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Reddito di cittadinanza e povertà, legame da migliorare*

A un anno e mezzo dall’avvio del reddito di cittadinanza, sono in molti a chiedere un tagliando. Troppi i poveri esclusi dalla copertura e i non poveri che invece ne beneficiano. E spicca l’assenza di differenziazioni su base regionale.

A distanza di diciotto mesi dall’avvio del reddito di cittadinanza (RdC), o “di ultima istanza” -rivelatosi essenziale per molti nuclei familiari in condizioni di povertà e per un’importante estensione dell’area di intervento del nostro sistema di benefici – paiono decisamente più ampie sia l’area di consenso attorno alla misura sia l’esigenza di migliorarlo, anche alla luce delle evidenze nel frattempo maturate.

I limiti della misura

Guardando all’impianto vigente, appaiono di rilievo, a prescindere dalla loro piena superabilità, i seguenti limiti o paradossi di inefficace allocazione:

1) Il RdC è uno strumento di contrasto alla povertà che lascia fuori per vari motivi la maggioranza dei poveri per come essi vengono definiti dall’Istat (in base cioè alla spesa delle famiglie) o da altri studiosi ed enti anche a livello internazionale (in base cioè a una quota del reddito equivalente mediano, sempre definito a livello familiare). Ciò deriva dai requisiti di accesso troppo stringenti sulla residenza in Italia degli extracomunitari; da un ruolo abnorme del patrimonio posseduto come requisito a sé stante ed aggiuntivo rispetto a un reddito familiare che già computa le quote da patrimonio (sebbene con dei limiti, primo tra tutti la sostanziale assenza del reddito da prima casa); infine da una scala di equivalenza molto lontana da quelle che considerano le economie di scala intrafamiliari su basi scientifiche e che svantaggia notevolmente le famiglie numerose, dove si annidano le principali sacche di povertà.

2) Il RdC viene invece attribuito a molti soggetti che non sono poveri. Sia perché in Italia esistono ampie quote di reddito evaso (nell’ordine di 250 miliardi di imponibile, stimati dall’Agenzia delle entrate) o di lavoro nero (stimato in circa 3 milioni di unità dall’Istat e dalla Commissione governativa per la quantificazione del sommerso). Sia perché la suddivisione dell’assegno in due quote, di cui una riservata ai nuclei in affitto, comporta la sostanziale irrilevanza del reddito figurativo da abitazione di residenza e da altri fabbricati a disposizione per la determinazione della soglia reddituale di accesso al beneficio, cosicché le differenze tra tali redditi hanno poco ruolo nel differenziare sia l’accesso che la misura dell’assegno.

3) L’entità dell’assegno e il meccanismo di calcolo “per differenza” tra un reddito soglia e quello computato per il nucleo familiare producono aliquote marginali di prelievo e beneficio su eventuali incrementi reddituali attorno al 100 per cento, cioè a una costanza di reddito disponibile, anche quando un incremento di offerta di lavoro determini un incremento di reddito lordo. Per questa via si genera ovviamente la duplice spinta a occultare il proprio reddito e/o a disinteressarsi a un ingresso nel mercato del lavoro, ove questo sia anche possibile.

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4) L’Italia, infine, è caratterizzata da nette differenze di reddito e prezzi almeno tra nord, centro e sud, mentre le soglie di accesso e la misura dell’assegno sono indifferenziate. Anche le misure di povertà relativa fondate su una quota del reddito equivalente mediano dovrebbero coerentemente essere calcolate restringendo l’area territoriale di riferimento, per meglio identificare il grado di “emarginazione” che la misura intende cogliere.

Una stima delle distorsioni

Non è il caso di ricostruire qui i perché di tali limiti; appare invece utile richiamare che una stima mediante modello di microsimulazione, formulata agganciando informazioni dell’indagine Silc-Istat sui redditi di persone e famiglie con informazioni amministrative di natura fiscale, catastale e di spesa sociale, ha quantificato la quota di poveri relativi (identificati come coloro che hanno meno della metà del reddito equivalente mediano nazionale) non beneficiari del RdC in una grande maggioranza, e quella di “beneficiari RdC non poveri” in poco meno della metà, come si osserva nella tabella 1.

Si osservano (sottolineate) due percentuali di inefficacia allocativa elevate e tali da consigliare per quanto possibile correzioni a uno strumento che, comunque, risulta fondamentale per attenuare aree di disagio e povertà, come mostra anche il recente Rapporto Inps.

Se ci si pone l’obiettivo di attenuare le aree di problematicità qui esposte, bisogna essere consapevoli che le distorsioni allocative operate da evasione degli autonomi e sommerso dei dipendenti sono un problema che non può essere risolto dall’impianto normativo del RdC, tanto più che questi fenomeni sono presenti in tutti i paesi e producono specie in Italia significative distorsioni allocative in tutte le forme di attribuzione di benefici soggette alla prova dei mezzi, spesso rappresentata da un Isee caratterizzato da limiti di misurazione della capacità contributiva, e in particolare dalla incapacità di vedere redditi evasi e sommersi. Da questo punto di vista emerge solo un motivo in più per impostare valide strategie di medio periodo che comprimano l’economia sommersa.

* Le opinioni espresse nell’articolo sono da attribuire esclusivamente all’autore.

