Bruxelles ha avviato verso l’Italia una procedura di infrazione per deficit eccessivo a causa dello sforamento del debito. Le sanzioni si possono ancora evitare senza rinunciare a ridurre gradualmente le imposte. Purché il governo si metta davvero a trattare.
La letterona da Bruxelles, spiegata
Stavolta da Bruxelles al governo italiano è arrivata una letterona di 23 pagine, fitte e piene di dettagli tecnici. Vediamone qualcuno.
La letterona è un rapporto preparato in attuazione dell’articolo 126 del trattato Ue che regola la procedura di infrazione per deficit eccessivo. Il deficit di un paese Ue può essere “eccessivo” in due modi: se il rapporto deficit-Pil supera il 3 per cento oppure se il rapporto debito-Pil è oltre il 60 per cento e non mostra sufficiente progresso nella sua discesa (riduzione di un ventesimo l’anno del divario rispetto all’obiettivo del 60 per cento), sia con riferimento ai dati del triennio precedente che con riferimento alle previsioni per il triennio successivo. Nel valutare il raggiungimento dell’obiettivo di debito si tiene anche in considerazione la presenza di circostanze cicliche sfortunate (se l’economia va male, deficit e debito sono più elevati in rapporto al prodotto interno lordo). Un paese può essere sanzionato per deficit eccessivo anche se il suo disavanzo pubblico è sotto la soglia del 3 per cento.
Il rapporto deficit-Pil al 3 per cento e quello debito-Pil al 60 per cento – pur non essendo numeri scritti nei libri di economia – sono una regola del pollice usata dal trattato di Maastricht in poi per valutare se le politiche di bilancio adottate nei vari paesi sono sufficientemente simili tra i paesi dell’Unione e tali da non pregiudicare il valore e la sostenibilità dell’euro. Tutte le unioni monetarie hanno regole come quelle in essere in Europa. Gli stati Usa, ad esempio, devono sottostare a Balanced Budget Rules che vietano loro di incorrere in disavanzi se non in casi eccezionali (per finanziare i quali esistono “rainy day funds”). In base alle regole vigenti, la Commissione europea deve monitorare se i paesi rispettano la disciplina di bilancio descritta. In caso di deviazioni dai criteri indicati, la Commissione è tenuta a scrivere un rapporto che ne documenti le motivazioni, tenendo in considerazione vari fattori eccezionali che possano giustificarle. Così ha fatto la Commissione nelle sue 23 pagine.
“Tutta colpa del Pd”
Secondo il vicepremier Luigi Di Maio la letterona di critiche è tutta colpa del Partito democratico, cioè dei governi a guida Pd. In effetti già il 23 maggio 2018, cioè una settimana prima del giuramento del governo Conte, la Commissione scrisse un rapporto in cui si leggeva che l’Italia non aveva fatto “sufficient progress towards compliance with the debt criterion in 2017” (“sufficienti progressi verso il rispetto del criterio del debito nel 2017”). Il debito del 2017 era “del Pd”, non di Lega e Movimento 5 stelle. Il rapporto di maggio 2018 ravvisava anche un rischio di “deviazione significativa dal sentiero di aggiustamento verso il conseguimento degli obiettivi di bilancio di medio termine” raccomandati dalla Commissione Ue per il 2018 alla luce delle sue previsioni di primavera. Per questo, per il vicepresidente del Consiglio del M5s, la letterona è “colpa del Pd”.
Il rapporto di maggio 2018 indicava anche, però, che la Commissione avrebbe riesaminato la “compliance” con la disciplina di bilancio “una volta conosciuti i dati 2018 nella primavera 2019”. L’avvertimento, che non fu preso sul serio, era dunque accoppiato a un rinvio all’anno nuovo e – in definitiva – a una concessione di tempo. Il benigno rinvio offerto dalla Commissione non è stato però usato bene. Già prima dell’anno nuovo, infatti, nel novembre 2018 la Commissione si trovava a identificare nel progetto di legge di bilancio per il 2019 in discussione in Parlamento un caso di “mancato rispetto particolarmente serio” delle raccomandazioni contenute nelle conclusioni del Consiglio europeo (quello dei primi ministri dei vari stati) del 13 luglio del 2018. E se la deviazione sul 2017 era colpa del Pd, la preoccupazione per il non rispetto delle raccomandazioni degli altri partner europei era tutta farina del sacco del governo del cambiamento. Va però detto che, a queste preoccupazioni, il governo gialloverde ha posto (temporaneo) rimedio approvando una versione riveduta e corretta della legge di bilancio proposta inizialmente. Versione che l’Europa e i mercati hanno validato intorno alla fine dell’anno scorso. Dopo le spacconate primaverili ed estive del dipartimento economia della Lega sull’uscita dall’euro e dopo la proposta di legge di bilancio autunnale, il bilancio effettivamente approvato faceva prevalere il dialogo costruttivo con l’Europa. Come auspicato dal ministro dell’Economia Giovanni Tria.
