidati. Dobbiamo alzare la voce contro l’immobilità dei governi nei confronti della revisione dei concorsi universitari. E’ importante che tutti coloro che credono ancora in questa università denuncino le tante piccole o grandi infranzioni a qualunque regola normalmente accettata nel mondo della ricerca e nella convivenza civile. Non è più, se mai lo è stato, il tempo di tacere e abbozzare in vista di qualche piccolo vantaggio personale.

  9. Ennio Di Nolfo

    Nel 2004 (II sessione 2003) si svolse presso l’Università di Parma (Scienze politiche) un concorso di prima fascia SPS/06, rispetto al cui esito esiste un ricorso al TAR dell’Emilia, che da 4 anni mantiene in proposito un elegante silenzio. Eppure esistono molto motivi di illegittimità e non solo. Un commissario scrive nel suo giudizio finale che uno degli idonei, nella sua opera principale presentata « con sicuro metodo analitico ha approfondito la politica estera italiana" rispetto alla Conferenza di Versailles del 1919. Si tratta di un’osservazione dalla quale si può desumere che il commissario non ha nemmeno dato uno sguardo al volume del candidato. Questo infatti sviluppa il suo tema sino alla fine della guerra, nel 1918 e non dedica una riga alla conferenza di Versailles, del 1919. Una svista o peggio? Chi spiega il silenzio del TAR emiliano? Scava, scava, come sono scritti i giudizi concorsuali? Li legge e controlla qualcuno?

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