Mario Draghi ha promesso che farà tutto quello è necessario per salvaguardare l’euro. Sembra essersi impegnato a rendere la Banca centrale un prestatore di ultima istanza, assegnandole così un ruolo finora ritenuto incompatibile con gli attuali Trattati. Anche l’unione bancaria discussa all’ultimo vertice europeo è stata anticipata da una dichiarazione del presidente della Bce. Insomma, i rischi restano, ma l’ottimismo deriva dal fatto che a guidare la politica monetaria europea è un serio economista, che è anche un astuto politico.

Giovedì scorso il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha creato un certo scompiglio affermando che la Bce “è pronta a fare tutto ciò che è necessario per salvare l’euro. E credetemi basterà”. La dichiarazione è stata sufficiente a far salire la quotazione dell’euro e a far scendere gli spread. Ma che cosa ha veramente detto Draghi? Cose molto acute ed è la terza volta che lo fa.

LA PRIMA DICHIARAZIONE

L’11 dicembre 2011, neanche un mese dopo aver assunto la carica, e due settimane dopo aver abbassato i tassi di interesse, Draghi ha detto: “ciò di cui credo abbia bisogno la nostra unione economica e monetaria è un nuovopatto fiscale – una riaffermazione fondamentale delle regole fiscali e degli impegni fiscali comuni che i governi dell’area euro hanno assunto”. (1)
Nemmeno una settimana dopo, un vertice europeo decideva di varare un patto fiscale e il Trattato di stabilità, coordinamento e governance all’interno dell’Ume – questo è il suo nome ufficiale – è stato siglato il 1º marzo 2012 e segue ora il processo di ratificazione. Dopodiché la Bce è passata all’azione: prima della fine di dicembre aveva iniziato la sua massiccia iniezione di liquidità a favore delle banche dell’Eurozona con l’operazione di rifinanziamento a lungo termine (Ltro). Gli spread che stavano crescendo rapidamente in dicembre, hanno iniziato una seppur temporanea discesa.
La mossa della Bce non è stata convincente perché aveva una esplicita durata limitata – ma non aveva un limite di ammontare – è perché affidava alle banche quello che è il compito della Bce, l’acquisto di debito pubblico. (2)Ciononostante, ha rappresentato un passo importantissimo verso la risoluzione della crisi.
In primo luogo perché ha spinto gli Stati a rinunciare all’approccio di disciplina fiscale indicato dal Patto di stabilità e crescita, la cui centralizzazione lo condannava al fallimento.
Invece, il fiscal compact introduce un approccio decentralizzato, nel quale ogni Stato individua le sue proprie norme designate a garantire e rendere effettiva la disciplina fiscale. (3)
In secondo luogo, ha dimostrato che la Bce accettava il suo ruolo di prestatore di ultima istanza. per ragioni politiche, lo ha fatto indirettamente, attraverso le banche, ma il segnale era inconfondibile.

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SECONDA DICHIARAZIONE

Il 31 maggio 2012 – ancora una volta di fronte al Parlamento europeo – Mario Draghi ha invocato l’unione bancaria con la sua ormai celebre affermazione “Possiamo avere una montagna di soldi, ma se la gente non può toccarli, è come non averli”. (4)
Del tema dell’unione bancaria si è discusso, un mese dopo, al successivo vertice europeo e il dibattito è tuttora aperto. Sebbene il termine sia vago e perciò soggetto ad annacquamenti di vario tipo, la prospettiva di una unica vigilanza bancaria europea, un elemento a lungo rifiutato ma indispensabile della unione monetaria, è ora all’ordine del giorno.
Il rischio è che i politici riescano a non dare potere di risoluzione all’autorità di vigilanza, un passo altrettanto indispensabile. E tuttavia, nel giro di pochi giorni, Draghi ha reso inevitabile una qualche forma di unione bancaria. La carota che ha fatto intravedere con la frase “una montagna di soldi” è la Bce che agisce come prestatore di ultima istanza verso le banche. L’accordo è chiaro e perfettamente corretto. La palla è ora nelle mani dei governi.