Poi è arrivata la primavera 2019, con i dati definitivi per il 2018 e previsioni aggiornate per il 2019 e il 2020. Un deficit in calo al 2,1 per cento (giù dal 2,4 del 2017) mentre il debito pubblico 2018 saliva al 132,2 per cento, in aumento rispetto al 131,4 del 2017, decisamente al di sopra e anche in via di accresciuta divergenza rispetto all’obiettivo del 60 per cento indicato nell’articolo 126 del trattato europeo. Per il 2019, il debito era dato in crescita ulteriore al 132,6 per cento del Pil per poi scendere al 131,3 nel 2020. Almeno per il governo italiano. Invece la Commissione nelle sue stime “a politiche invariate” non contabilizza più (da 4 anni) le cosiddette clausole di salvaguardia, gli aumenti automatici di imposte indirette introdotte per la prima volta da Giulio Tremonti nel 2011. Tali aumenti sono stati così poco automatici (e quasi sempre disattivati senza mai trovare forme alternative di copertura) che ormai la Commissione non li prende più sul serio e li esclude dalle sue stime. Ma senza queste clausole, gli aumenti di spesa e i tagli di tasse sono privi di coperture e il debito schizza su al 133,7 per cento del Pil già nel 2019 e al 135,2 per cento nel 2020.
Riassunto
Sulla base dei dati disponibili e delle previsioni della Ue, l’Italia non ha rispettato l’obiettivo di riduzione del debito nel 2018 per circa 7,5 punti percentuali. In prima approssimazione ciò rappresenta evidenza dell’esistenza di un “deficit eccessivo”. Gli stessi dati e le stesse previsioni portano a pensare che l’Italia probabilmente non rispetterà l’obiettivo di debito né nel 2019 né nel 2020, con un divario rispetto all’obiettivo crescente nel tempo a 9 punti percentuali (il debito nel 2021 dovrebbe essere a 126 e invece arriverà a 135 punti di Pil).
Nella seconda parte della letterona la Commissione considera le circostanze attenuanti che potrebbero motivare gli sforamenti ma – a differenza che in passato – non ne trova di sufficienti a giustificare le deviazioni osservate. Per dirne una, gli investimenti pubblici, spesso citati come ragione per gli sforamenti, sono oggi inferiori a dieci anni fa. Non è per la realizzazione delle opere infrastrutturali – di cui molti dicono che il nostro paese avrebbe bisogno – che l’Italia non ha rispettato l’obiettivo del debito. E sull’attuazione delle riforme, il rapporto ricorda che il Programma indicato dal governo affronta solo parzialmente i problemi strutturali dell’economia. Soprattutto, mancano i dettagli di ciò che si vuole fare. In più, mentre il Consiglio dei ministri Ue ci raccomandava di ridurre la quota della spesa pensionistica sul totale della spesa sociale, è invece arrivata “quota 100”, cioè nuove risorse pubbliche sono state destinate a pensionamenti anticipati in deviazione dalle riforme passate.
Cosa fare dopo la letterona
Il rapporto della Commissione rappresenta l’avvio di una procedura di infrazione per deficit eccessivo basata sul criterio del debito a carico dell’Italia. È solo l’avvio della procedura perché è un primo atto formale alla luce dei dati in possesso della Commissione. Se da qui al 9 luglio (quando è fissato il prossimo Ecofin, la riunione dei ministri dell’economia dei paesi dell’Unione) il governo italiano formulasse intendimenti difformi rispetto agli elementi in possesso della Commissione, la procedura potrebbe essere interrotta, con votazione a maggioranza qualificata. La presentazione di una manovra correttiva di qualche miliardo per il 2019 potrebbe essere considerata un elemento utile allo scopo.
