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Corsa allo iodio: inutile e pericolosa

I combattimenti intorno alle centrali nucleari ucraine hanno risvegliato il timore di un grave incidente. Ne è derivata una ricerca affannosa di farmaci contenenti iodio. Ma la loro assunzione indiscriminata non solo non è utile, ma può provocare danni.

I timori di incidente nucleare

La guerra in Ucraina e i combattimenti intorno alle centrali nucleari hanno risvegliato il timore di un grave incidente e conseguente emissione di sostanze radioattive estremamente nocive per la popolazione. Se la preoccupazione, in generale, è assolutamente comprensibile, non ci pare invece ragionevole la corsa di molte persone ad accaparrarsi farmaci contenti iodio. Basta leggere alcune notizie: Ansa: 7 marzo “corsa alle farmacie a caccia delle pastiglie di ioduro di potassio”; Il Sole-24Ore: “per il panico da fantomatici effetti nucleari nelle farmacie è corsa all’accaparramento di medicinali a base di iodio”; Panorama: “la corsa folle alle pillole di iodio”.

Le emissioni

Ciò che può accadere in seguito a un incidente nucleare è l’emissione di grandi quantità di materiale radioattivo rappresentato da alcuni isotopi radioattivi come lo iodio-131, stronzio-90, cesio-137, plutonio e altri. La ricaduta di queste sostanze è maggiore nelle immediate vicinanze della centrale e può determinare una sindrome acuta da radiazioni. Nelle aree più distanti la contaminazione dipende dalle condizioni climatiche e per esempio dalla direzione del vento, fattore che influenzò notevolmente il fall out della nube dopo l’incidente di Chernobyl investendo in modo massiccio la Bielorussia i cui abitanti, soprattutto i bambini, pagarono un altissimo prezzo sotto forma di una elevata incidenza di tumori alla tiroide. Non possiamo escludere quindi che la nube radioattiva possa arrivare anche a distanza, sia pure in forma decisamente diluita. Tuttavia, bisogna osservare che l’Italia è molto distante dall’Ucraina per cui, qualora ci fosse la contaminazione, sarebbe lieve. Nelle zone più lontane il rischio potrebbe nascere da contatti con materiale radioattivo giunto dall’epicentro, per esempio con cibo contaminato, ma lo si può escludere attuando un controllo accurato sulla provenienza.

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I danni alla tiroide

Tra le sostanze radioattive contaminanti dopo un incidente a una centrale nucleare, lo iodio-131 è quello che determina il danno alla tiroide. Infatti, la ghiandola ha bisogno dello iodio per produrre gli ormoni tiroidei di cui esso è componente essenziale. In questo caso, però, è lo iodio radioattivo a penetrare nella tiroide e il suo accumulo determina l’irraggiamento delle cellule stesse: con un’esposizione a livelli elevati di radiazioni (maggiori di 100 mSv negli adulti) si può avere la comparsa di carcinoma della tiroide. L’esperienza di Chernobyl ha insegnato che i tumori della tiroide indotti da radiazione compaiono più di frequente nei bambini e negli adolescenti a distanza di circa 10-20 anni dall’esposizione, se non addirittura prima, come nel caso della città bielorussa di Gomel.

Le persone più a rischio sono i bambini con meno di 10 anni per la notevole sensibilità della tiroide infantile alle radiazioni, i giovani al di sotto di 18 anni e le donne in gravidanza (perché la tiroide fetale è particolarmente sensibile agli effetti dello iodio radioattivo).

La somministrazione di iodio può servire a bloccare l’ingresso dello iodio-131 nella tiroide dei soggetti esposti alla contaminazione perché le cellule sarebbero così già sature di iodio al momento dell’esposizione.

La somministrazione va però effettuata secondo specifici protocolli attuati dalle istituzioni sanitarie, con una dose di iodio decisamente elevata: lo ioduro di potassio è il più adatto a bloccare l’ingresso dello iodio radioattivo nelle cellule tiroidee.

Dovrebbe essere assunto due giorni prima dell’esposizione alle radiazioni e diventa inefficace dopo cinque giorni. Una somministrazione di ioduro di potassio in soggetti che soffrono di disfunzioni tiroidee, però, può determinare iper o ipotiroidismo; può anche causare sintomi simil-influenzali (cefalea, congiuntivite, dolore alle articolazioni e sintomi respiratori)

Le pillole di integratori alimentari contenenti iodio e le stesse pillole di ioduro di potassio possono essere utili per integrare la quantità di iodio che viene ingerita con la dieta ed evitare una condizione di carenza di iodio. Tuttavia, non sempre ne contengono quantità sufficienti da poter bloccare l’ingresso di iodio radioattivo nella tiroide. Inoltre, non servirebbero a fermare la penetrazione nell’organismo di scorie radioattive diverse dal radioiodio. Per questi motivi l’assunzione indiscriminata di iodio non è utile e, anzi, può essere dannosa se non viene autorizzata dalle autorità sanitarie nei tempi e nelle quantità idonee.

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  1. Massimo Papini

    Ineccepibile quanto scritto dal collega Prof Antonelli per la profonda esperienza maturata in proposito . Come ineccepibile è l’esperienza chirurgica di Paolo Miccoli

  2. Firmin

    Le pillole miracolose e i rifugi antiatomici mi sembrano una tipica manifestazione dell’irrazionalità umana. Cosa ce ne facciamo di un farmaco che (forse) protegge dalle radiazioni un solo organo e di un luogo sicuro in cui restare qualche giorno dopo l’esplosione di un ordigno nucleare se, prima o poi, dovremo uscire allo scoperto in un ambiente irrimediabilmente contaminato per millenni? L’unica protezione da una guerra nucleare è non farla. Il resto sono palliativi consolatori.

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