LA TERZA DICHIARAZIONE

Con la sua ultima dichiarazione, Draghi ha comunicato che la Bce è finalmente pronta ad agire come unprestatore di ultima istanza nei confronti dei governi.
Il metodo di Draghi sta divenendo sempre più chiaro: offrire accesso alle illimitate risorse della Bce, ma nello stesso tempo richiedere tutto ciò che è necessario per prevenire i problemi di azzardo morale che tale scelta implica.
In un momento in cui gli spread di due importanti paesi stanno raggiungendo livelli insostenibili, Draghi sembra deciso a sostenere i debiti pubblici, una misura senza dubbio necessaria. (5) Finora, una simile soluzione era considerata poco realistica, se non addirittura illegale sotto i Trattati vigenti. Ma Draghi si è coraggiosamente scostato dal pensiero dominante. Ha dichiarato: “C’è un’altra dimensione da tenere in considerazione che riguarda i premi sui debiti sovrani. Questi premi hanno a che fare (…) con i rischi di default, di liquidità, ma anche e sempre più con il rischio di convertibilità. Nella misura in cui la dimensione dei premi ostacola il funzionamento del canale di trasmissione della politica monetaria, ricadono sotto il nostro mandato”. (6)
In altre parole, Draghi vuole sostenere i debiti pubblici per ridare efficacia alla politica monetaria. Ed è proprio questo che ci porterà vicino alla fine della crisi.
Ma che cosa ha chiesto in cambio? Nulla, in apparenza. Stavolta sembra stia mandando un segnale di avvertimento a quei politici che a lungo si sono opposti a tale percorso, sostenendo che non sia possibile intraprenderlo sotto i Trattati in vigore. Infatti:

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·     dichiarando che preservare l’euro è uno degli impegni della Bce, ha spiegato che non ha altra altra scelta se non “fare tutto ciò che serve”.

·     chiede alla cancelliera Merkel di preparare la politica tedesca al giorno in cui la Bce farà la sua mossa.

Su questo ha una copertura politica: dal 2010 ogni singolo vertice europeo ha ribadito formalmente ed esplicitamente che i leader dell’Eurozona sono pronti a fare quanto necessario per salvare l’euro. Ora è arrivato il momento di tener fede agli impegni.
Per Angela Merkel si tratta di un passaggio politico molto difficile, tuttavia la cancelliera ha già dimostrato varie volte in passato di essere capace di cambiare posizione di fronte a pericoli imminenti (facendo entrare in gioco il Fondo monetario internazionale, creando il fondo salva-Stati Efsf, rendendolo permanente come Esm, consentendo il default della Grecia, eccetera).
Se davvero, come sembra, la Bce è governata da un serio economista e politico astuto, allora l’ottimismo può essere giustificato. Ma bisogna ricordare che c’è sempre il rischio di dare troppi significati alle (inevitabilmente) criptiche dichiarazioni di un banchiere centrale.

 

 

(1) Draghi, Mario (2011) “Hearing before the Plenary of the European Parliament on the occasion of the adoption of the Resolution on the ECB’s 2010 Annual Report”, ECB.
(2) Wyplosz, Charles (2012) “The ECB’s trillion euro bet”, 13 February 2012, VoxEU.
(3) Il fiscal compact è troppo impreciso per garantire la disciplina fiscale. Tuttavia, si tratta di una decisione storica, anche se sarà necessario migliorarlo.
(4) È molto importante riconoscere al Parlamento europeo il rispetto che gli è dovuto quale unica istituzione ufficiale verso la quale la Bce è responsabile. Anche questo cambiamento introdotto da Draghi va apprezzato.
(5) Wyplosz, Charles (2011) “A failsafe way to end the Eurozone crisis”, 26 September 2011, VoxEU.
(6) Draghi, Mario (2012), speech by Mario Draghi, President of the European Central Bank at the Global Investment Conference in London, 26 July 2012, ECB.

* Il testo in lingua originale è pubblicato su Vox.

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