In ogni caso, come riportato nella letterona, la Commissione è consapevole del fatto che serve “una modulazione attenta dell’aggiustamento di bilancio per evitare che uno sforzo fiscale troppo consistente finisca per essere controproducente in un contesto in cui il Pil a prezzi correnti (cioè inclusivo dell’inflazione) cresce meno del 2 per cento”. Insomma, i margini di manovra per una trattativa esistono, se il governo italiano vuole sedersi al tavolo. Lasciando perdere le frasi a effetto da campagna elettorale (“gli italiani e i miei figli vengono prima di Bruxelles”, Matteo Salvini) e invece spiegando – all’Europa, agli italiani e ai mercati – che si vuole fare una riforma fiscale per rilanciare la crescita. Ma spiegando anche che ci vorranno tre anni per attuare questo piano perché la riduzione delle voci della spesa pubblica che consentono di generare una copertura di bilancio alle riduzioni di imposta – per quanto annunciate subito – potranno essere attuate solo con gradualità.
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Savino
I 60 milioni di italiani stanno, da tempo, vivendo al di sopra delle proprie possibilità a livello di bilancio nazionale.
Bisogna solo prendere atto del problema e risolverlo, perchè è un problema che abbiamo solo noi e che può infettare l’economia di tutto il mondo
Salvini e Di Maio, quindi, dopo la lettera, debbono semplicemente stare zitti, chiudere quelle boccacce, che riempiono quotidianamente di promesse e chiacchiere irrealizzabili ed inconcludenti, finirla con i comizi e le esternazioni in tv, 10 volte (almeno) al giorno, e cominciare a fare ciò che non hanno fatto mai: lavorare sodo, a testa bassa, per garantire un futuro al Paese e alle giovani generazioni, facendo pagare questa situazione a chi l’ha creata (patrimoni con tesoreggiamenti sterili, evasione fiscale, privilegi – gli italiani non facciano i finti tonti, non caschino dal pero-) Salvini lo vogliamo vedere al Ministero e non a spasso.
Carmelo Catalano
Non stiamo vivendo al di sopra delle nostre possibilità, bensì al di sotto. Infatti le partite correnti sono positive.
Gianni
Occorre rafforzare la pubblica amministrazione con un massiccio piano di assunzioni per portarci almeno alla media europea utilizzando il nuovo personale per combattere L assurdo privilegio della evasione fiscale, così da recuperare risorse per abbattere il debito. Sarebbe logico è giusto eliminare la contribuzione figurativa che gonfia a dismisura le pensioni non coperte da contribuzione effettiva,
marco
chiedete finanziamenti per questo sito e poi fate politica con articoli che dovrebbero essere imparziali. Io onn amo salvini ma amo la scienza, che non ha simpatie o aderenz epolitiche.
francesco daveri
Caro Marco, l’economia è una scienza sociale. Dunque le valutazioni tecniche che proviamo a fare sono inevitabilmente intrise delle nostre opinioni. Se nel mio articolo ci sono errori, li segnali e li correggerò.
Gaetano Proto
E’ da qualche tempo un commento ricorrente, su questo e altri siti scientifici. Gli scienziati, come i giudici e qualsiasi altra categoria, hanno tutto il diritto di avere le simpatie intellettuali e politiche che credono: se non altro, lo garantisce la nostra Costituzione. La serietà professionale è altra cosa: non solo non è incompatibile con l’avere idee politiche, ma non è affatto scontato che lo scienziato apolitico sia professionalmente serio (come si suol dire, l’assenza di simpatie politiche non è né condizione necessaria né sufficiente). Chi domanda “imparzialità” spesso vorrebbe “assoluzione” o “distrazione benevola”, quindi una parzialità di segno opposto. Oppure chiede un “l’uno e l’altro per me pari sono” che più che imparziale è spesso indifferente o opportunista, atteggiamenti diffusi che dovrebbero preoccupare molto di più delle prese di posizione motivate. Nella fattispecie, l’articolo di Daveri ricostruisce attentamente una sequenza di eventi che non è di dominio comune, smontando certe semplificazioni propagandistiche che non aiutano (come quella che la procedura d’infrazione possa essere addossata ai governi precedenti) e concludendo come altri autorevoli commentatori che in questo momento al nostro paese serve capacità di dialogo e di scelte coraggiose. Tutto il contrario di un monologo urlato che torna utile per coprire le non scelte e la sostanziale mancanza di coraggio di chi lascia marcire i problemi invece di risolverli.