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  1. Enrico D'Elia

    L’analisi mi sembra ineccepibile e smonta molti miti su questa misura. Spesso al RdC si attribuiscono strumentalmente difetti che dipendono invece dalla carenza di controlli fiscali e sulla regolarità del lavoro. Oppure si confida troppo nel RdC per la soluzione di problemi strutturali come la disoccupazione. Ho qualche dubbio sulla fattibilità di un RdC differenziato per regione o tra grandi e piccoli centri perché è troppo facile fissate una residenza fittizia per beneficiare di un assegno più alto, a meno di imporre controlli capillari. Non mi preoccuperei troppo degli effetti del RdC sull’offerta di lavoro perché la propensione a lavorare dipende da fattori culturali, motivazionali, familiari e di status sociale molto più che da pochi euro in più o in meno. Trovo incomprensibile e inefficiente utilizzare lo stesso strumento, ossia il RdC, sia per contrastare la povertà (temporanea o prolungata), sia per facilitare l’accesso al mercato del lavoro.

  2. Giovanni Bortolotto

    Molti che lavorano in nero o che hanno altri redditi occultati al fisco sono percettori abusivi del RDC. Non vedo soluzioni proposte da nessuna parte per fermare questi furti.

  3. Lorenzo Munzi

    5) Il vero rdc ammonta a soli €100 mentre il resto è vincolato ad una card sottoposta a vessatori obblighi e divieti, complicando non poco la vita del malcapitato (cittadino).

    6) Il rdc, anziché essere erogato tramite accredito diretto su cc, è incomprensibilmente erogato solo su card non utilizzabile per via telematica, con la conseguenza di costringere il malcapitato a recarsi fisicamente presso ogni esercizio pubblico o commerciale esponendo se stesso e gli altri a rischio di contagio e diffusione del virus COVID-19; in caso contrario (impossibilità di muoversi) la card è inutilizzabile e non è possibile pagare utenze domestiche, né procurarsi alimenti o farmaci.

    7) Se non speso, il rdc viene decurtato, quindi questo spinge il malcapitato a sperperare tale denaro pubblico e/o violare le norme di limitazione alla circolazione; inoltre se la causa della mancata spesa fosse un ricovero ospedaliero, al suo ritorno a casa il malcapitato riceve anche la punizione di veder diminuito il rdc proprio quando avrebbe maggior bisogno.

    8) Questi ed altri problemi sono già stati comunicati via posta elettronica, con appelli rivolti a: 1) Presidenza del Consiglio dei Ministri, in data 21/03/2020, 2) Ministro del Lavoro Sen. Catalfo, in data 06/04/2020; 3) Ministro della Salute On. Speranza, in data 02/08/2020; 4) Presidente della Repubblica S.E. Sergio Mattarella, in data 13/09/2020. Nessun risultato.

    • Enzo

      Ma infatti, sembra che chi ha scritto le regole viva su un altro pianeta: posso fare un bonifico per pagare
      l’ affitto ma non posso pagare le spese di condominio, non posso utilizzare la carta per pagare il bollo e
      l’ assicurazione dell’ auto (spese OBBLIGATORIE), però posso comprarmi un TV da 55″ con impianto
      Dolby surround, come se il RdC fosse stato pensato per i parassiti e non per chi ha veramente bisogno

  4. Alberto Ferrari

    Personalmente penso che per evitare storture e furbizie il sistema migliore sia quello di sostituire il RDC con il RUB (Reddito Universale di Base) da assegnare a tutti, dalla nascita alla morte e indipendentemente dal reddito percepito. Si avrebbe finalmente una anagrafe fiscale di tutti gli oltre 60 milioni di italiani e non du una quarantina di miulioni come appare oggi dall’IRPEF. Non si avrebbero più meccanismi caritatevoli o clientelari che fanno del “cittadino” un suddito di fronte allo Stato. Il costo è elevato ma il recupero in efficacia ed efficienza del sistema pubblico,anche in situazione come l’attuale pandemia, con una rimodulazione IRPEF , permetterebbe di avviare progetti di reale fattibilità.

  5. Eugenio Graziano

    Io ritengo che sia una vergogna… Sono del sud e vedo che il reddito di cittadinanza privilegia solamente chi nn ha la bechè minima voglia di lavorare,per come campavano prima dell’introduzione del reddito, possono campare benissimo anche senza di esso, trovandosi un vero lavoro ed evitando di RUBARE soldi allo stato.. Inoltre credo sia più che giusto che dopo i 18 mesi della prima frizione, il reddito venga completato tolto, oppure quando totalmente azzerato… Vorrei precisare che il reddito è un sostegno economico, nn un motivo per nn cercarsi in vero lavoro e fare la bella vita.. In questo c’è un errore da parte dello stato che paga questo sostegno, perché penso che c’è gente che lavora onestamente e guadagna mto meno di 900 euro al mese, mentre ci sono le solite merde e parassiti della società che ne approfittano e rendono ancor più indecente questo paese.. È vero, sono siciliano, lo so che la nostra regione può essere vista come la terra dei nulla facenti, ma i tempi sono cambiati. Per come capita da noi, anche nel resto dell’Italia ci sono i furbetti mascalzoni.
    Sono d’accordo ad eliminare il reddito e ricalcolarlo in base ai VERI requisiti, più controlli e decadenza permanente dopo 18 mesi di fruizione. Si dice che il lavoro nn c’è… Il lavoro c’è eccome, basta fare dei sacrifici e cercarselo

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