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Il ruolo dello stato e dell’Europa nelle considerazioni di Visco

Non “più stato”, ma “uno stato migliore”: questo il messaggio del governatore. Con l’Europa che ha reagito bene alla crisi ma che adesso deve fare il salto verso la “capacità fiscale comune”. E la politica monetaria deve passare ad un obiettivo simmetrico di inflazione.

Come ogni anno, le considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia offrono numerosi messaggi e spunti di riflessione. Quest’anno il governatore Ignazio Visco ha toccato, tra gli altri, temi importanti quali: il ruolo dello stato, l’Europa e la politica fiscale, la revisione della strategia di politica monetaria della Banca centrale europea.

Il ruolo dello stato

Sul ruolo dello stato, il Governatore ci ha messo in guardia contro un possibile equivoco: quello di pensare che, dopo l’esperienza della pandemia e grazie alle misure eccezionali di intervento pubblico poste in essere per farvi fronte, il perimetro di intervento dello stato nell’economia sia necessariamente destinato ad ampliarsi. Visco ci ricorda che, già prima della pandemia, la spesa pubblica al netto degli interessi rappresentava quasi la metà (45 per cento) del Pil italiano: dato che dovrebbe essere sempre tenuto presente nelle discussioni sul presunto “predominio del libero mercato” nel sistema economico. Il governatore riconosce che “la grave recessione generata dalla pandemia ha ridato centralità al ruolo dello stato”, ma avverte: “non bisogna confondere la necessità di uno stato più efficace nello svolgere le funzioni che già ora gli sono affidate con quella di estenderne i compiti”. Più che estendere il proprio raggio d’azione, lo stato deve migliorare: le riforme della pubblica amministrazione, della giustizia, del fisco, l’assunzione di personale specializzato, la digitalizzazione, sono tutte strade attraverso le quali uno stato più efficiente potrà creare un ambiente più favorevole all’iniziativa privata, e in questo modo elevare il potenziale di crescita dell’economia. In questa visione, condivisibile, stato e mercato sono complementari e non contrapposti. 

Un altro avvertimento è degno di nota. È vero che in futuro sarà necessario destinare più risorse a servizi come la sanità, l’assistenza, l’istruzione, la giustizia e la ricerca. Bisogna però essere consapevoli che “quanto più si chiede allo stato, tanto maggiore deve essere la disponibilità a sostenerne i costi: abbiamo già compiuto in passato l’errore di affidare al debito il compito di finanziare aumenti strutturali della spesa pubblica”. L’Europa ci darà un supporto straordinario (oltre 200 miliardi) con il programma Next Generation EU (Ngeu), ma prima o poi dovremo camminare con le nostre gambe e il problema della sostenibilità del nostro debito pubblico andrà affrontato. Certo non con il ritorno all’austerità: le politiche volte a sostenere la crescita dovranno affiancare il controllo dei conti pubblici. In ogni caso, non si può pensare che la spesa pubblica sia un “pasto gratis”.

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Europa e politica fiscale

Il governatore ha rivendicato il fatto che, di fronte alla crisi generata dalla pandemia, “la risposta dell’Unione Europea è stata diversa da quelle, insufficienti, fornite in occasione della crisi finanziaria globale e della successiva crisi dei debiti sovrani”. In particolare, la sospensione del Patto di stabilità ha permesso ai paesi membri della Ue di attuare politiche fiscali espansive a sostegno delle rispettive economie. Tuttavia, non possiamo nasconderci il fatto che il disegno delle nuove regole fiscali europee, che dovrebbero prendere il posto del vecchio Patto alla fine del 2022, si presenta come un compito arduo: non sarà facile mettere d’accordo i paesi “frugali”, propensi al ripristino delle vecchie regole, con i paesi (come il nostro) più interessati a introdurre regole più flessibili e anche più ragionevoli. In prospettiva, il governatore prende atto di ciò che la comunità scientifica (o almeno parte di essa) sostiene da tempo: i paesi aderenti alla moneta unica si devono dotare di una “capacità di bilancio comune”, dotata della “possibilità di una stabile emissione di debito, garantita da fonti di entrata autonome”. Questo non solo completerebbe l’architettura istituzionale dell’Unione monetaria, ma consentirebbe anche ai mercati e agli intermediari finanziari di disporre del safe asset di livello europeo attualmente mancante. I fondi europei messi in campo di fronte all’emergenza pandemica (Sure e Recovery Fund) sono un primo passo in questa direzione. L’Italia dovrà adoperarsi e trovare alleati che siano disposti a proseguire su questa strada. Molto dipenderà anche dall’esito delle prossime elezioni politiche in Germania, che come sempre è l’ago della bilancia.  

La revisione della strategia della Bce

Venendo a temi più strettamente connessi al ruolo della banca centrale, il governatore ha anticipato quello che potrebbe essere l’esito della revisione della strategia della Bce, che è stata avviata l’anno scorso e dovrebbe concludersi entro la fine di quest’anno. A quanto sembra, la novità principale dovrebbe essere il passaggio da un obiettivo asimmetrico d’inflazione, definito come un tasso di variazione annua dei prezzi al consumo inferiore ma prossimo al 2 per cento (“below but close to 2 percent”) ad un obiettivo simmetrico del 2 per cento: “un obiettivo numerico pari al 2 per cento, con una valutazione simmetrica degli scostamenti verso l’alto e verso il basso, sarebbe più chiaro e rafforzerebbe l’ancoraggio delle aspettative a medio e a lungo termine”. Sembra una sottigliezza tecnica, ma è una questione di sostanza. Per come è formulata attualmente, la strategia della Bce lascia intendere che la banca centrale intenda reagire più aggressivamente a sforamenti verso l’alto dell’inflazione effettiva rispetto al target del 2 per cento, piuttosto che a scostamenti verso il basso. Questa formulazione, che risale al 2003, è diventata problematica nel corso degli anni. Il problema delle banche centrali, non solo della Bce, è quello di ancorare le aspettative di inflazione al target (2 per cento) in presenza di un tasso atteso d’inflazione generalmente inferiore a quel livello. A questo fine, sembra più appropriata una strategia nella quale la banca centrale si ponga un obiettivo simmetrico, dichiarando esplicitamente che, in seguito ad un periodo in cui l’inflazione si collochi al di sotto del 2 per cento, la politica monetaria punterà a mantenere l’inflazione al di sopra del 2 per cento per un certo periodo, in modo che il target del 2 per cento sia perseguito in media nel lungo periodo. Questa strategia, cosiddetta di average inflation targeting, è stata adottata dalla Fed negli Usa già nell’agosto dello scorso anno. Sarebbe opportuno che anche la Bce andasse in quella direzione.

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  1. Lo Stato dovrebbe svolgere le funzioni surrogatorie. Ma quando si propongono liberalizzazioni tali da determinare un livello dei salari inferiori a quelli stabiliti dal protocollo SA 8000 o delocalizzazioni negli stessi paesi UE allora deve attivarsi o no in economia? Nonostante la prosopopea neo liberista io penso che gli stati attuali dovrebbero rivolgersi a politiche sociali, ( socialiste) in linea con i principi di inclusione e coesione tanto declamati dai principi TUE e TUEF. tali da permettere a tutti di avere un lavoro. Che ne pensa Lei?

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