Per la prima volta due donne sono state indicate per i vertici di istituzioni chiave della Ue. Ma è proprio in ambito politico che la disuguaglianza tra uomini e donne raggiunge il livello più elevato. Ecco come von der Leyen e Lagarde potranno aiutare l’Europa a ridurla.
Genere e competenze
È la prima volta che due delle istituzioni chiave dell’Europa potrebbero avere donne al comando. Ursula von der Leyen è stata indicata come nuova presidente della Commissione europea e Christine Lagarde guiderà con ogni probabilità la politica monetaria europea dalla Bce. Entrambe con ampie esperienze di governo nei loro paesi di provenienza e, per Lagarde, in organismi internazionali, sarebbero chiamate non solo a svolgere i compiti associati alla loro specifica funzione, ma anche – più o meno esplicitamente – a rinnovare la fiducia e l’interesse nella costruzione europea che negli anni successivi alla crisi si sono erosi. Lagarde ha espresso in passato approvazione per la gestione della politica monetaria da parte di Mario Draghi e potrebbe quindi continuare lungo la strada indicata dal predecessore. Von der Leyen, d’altra parte, in qualità di ministro della difesa, ha sostenuto un asse comune con Francia e Spagna per la costituzione di un esercito europeo.
La scelta di due donne non ha precedenti e potrebbe essere un segnale forte di volontà di cambiamento e di maggiore inclusione, ma potrebbe essere anche un esempio di glass cliff, ossia della tendenza documentata (qui e qui) di collocare le donne in posizioni di leadership rischiose e precarie: è in tempi di crisi, in altre parole, che si aprono più spazi per le donne. Lagarde e von der Leyen hanno rotto il soffitto di cristallo europeo o si stanno affacciando sul precipizio di cristallo europeo?
Ma perché parlare del genere del presidente della Commissione europea o della Banca centrale europea? Non sono le competenze delle persone a essere importanti, indipendentemente dal fatto che la scelta ricada su uomini o donne? Certamente le competenze e l’esperienza non mancano né a von der Leyen né a Lagarde, come ad altri uomini e donne su cui non si è coagulato l’interesse di un gruppo sufficientemente ampio di partner europei. Che si guardi a uomini e donne per selezionare i candidati a una posizione di vertice indica solo che si sta finalmente allargando l’insieme in cui scegliere la persona più adatta a ricoprire un determinato ruolo. Non c’è nessuna contraddizione tra tenere un occhio sul genere di chi decide e valutare la competenza come criterio essenziale di scelta.
È nell’ambito politico che la disuguaglianza tra uomini e donne raggiunge il livello più elevato. Secondo il Global Gender Gap Index 2018, nella media dei 150 paesi considerati nel rapporto, solo il 22 per cento della differenza di empowerment politico tra uomini e donne è stato colmato. In Europa, le donne rappresentano in media il 30 per cento dei politici all’interno dei parlamenti e il 29,5 per cento dei governi. Nel Parlamento europeo che si è insediato il 1° luglio 2019, le donne rappresentano circa il 40 per cento del totale, in leggera salita rispetto al 36 per cento della legislatura precedente. L’Italia avrà nel nuovo Parlamento 73 rappresentanti, tra cui 30 donne, il 41 per cento del totale. Sebbene tutti i partiti avessero oltre il 50 per cento di donne tra i candidati (a eccezione di Fratelli d’Italia con il 45 per cento), solo la Lega e il M5s mantengono questa percentuale tra gli eletti. Nel Pd le donne erano il 53 per cento dei candidati ma sono solo il 37 per cento degli eletti. Forza Italia e Fratelli d’Italia non hanno nessuna donna eletta.
Cosa pensano gli europei
Secondo i dati della Commissione europea, il 54 per cento degli europei pensa che ci dovrebbero essere più donne in posizioni decisionali nell’ambito politico. Oltre il 70 per cento ritiene che dovrebbero essere adottate azioni positive per promuovere la partecipazione delle donne in politica: nella maggior parte dei paesi europei – tra cui l’Italia – si è votato con regole di questo tipo, come le quote sui candidati di lista o le preferenze di genere. Allo stesso tempo, permangono gli stereotipi sul ruolo delle donne in politica: il 17 per cento degli europei pensa che non abbiano le qualità e le competenze necessarie per ricoprire posizioni di responsabilità in ambito politico; il 34 per cento pensa che le donne siano meno interessate degli uomini a prendersi le responsabilità associate a un incarico politico.