Riccardo
Cioè?
Amegighi
1. Se l’Economia fosse una Scienza, i dati sarebbero replicabili e il Prof Daveri sarebbe persona ricchissima assieme ai Nobel dell’Economia
2. Ma si basa comunque sulla matematica e la statistica. Se Lei ha un debito con me di 100 Euro, lo chiami come vuole, ma mi deve 100 Euro.
Ho trovato invece l’articolo estremamente chiaro e totalmente apolitico. I rules (in inglese sono regole o normative) sono ben chiari e la situazione altrettanto (se perde 2 minuti a guardare i dati Eurostat, che per noi sono comunicati dall’Istat). Le regole le abbiamo scritte anche noi e le abbiamo accettate. Facile entrare nel campo da gioco e non rispettare le regole. Di solito lo si fa all’Asilo. I dati li abbiamo costruiti noi. Investimenti e spese le abbiamo decise noi, sia prima che adesso. Posso concordare con Di Maio per il fatto che parte dei danni vengano dal passato, ma ciò non lo solleva dalla sua responsabilità attuale. Provi ad immaginare se Obama nel 2008 avesse fatto lo stesso ragionamento rispetto alle dissennate politiche finanziarie di chi lo aveva preceduto.
E’ un vecchio italico trucco per non essere mai responsabili di niente, accusare altri, e potersi sempre ripresentare come intonsi e puliti.
Mi basterebbe che i nostri governanti rispondessero sempre ed in modo chiaro alla semplice e totalmente apolitica domanda del Professore nell’ultimo paragrafo del suo articolo.
Poi spetterà a noi (azionisti) decidere se il piano è stato positivo o negativo…sulla base dei numeri.
Fabrizio Bigioni
Gentile Marco,
mi sembra che Lei, non so se per insipienza o preconcetto, non abbia capito l’articolo che prova ad inchiodare alle loro responsabilità i nostri governanti pro tempore; mi sembra che questo sito in generale, e Francesco Giavazzi in particolare, abbiamo mantenuto questo atteggiamento con tutti i governi che si sono nel tempo succeduti…
Virginio Zaffaroni
Ma guardi che se le pare che qui si faccia politica perché si scrivono cose che tanto addolorano i principini e li fanno piangere, bé può sempre affidarsi alle profonde riflessioni imparziali di Borghi e Bagnai.
Guido Ortona
Caro Daveri, tu sei un economista, come me: dovresti spiegare su quale teoria basi la tua proposta di attuare una manovra deflazionistica in una fase di stagnazione se non di recessione. Che questo sia sbagliato lo insegniamo agli studenti del primo anno; e non è che diventi giusto se a suggerirlo è un Commissario europeo anziché uno studente bocciato all’esame.
francesco daveri
Caro Ortona, non so se già al primo anno, ma certamente in un corso di “macroeconomia che serve a qualcosa” si dovrebbe insegnare che una manovra cosiddetta espansiva (più spesa o meno tasse) potrebbe non essere davvero espansiva se in parallelo fa salire lo spread sui titoli pubblici, cioè il costo del debito per imprese e banche e/o la proporzione di imprese e famiglie che sono escluse dal credito in un credit crunch
umberto
Nel post avrei usato la parola “lettera”:
più professionale e meno sguaiata.
Le lettere non spaventano il destinatario se lo stesso ha :
1) Competenze per gestire le obiezioni
2) Professionalità per costruire risposte
3) Credibilità per realizzarle
Non sarà certo la commissione UE a decidere le sorti dell’Italia.
Finchè qualcuno acquisterà 35 Miliardi di titoli di stato al mese…a tassi ragionevoli…chi se ne frega della commissione…Finchè qualcuno acquisterà…ridiamo pure delle letterone…
Francesco Daveri
Caro Umberto vedo che in realtà non è tanto alla (pretesa) sguaiatezza del termine letterona che si interessa ma al fatto che tali lettere di Bruxelles sarebbero irrilevanti. Le dirò, anch’io avrei usato la parola “lettera” o “rapporto” se non fosse che i nostri politici del cambiamento – della lingua italiana, in questo caso – sistematicamente derubricano a “letterine” e “numerini” le lettere, i numeri e i rapporti ufficiali provenienti da Bruxelles, come fa anche lei. Parlare di “letterona” è quindi un modo informale (“sguaiato” secondo lei) per trasmettere il senso della rilevanza della comunicazione che arriva dall’Europa. L’Europa ci ricorda che esiste un metodo comune di valutare le politiche dei vari paesi di fronte al quale solo noi chiediamo di essere trattati diversamente.
