I numeri dell’autonomia italiana, misurati dal Regional Authority Index, rivelano la distanza da paesi tradizionalmente federali o con regioni a vocazione autonomista. Le nostre regioni hanno però più potere rispetto a enti simili di stati centralizzati.
Si può misurare l’autonomia?
Nel dibattito relativo al federalismo, una tematica da vagliare attentamente è quella di fornire indicazioni sul livello di autonomia di cui dispone un’amministrazione decentrata. Al riguardo, uno strumento estremamente efficace è il Regional Authority Index (Rai), un indice riconosciuto – anche dall’Ocse – che permette di operare un confronto quantitativo tra le principali nazioni del mondo. Più in dettaglio, il Rai restituisce, lungo una scala che va da 0 a 30, un valore che esprime il livello di potere esercitato dalle regioni e dagli altri enti locali, analizzando dieci dimensioni di autorità regionale senza limitarsi ai meri indicatori fiscali. È possibile misurare sia l’autorità esercitata da un governo regionale su coloro che vivono nella regione (cosiddetto “self-rule”), sia l’autorità esercitata da un governo regionale o dai suoi rappresentanti sul paese nel complesso (cosiddetto “shared rule”).
Il perimetro ricompreso dal Rai è particolarmente ampio: copre gli anni dal 1950 al 2018 di ben 96 paesi. Il focus è sulle giurisdizioni intermedie, tra il livello di governo nazionale e quello locale, con una soglia di popolazione media fissata a 150mila persone.
Sebbene il nome dell’indice faccia pensare unicamente a una misura per le regioni, per alcuni stati sono rinvenibili fino a cinque livelli differenti di governo intermedio. La tipizzazione principale distingue tra amministrazioni “standard” e amministrazioni “differenziate”, laddove quest’ultima tipologia include regioni “autonome”, “asimmetriche” e “dipendenti”.
I numeri dell’Italia
Per quanto riguarda l’Italia, lo stato dell’arte è riassunto nella figura 1. Relativamente al 2018, è disponibile il punteggio del Rai di cinque enti di governo decentrati. Nell’ordine, si hanno le regioni a statuto speciale (Rss) – il cui Rai è pari a 19 su 30 -, le regioni a statuto ordinario (Rso) – per uno score di 18 su 30 -, le città metropolitane e i liberi consorzi comunali in Sicilia, che totalizzano 9 su 30, e le province, con 7 su 30.
I numeri dell’Italia suggeriscono come a livello regionale (cosiddetto “Tier 1”) la differenziazione interna tra regioni a statuto speciale e regioni a statuto ordinario sia minima, in quanto pari a un punto di Rai (per il Trentino-Alto Adige si sono presi i valori delle due province autonome in quanto maggiormente rappresentativi della struttura di governo regionale). Emerge poi una netta differenza tra i punteggi delle regioni e quelli degli altri enti decentrati, che si collocano a un livello 2 (cosiddetto “Tier 2”), con i primi decisamente superiori.
Un confronto internazionale
Se vogliamo fare una comparazione internazionale, è possibile confrontare i punteggi italiani con quelli delle corrispettive amministrazioni decentrate estere. In particolare, per quanto riguarda le regioni “standard”, le regioni a statuto ordinario italiane sono ben lontane dal potere che esercitano i länder tedeschi (27 su 30) o i Cantoni svizzeri (26,5 su 30), così come risultano distanti anche dalle province canadesi (23 su 30). Al contrario, il Rai delle regioni a statuto ordinario è di gran lunga superiore a quello delle regioni francesi (che registrano 10 su 30).
Analizzando le regioni “differenziate”, lo score delle nostre regioni a statuto speciale è inferiore a quello di regioni tradizionalmente “autonomiste”, come il Quebec (24,5 su 30), la Catalogna (23,5 su 30), che è stata al centro pochi anni fa di una tumultuosa vicenda che avrebbe dovuto portare alla secessione dalla Spagna, o la Scozia (20,5 su 30), che intende avanzare la richiesta di un nuovo referendum sull’indipendenza quale reazione alla Brexit. Similmente a quanto accade per le regioni “standard”, il Rai delle nostre regioni a statuto speciale è invece superiore a quello della Corsica (dove si attesta a 12,5 su 30).
Dati alla mano, dunque, i numeri del Rai suggeriscono come il livello di autonomia esercitato dalle regioni italiane sia distante da quello di strutture di governo tradizionalmente federali, o comunque fortemente autonomiste: il loro potere effettivo si attesta su valori appena sufficienti (18/19 su 30). È comunque un livello superiore a quello di paesi a vocazione centralizzata.
Nel complesso, l’auspicio di chi vorrebbe un’evoluzione della struttura di governo italiana verso maggiori forme di autonomia decentralizzata, o la trasformazione in un vero e proprio sistema federale, è ben lontano dal realizzarsi. Per chi, invece, pensa che tali eventualità siano da scongiurare a tutti i costi, i valori del Rai dimostrano come per il momento si tratti di una minaccia inesistente.
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bob
“Nel complesso, l’auspicio di chi vorrebbe un’evoluzione della struttura di governo italiana verso maggiori forme di autonomia decentralizzata, o la trasformazione in un vero e proprio sistema federale..”
Sistema “federale” di 21 condomini??? E’ un “sistema federale ” secondo voi?
Savino
21 pro loco possono organizzare le sagre con le salamelle non la sanità pubblica.