Da oggi e nei prossimi giorni proviamo a valutare nel dettaglio i primi due anni del governo Renzi tracciando un bilancio di quanto fatto, delle occasioni mancate, di quel che c’è da fare. La ricetta del premier – ridare fiato all’Italia con un misto di riforme fatte e da completare e in più soldi pubblici per aiutare la ripresa – per ora non è bastata a far tornare una ripresa visibile e diffusa: produzione industriale e vendite al dettaglio rimangono al palo. Sul fronte delle banche l’attivismo di Renzi si è visto negli ultimi 12 mesi. Le riforme delle popolari e quella – fresca di approvazione – degli istituti di credito cooperativo dovrebbero rafforzare la struttura del sistema. Rimane controversa e ancora irrisolta la gestione di due patate bollenti: i crack delle quattro banche regionali e il negoziato con l’Europa per creare le bad bank dove far confluire i crediti incagliati. Tra i successi che il governo si attribuisce c’è l’Italicum, legge elettorale per la Camera, votata ma non funzionante finché non sarà compiuta la riforma del Senato. È un farraginoso compromesso che rimpiazza l’indecoroso “porcellum” ma esibisce capilista bloccati e la possibilità di candidature multiple. Dove si è un po’ tagliata la spesa (rispetto all’aumento tendenziale) è nella sanità, destinata forse a ridursi sotto il 7 per cento del Pil. Va bene disciplinare le regioni sprecone. Ma il governo dovrebbe chiarire quanta autonomia vuole lasciare loro, presentando una visione chiara di cosa sarà della sanità pubblica.
È partita la corsa degli enti territoriali ad adeguarsi ai sistemi contabili entrati in vigore a inizio anno. Prevedono un rendiconto semplificato per il cittadino con sintesi del bilancio, risorse finanziarie e umane utilizzate, risultati in termini di quantità e qualità dei servizi alla popolazione. Tutto sul sito internet.

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