Henri Schmit
Sono d’accordo, ma non ignorerei le colpe del PD. Alla domanda del titolo risponderei: dire la verità. Il primo problema dei conti pubblici è epistemico. L’opinione pubblica (media, esperti, politici) non è più ignorante di altrove, ma più cinica: basta prevalere, poco importa come. Per prevalere il governo dice il falso, fa quello sbagliato e nega l’evidenza. 1. Il DEF sosteneva dati contestati da esperti, UE, OI, upB creato proprio per garantire un minimo di coerenza epistemica. 2. Il governo promette nel tempo determinati effetti moltiplicatori delle sue politiche, finora non verificati. 3. Dopo un anno nega le proprie responsabilità dando le colpe della scarsa performance a terzi, PD, UE. Ammettere una co-responsabilità dei precedenti governi non implica condividere le finalità delle dichiarazioni dell’attuale governo. I governi ante2011 e post2014 hanno preso misure fiscali similari a quelle promosse ora: abolizione imu, poi solo sulla 1a casa, 80 euro elettorali; anche loro hanno addossato le colpe dei problemi nazionali in materia fiscale (austerity) e bancaria (bail-in) all’UE. Il PD che ora critica il disastro ha dato l’esempio attuando misure demagogiche e ha perso ogni credibilità quando dopo il 4 marzo invece di evitare l’alleanza bi-populista ha cinicamente preferito chiamarsi fuori. La gente sotto sotto capisce che colui che dice mezze verità non ha nulla da offrire. Negli altri paesi chi viene sanzionato alle elezioni se ne va a casa, subito. Perché in I no?
guido ortona
Caro Daveri, nei corsi del primo anno di economia insegniamo che ridurre la spesa pubblica in regime di stagnazione o di recessione è sbagliato. E ciò che è sbagliato non può diventare giusto solo perché lo dice una Commissione europea. Sarebbe quindi opportuno che tu enunciassi brevemente il modello teorico in base al quale ritieni che sarebbe utile “una manovra correttiva di qualche miliardo”.
Alessandro Pagliara
Prof. Io proprio faccio a capire come tutti si scaglino contro flat tax, minibot etc. basandosi su motivazioni più o meno corrette, senza dire nulla sulla mancata progressività europea in cui i paesi più indebitati pagano la riduzione del debito dei paesi meno indebitati. Se la Germania ha tassi negativi di interesse, l’Olanda e l’Irlanda sono di fatto dei paradisi fiscali, i paesi baltici e la Polonia coprono circa il 20% del loro badget con fondi europei, ritengo che sia normalissimo per i paesi del sud che sono costretti a gestire situazioni di ristrutturazione del proprio bilancio con tassi di interesse alti e un welfare molto costoso pensato per livelli di inflazione molto più alti. Insomma inutile prendersi in giro i britannici ci hanno visto lungo.
francesco daveri
Caro Pagliara, quanto i britannici abbiano visto lungo lo stiamo vedendo da quando hanno cminciato a cercare di dare un contenuto pratico alla Brexit. La sensazione è che per uscire dall’Europa e dare seguito ai risultati di un referendum un intero paese stia precipitando nel caos e correndo il rischio di diventare il Regno Disunito
Alessandro Pagliara
Questo lo vedranno i posteri, per il momento non c’e’ alcuna invasione di cavallette e nessuna “disunione dell’UK”. Capisco non è questo il posto per discutere ma le voglio porre le domanda in maniera diversa:
1. Secondo lei è giusto in un mercato unico e in un’area con la stessa moneta esistano fiscalità così disomogenee?
2. Se l’area è unica il tasso d’interesse degli stati per finanziare il debito dovrebbe essere unico, salvo poi avere una tassazione “di punizione”. Un buon esercizio sarebbe quello di valutare l’andamento degli indebitamenti dei vari stati se avessero avuto un tasso per finanziare il proprio debito pari a quello del Paese con tasso inferiore dall’introduzione dell’Euro ad Oggi (un bell’esercizio!)
3. Bisogna decidere in europa chi è il ricco e chi il povero perchè Varsavia, Vilnius, Tallin, Bucarest hanno un reddito pro capite più alto di Napoli. Perché allora dovremmo essere contributori netti se nessuna regola europea ci aiuta? Può solo l’accesso al mercato unico europeo giustificare continue perdite di competitività?