Lagarde e von der Leyen potrebbero forse convincere il 17 per cento di scettici sulle capacità delle donne di ricoprire in modo efficace posizioni apicali. Se saranno valutate in base ai canoni adottati per gli uomini, e non invece sottoposte a standard più elevati in quanto donne, sarà comunque un risultato. Per le donne saranno comunque dei modelli. E se continueranno, anche nelle loro nuove funzioni, ad adoperarsi a favore di un rafforzamento dell’empowerment femminile, come Lagarde ha fatto dal Fondo monetario internazionale nei suoi numerosi discorsi e interventi pubblici e come von der Leyen ha fatto in Germania da ministro con la legislazione sui nidi e sui congedi parentali, aiuteranno l’Europa a ridurre la disuguaglianza di genere.
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Savino
Il machismo rude di Salvini non trova cittadinanza in Europa e nel dibattito internazionale. Salvini ed i suoi seguaci si stanno dimostrando, anche su questi argomenti, fuori tema, isolati e intrisi di nostalgia retrò e così hanno reso l’Italia agli occhi del mondo.
Henri Schmit
Non mi dispiace la nomina delle 2 donne ai 2 posti apicali, ma non esagererei l’entusiasmo né in termini di lotta alle discriminazioni né in termini di politica ecofin e riforma UE. Secondo il direttore del l’institut Jacques Delors (Enrico Letta presidente) Sébastien Maillard si tratta di 2 “seconds couteaux“, seconde scelte per rimanere gentili. U. von der Leyen deve ancora mostrare di avere la “carrure”, la stoffa di un Barnier. Una volta trattata come probabile successore di Merkel la sua immagine è stata compromessa da accuse di plagiato della tesi di medicina (confermate ma giudicate superficiali) e da contrasti con il vertice dell’esercito, forse a onore della ministra. Quello che conta è che è francofona e francofila, che sta sostenendo (prima di un esercito europeo) l’intervento tedesco a fianco dei Francesi in Africa. Il neo di Chr. Lagarde è di essere un avvocato (d’affari ma senza formazione nelle teorie di politica economica), un handicap per prendere decisioni come quella del “whatever it takes”, ma sempre meglio di qualcuno che per ragioni ideologiche o di teoria economica di rifiuterebbe di prendere misure drastiche poco convenzionali. Ma sono entrambe pragmatiche, ma probabilmente tendente verso un maggior rigore. Il governo italiano ha votato contro il laburista olandese Timmermans, uomo bonario italofono e italofilo, sicuramente più permissivo in termini di flessibilità. Il tandem rosa riflette il pieno successo dell’indirizzo francese (meno male).
Henri Schmit
Due complementi al profilo UVDL, una conservatrice che fa pensare a Weiszaecker, colui che ha promosso Berlino capitale; è molto attenta alla posizione della Germania e dell’UE nei confronti della Russia; cinque anni fa (sotto le precedenti elezioni al PE) non ha voluto inviare armamenti all’Ucraina, per non provocare Putin, perché dopodomani si dovrà trovare un’intesa e normalizzare i rapporti commerciali con quella parte dell’Europa. A Trump che chiedeva più impegno e spesa militari ha risposto “ha ragione”. La sua scelta a P/Commissione indica (a chi non l’avesse capito) che la Francia è allineata su queste posizioni: difesa europea, sicurezza e sviluppo in Africa, ripristino di rapporti più normali con la Russia. Altro che le chiacchere filo-russe dei politici alla Salvini e quelle anti-francesi dei giornalisti esperti (A. Negri incluso) in Italia! Secondo: come ministro degli affari sociali e della famiglia UVDL ha rinforzato notevolmente le garanzie a favore della maternità (congedo pagato, aiuti, asili, etc) portandole a un livello scandinavo; i dati demografici mostrano i primi effetti (prof. Masi, sociologo onnipresente) di una politica pensata per forza sul lungo tempo, sul quarto di secolo. Questa politica non degrada le donne (ad incubatrici come qualcuno ha insinuato), ma le libera. UVDL ha difeso risolutamente la parità fra famiglie tradizionali e coppie omosessuali nel ruolo di tutori degli interessi dei loro figli, siano essi naturali o adottati, poco importa.
Francesco
Condivido in tutto e per tutto l’analisi dello Schmit. In Romagna diciamo “piutòst che gnit, l’è mei piutòst”, ma di questo si tratta appunto; non credo che gli interessi dell’Italia (anche di quella non salviniana), a partire da una minore rigidità, siano tutelati meglio da questo duo che da Timmermans