Nei prossimi mesi l’Anvur sarà impegnata a valutare la produzione scientifica delle università italiane sulla base di criteri sempre più fondati sui cosiddetti indici bibliometrici. Scienze aziendali è una delle discipline nelle quali finora prevalevano le pubblicazioni su riviste nazionali e quelle in forma monografica. Ma qualcosa è cambiato e sono in costante crescita la qualità e il numero di articoli pubblicati a livello internazionale dai docenti che a quelle classi di concorso fanno riferimento.

Nei prossimi mesi l’Anvur sarà impegnata a valutare la produzione scientifica delle università italiane sulla base di criteri non sempre condivisi da tutta la comunità accademica e orientati sempre più a una valutazione fondata sui cosiddetti indici bibliometrici, ovvero parametri come l’impact factor della rivista o il numero di citazioni dell’articolo sulla base delle informazioni riportate da database come Scopus.

L’ANALISI

Un anno fa, assieme a un mio valido tesista – Ilario Tamborrini – abbiamo cercato di misurare lo stato dell’arte nei settori disciplinari che generalmente afferiscono ai dipartimenti delle Scienze aziendali. Partendo dal database del Miur rilevato a fine 2010, abbiamo scaricato le anagrafiche e le relative università di appartenenza di 1990 docenti dei settori disciplinari SECS-P07, P08, P09, P10, P11, P13 e ING-IND 35. Per ogni docente siamo quindi andati a rilevare dai database Scopus e Isi Thomson (per l’impact factor): il numero di prodotti di ricerca internazionali censiti, il numero di citazioni e l’impact factor della rivista nell’anno di pubblicazione dell’articolo (quando la rivista lo aveva). Dopo aver cercato di risolvere problemi di omonimia e altri legati ad affiliazioni multiple dei singoli accademici, siamo riusciti a trattare 2.918 pubblicazioni costruendo anche alcuni indici bibliometrici indicati dal Dm 89/2009 come elementi tenuti in considerazione nelle procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei ricercatori (come il numero di citazioni medie per pubblicazione, l’IF totale, l’IF medio per pubblicazione e l’H-index).

I RISULTATI

Tralasciando i dettagli per i singoli settori disciplinari e le singole università, i principali risultati sintetici emersi sono i seguenti.
Il 66 per cento degli accademici di discipline aziendali non presenta neanche una pubblicazione internazionale su Scopus (va detto però che questo database offre una buona copertura solo dalla fine degli anni Novanta). I rimanenti 667 accademici che hanno almeno una pubblicazione presentano una media di circa quattro articoli a testa, ognuno citato mediamente sei volte e con un H-index medio pari a 1,76. Sebbene le Scienze aziendali siano una di quelle discipline in cui erano prevalenti le pubblicazioni su riviste nazionali e quelle in forma monografica, negli ultimi anni emerge con chiarezza un cambiamento di orientamento. Come si può vedere dalla figura 1, infatti, se fino al 2004 venivano prodotti circa 50 articoli l’anno su riviste con impact factor, il numero è salito a circa 100 nel 2006 e a più di 200 nel 2010, con una crescita quasi esponenziale.

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La tendenza è comune a tutte le fasce accademiche, sebbene sembri più accentuata per i ricercatori non confermati (figura 2).
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Anche la qualità media degli articoli internazionali sembra essere in deciso miglioramento, come dimostra l’evoluzione dell’impact factor medio annuo di ogni singola pubblicazione, distinto per le diverse fasce accademiche (figura 3).
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In conclusione, anche le discipline aziendali sembrano aver virato decisamente verso pubblicazioni internazionali di qualità, specie su riviste dotate di impact factor, il quale, sebbene rappresenti una misura imperfetta, ha tuttavia il pregio di essere una misura oggettiva della qualità della rivista e di essere fortemente correlata con l’effettiva qualità della rivista percepita dalla comunità accademica internazionale.

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