Francesco Daveri
Grazie. Giusto, per il momento in UK non c’è stata nessuna Brexit e infatti alla City non è successo niente. Se ci fosse davvero una hard Brexit (come minaccia Boris Johnson) non avremmo un’invasione di cavallette (espressione in voga sui social network per screditare le opinioni di un interlocutore) ma avremmo il Regno Disunito perché il problema del confine irlandese non ha soluzione e la Scozia andrebbe probabilmente per conto suo. Detto questo, le sue domande sono quelle di una persona che pensa a come fare gli Stati Uniti d’Europa – tema oggi piuttosto impopolare e privo del consenso necessario. Le sue domande non hanno risposta fino a che non si va verso gli Stati Uniti d’Europa. E le faccio notare che gli Stati Uniti d’Europa non vogliono dire necessariamente Più Europa ma solo Migliore Europa, un’ Europa organizzata meglio con funzioni trasferite al centro e altre riservate agli stati. al riguardo se le interessa avevo scritto un pezzo due anni fa con Mariasole Lisciandro sull’Europa federale di Hayek (https://www.lavoce.info/archives/45783/leuropa-federale-puo-non-essere-un-superstato/). Aggiungo anche che, in assenza di un’Europa federale, non ne consegue che si debba tornare all’Europa degli stati. Se no Usa, Cina e Russia ci mangiano.
Simone Garilli
Un lungo articolo fondato su una grande menzogna. O meglio, una mezza verità:
“Tutte le unioni monetarie hanno regole come quelle in essere in Europa. Gli stati Usa, ad esempio, devono sottostare a Balanced Budget Rules che vietano loro di incorrere in disavanzi se non in casi eccezionali (per finanziare i quali esistono “rainy day funds”)”.
Tutte le unioni monetarie hanno una politica fiscale che redistribuisce risorse tra le diverse aree e integra gli investimenti delle stesse a livello centrale.
Come al solito Daveri fa il precisino sul singolo albero (il deficit italiano) e dimentica la foresta (l’infrastruttura di regole europee).
francesco daveri
“Caro” Garilli, lascio – come sempre – perdere gli insulti (che sono sempre come minimo inutili) e mi concentro sulla sostanza del suo commento. L’euro è certamente un’unione monetaria peculiare perché manca di tante cose, così come l’unione europea non è gli Stati Uniti d’Europa. Ma è proprio in considerazione del fatto che l’euro manca di una politica federale che finanzi investimenti e redistribuzione che le regole del trattato di Maastricht rappresentano un sistema meno draconiano delle balanced budget rules americane. Ma – ribadisco – qualche regole ci vuole. Eliminare qualsiasi vincolo ai deficit incorsi dai singoli paesi aumenterebbe la frequenza di crisi finanziarie e porterebbe alla dissoluzione dell’Unione europea
Henri Schmit
Ha ovviamente torto il commentatore sgarbato e ha ragione il prof. Daveri quando afferma che “in tutte le unioni monetarie esistono delle regole che vietano agli Stati di incorrere in disavanzi se no in casi eccezionali”? Il punto è di sapere che cosa succede se qualcuno persiste a non rispettare le regole comuni, che cosa l’UE e il recalcitrante possono fare. La differenza con gli USA è che dalla Guerra di secessione è chiaro che in America l’Unione ha l’ultima parole per costringere inadempienti, con tutti i mezzi, mentre nell’UE c’è oltre la procedura di infrazione (più o meno morbide) anche quella dell’articolo 50 che permette a ciascuno se lo ritiene di lasciare l’unione, a proprio rischio e pericolo. Speriamo che non serva né una procedura penalizzante, né un Italexit, né una guerra civile per ragionare gli ottusi!
Ulrico Reali
Cause debito italiano sono : a) la pessima gestione publica di un Paese dominato dalla Corruzione. Lo stato è inquinato dalla corruzione, per cui non lotta severamente contro la stessa ; . b) le incapacità strutturali delle getioni pubbliche, ove l’incapacità profess. diviene diffusissima; c) le finzioni, che i politici fanno cosi bene, servono a nascondere le incapacità so ciali.
Lo stato it. perde il controllo del territorio in alcune province. Il deragliamento rovinoso viene nascosto…. !