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Vinca il politico migliore. Ma come trovarlo?

Un candidato competente può permettere a un partito di vincere un’elezione incerta. Ma può anche rivelarsi più indipendente dalle logiche di partito. Quanto contano nella selezione remunerazione e rappresentatività. Il comportamento degli elettori verso i candidati con guai giudiziari.

I partiti selezionano i migliori?

Pochi giorni fa la commissione Affari costituzionali della Camera ha approvato la riforma dei partiti. Perché è importante il funzionamento dei partiti? E quali sono le dinamiche che determinano poi la selezione dei candidati alle elezioni nazionali e locali?
Studiare le modalità di selezione della classe politica è essenziale anche per capire quali sono gli incentivi che spingono un cittadino a entrare in politica.
Negli ultimi mesi, in vista delle prossime elezioni amministrative, di candidati si è discusso tanto. Per un partito, selezionare candidati altamente competenti è cruciale, perché può cambiare in suo favore l’esito di un’elezione incerta. Tuttavia, è plausibile supporre che i partiti abbiano difficoltà a selezionare i “migliori”. Per esempio, individui con un alto livello d’istruzione e buone prospettive lavorative nel settore privato potrebbero essere poco interessati alla carriera politica. Candidati competenti potrebbero poi rivelarsi più indipendenti e quindi meno propensi a perseguire gli interessi del partito.
In linea con queste ipotesi, uno studio basato sulle elezioni politiche nel periodo 1994-2006, mostra che i partiti hanno sistematicamente selezionato candidati differenti in base all’esito atteso della competizione elettorale. Nei distretti più competitivi, dove la vittoria è più incerta, i partiti scelgono candidati più istruiti e con maggiore esperienza politica, in modo da aumentare le loro chance di vittoria. La selezione sembra essere – almeno in parte – efficace: gli eletti nei distretti più competitivi sono quelli con un tasso di assenteismo minore in Parlamento.
Un tema caldo è poi quello degli stipendi. Sebbene il dibattito sia ancora aperto, un recente studio sui comuni evidenzia che un aumento nel salario dei sindaci porta alla selezione di politici più istruiti e che governano in maniera più efficiente, riducendo la spesa comunale, senza peggiorare i servizi.
Sembra quindi – almeno per i politici locali – che una remunerazione adeguata migliori le performance della classe politica.

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Gli stereotipi sulle donne in politica

Oltre alla competenza, conta la rappresentatività: per esempio il fatto che le donne siano adeguatamente rappresentate tra le fila degli eletti.
Negli ultimi anni, la presenza delle donne in politica è fortemente aumentata. Alla Camera è passata dall’8 per cento del 1992 al 31 per cento dell’attuale legislatura. La percentuale di comuni amministrati da una donna è passata dal 2 per cento nel 1985 al 13 per cento nel 2015 (grafico 1).
Tuttavia, gli stereotipi sono ancora forti. Cercando di promuovere la partecipazione delle donne, nel 1993, il governo introdusse le quote di genere per le liste comunali, che però, nel 1995, furono dichiarate incostituzionali. Di conseguenza, solo alcuni comuni votarono con questa legge. Dopo la sua abolizione, tutti i comuni sono tornati a votare come prima, senza alcuna quota di genere. Eppure, nelle seguenti tornate elettorali, nei comuni che avevano votato con le quote di genere, il numero delle donne elette ha continuato a essere significativamente più alto. La conclusione che ne trae uno studio è che le quote di genere continuano a essere efficaci anche dopo la loro abolizione: una legge, sebbene temporanea, è riuscita a cambiare gli stereotipi legati alla presenza delle donne in politica, portando a un aumento del numero di elette nei consigli comunali.

Grafico 1

daniele

Non sempre gli elettori puniscono i politici corrotti

Quotidianamente vengono alla luce scandali che colpiscono politici di ogni schieramento, a dimostrazione che la selezione fatta dai partiti non funziona come dovrebbe. Ma almeno, se il principio di responsabilità funziona in modo adeguato, i politici accusati di aver infranto la legge non dovrebbero essere rieletti. Ma è sempre così? Un recente studio, basato sui parlamentari per i quali la magistratura ha avanzato una “richiesta di autorizzazione a procedere”, mostra che spesso gli elettori rispondono in modo diverso. Infatti, la probabilità di essere ri-eletto per un parlamentare indagato diminuisce solo se è candidato in una provincia con un livello di “capitale sociale” elevato, dove per capitale sociale si intende la propensione dei cittadini a rispettare i beni pubblici e ad avere valori condivisi all’interno di un tessuto sociale, per esempio, attraverso attività di volontariato.
Interpretare tali risultati non è semplice. Nelle province con basso “capitale sociale” gli elettori potrebbero essere più attenti ad altri aspetti, chiudendo un occhio sul livello d’integrità del politico. Ma potrebbero anche aspettarsi che tutti i politici siano – almeno in parte – non integerrimi e dunque cambiare il proprio voto non avrebbe senso.

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Petrolio: il prezzo basso mette in freezer gli investimenti

  1. Henri Schmit

    Articolo interessante e intelligente che dice tante cose giuste ma parte da un presupposto sbagliato o quantomeno non verificato: l’idea che il governo dei migliori (più istruiti e meno indagati), non quello dei preferiti dall’elettorato, sia il miglior governo. In democrazia non è così. L’ultimo giudice in democrazia è l’elettorato, che si pronuncia dopo un’iniziativa/candidatura aperta e un dibattito/confronto pubblico aperto. Anche la legge sui partiti rischia di consolidare le oligarchie “dei migliori” invece di favorire la democrazia. Proprio l’elezione dei sindaci e dei presidenti di regione è in Italia l’unico modello di vera selezione democratica: Individuale, uninominale e a doppio turno per rispettare la regola maggioritaria. Dovrebbe essere replicato ovunque, per la camera, il senato, i consigli regionali e comunali e, perché no, anche per il capo dell’esecutivo nazionale.

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