Tra le ragioni della bassa crescita economica dei paesi del Sud Europa vi sono senz’altro i minori investimenti pubblici e privati in innovazione tecnologica e in capitale umano. Ma la pandemia ha accelerato i processi di digitalizzazione.

Digitalizzazione e produttività

Tra le ragioni della bassa crescita economica dei paesi del Sud Europa vi sono senz’altro i minori investimenti sia pubblici che privati, rispetto alla media Ue, in particolare quelli in innovazione tecnologica (software, hardware, big data) e in capitale umano. Ciò ha rallentato il processo di digitalizzazione che ha contribuito in modo importante alla crescita della produttività del lavoro negli ultimi anni, come confermato anche da un nostro studio panel.

Tuttavia, la recente pandemia ha determinato un impulso senza precedenti al processo di digitalizzazione, con un’improvvisa quanto inattesa conversione di molte attività economiche al digitale. In questo scenario profondamente cambiato, ci si chiede se il divario digitale tra i paesi europei esiste ancora e qual è la sua eventuale entità.

L’andamento dell’indice Desi nell’Ue

Per tentare di capire l’attuale posizionamento dell’Italia nello scenario internazionale in termini di digitalizzazione, è utile analizzare i dati riferiti al Digital Economic and Society Index (Desi), un indicatore sintetico calcolato dalla Commissione europea a partire dal 2014 per monitorare i progressi dei paesi europei in tema di digitalizzazione e favorire le comparazioni internazionali.

Desi considera le seguenti dimensioni: connettività, capitale umano, utilizzo di servizi Internet, integrazione della tecnologia digitale e servizi pubblici digitali. Le figure 1 e 2 descrivono, rispettivamente per il Desi complessivo e per le sue singole dimensioni, l’andamento e il livello fino al 2020 per 23 paesi europei. In tutti i casi si evidenzia un trend crescente, ma con tassi di crescita e livelli estremamente diversi.

Figura 1 – Desi per paese dal 2014 al 2020

Fonte: elaborazione degli autori su dati della Commissione Europea

Figura 2 – Desi per dimensione e paese dal 2014 al 2020

Fonte: elaborazione degli autori su dati della Commissione Europea

Per quanto riguarda, invece, all’impatto della pandemia da Covid-19, la figura 3 mostra i valori dell’indice complessivo nel 2015 e nel 2020. Le prime posizioni nel Desi 2020 sono occupate dai paesi nordici, nell’ordine Finlandia, Svezia, Danimarca e Olanda, mentre agli ultimi posti, partendo dal basso, troviamo Grecia, Italia e Polonia.

L’impatto della pandemia

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Tra il 2015 e il 2020, con un incremento complessivo del 36 per cento del livello del Desi, i paesi che hanno fatto registrare la maggiore crescita sono, nell’ordine, Ungheria (49 per cento), Polonia (47 per cento), Italia (45 per cento) e Irlanda (44 per cento). A guadagnare posizioni nella graduatoria nel 2020 rispetto al 2015 sono pertanto i paesi il cui grado di digitalizzazione era tra i più bassi, avvalorando l’ipotesi che la repentina conversione al digitale di molte attività economiche abbia consentito ai paesi che scontavano il maggiore ritardo, come Grecia e Italia, di recuperare almeno in parte il gap coi paesi più avanzati, pur continuando a occupare il fondo della graduatoria.

Guardando alle singole dimensioni di Desi, la prima – definita dalla connettività – misura l’implementazione e la qualità dell’infrastruttura a banda larga. Danimarca, Svezia e Lussemburgo registrano il punteggio più alto. L’utilizzo di Internet da parte delle persone è aumentato vertiginosamente durante la pandemia, portando a un accesso ricorrente ai social media e alle piattaforme online. L’Italia è al 18° posto, recuperando ben otto posizioni rispetto al 2018.

La seconda dimensione del Desi misura il capitale umano ed è cruciale, in quanto consente di quantificare le competenze necessarie per sfruttare le possibilità offerte dalla digitalizzazione. Finlandia, Svezia ed Estonia sono i paesi più avanzati, mentre l’Italia occupa l’ultima posizione. In tutti i paesi, peraltro, sussiste ancora un consistente gender gap poiché solo uno su sei specialisti Ict (Information Communication Technology) è donna.

Il terzo pilastro riguarda l’utilizzo dei servizi Internet. L’Italia è al terz’ultimo posto, senza miglioramenti rispetto 2018, mentre si confermano ai primi posti della graduatoria paesi del Nord Europa quali Finlandia, Svezia e Paesi Bassi.

La dimensione dell’integrazione della tecnologia digitale del Desi riguarda specificamente l’uso da parte delle imprese nelle loro attività. I paesi dell’Ue che fanno meglio sono Irlanda, Finlandia, Belgio e Paesi Bassi, mentre l’Italia è al 25° posto, ma in recupero di una posizione rispetto al 2018.

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L’offerta di servizi pubblici digitali è definita infine con la quinta dimensione del Desi e fa riferimento principalmente ai servizi alle imprese e ai cittadini, dalla disponibilità di dati consultabili ai servizi di eHealth. I paesi col migliore punteggio sono Estonia, Spagna, Danimarca, Finlandia e Lettonia. L’Italia recupera tre posizioni rispetto al 2018, ma si piazza soltanto al 20° nella graduatoria.

La svolta del 2020

Da questa semplice analisi descrittiva possiamo notare l’esistenza di un consistente divario tra i paesi del Nord Europa, caratterizzati da un circolo virtuoso di crescita economica, alta produttività e alti livelli di digitalizzazione, e i paesi del Sud, Grecia e Italia in particolare, che vengono da decenni di bassa crescita economica, e, quindi, con caratteristiche esattamente opposte. Sulla base dell’indice Desi riferito al 2020, in cui vi è stata una repentina conversione di tante attività economiche verso il digitale, i paesi più arretrati sembrano aver rimontato una piccola parte del gap rispetto a quelli più avanzati, ma i dati assoluti indicano chiaramente come il cammino per recuperare produttività e crescita economica sia ancora molto lungo e richieda interventi sostanziali. Su questo punto, almeno se si considera il recente Piano nazionale di ripresa e resilienza, l’Italia sembra aver imboccato la buona strada.

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