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Italia-Francia: braccio di ferro sulla pelle dei rifugiati

I contrasti tra governo italiano e i partner europei sulle politiche dell’asilo hanno una matrice sostanzialmente ideologica. L’obiettivo di tutti è rassicurare il proprio elettorato. Ma il risultato è una diminuzione degli impegni sull’accoglienza.

Ong, il bersaglio perfetto

Nessun riavvicinamento e nuove scintille tra Italia e Francia sul fronte delle politiche dell’asilo (non dell’immigrazione, come impropriamente si dice). Da parte italiana, il braccio di ferro con i tradizionali partner europei sulla gestione degli arrivi dal mare è una priorità ideologica, più che una necessità politica. Il governo Meloni deve dare segnali di discontinuità con il recente passato e dare soddisfazione a quella fascia di elettorato che l’ha votato in funzione anti-immigrati (e rifugiati). Assistito da una rumorosa campagna di stampa, muove guerra sui singoli casi di navi di Ong che chiedono di entrare in porto con il loro carico di umanità dolente, ma soltanto a denti stretti ammette che nel 2022 le organizzazioni umanitarie hanno trasportato meno del 15 per cento dei profughi giunti via mare. Per lo più, le persone arrivano sulle nostre coste in modo autonomo, altre sono salvate da navi militari, senza che se ne parli, da petroliere, pescherecci, navi mercantili. Ma le Ong, o perché italiane (ormai poche e con scarsi mezzi) o perché battono bandiera di qualche paese europeo, sono diventate un perfetto bersaglio polemico per un governo che vuole inalberare la bandiera della difesa dei confini come cifra della sua politica identitaria.

Per lo stesso motivo il governo italiano enfatizza i dati sugli sbarchi, circa 100 mila quest’anno, mai quelli sulle richieste d’asilo, in Italia e nell’Ue: i rifugiati non arrivano soltanto dal mare, ma con vari altri mezzi, aerei e trasporti terrestri compresi, oppure a piedi dalla rotta balcanica. Come mostrano i dati Eurostat, anche nel 2021, alla fine dei conti, l’Italia si colloca abbondantemente al di sotto dei valori di Germania, Francia e Spagna per le prime richieste d’asilo, è sgravata di altri rifugiati per effetto dei cosiddetti “movimenti secondari”, ossia coloro che, sbarcati in Italia, riescono poi a valicare le Alpi, e anche considerando il lascito degli scorsi anni si trova sotto la media dell’Europa occidentale per il numero di rifugiati accolti ogni mille abitanti.

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Il contenzioso con la Francia e magari con altri tradizionali partner europei serve anch’esso a verniciare di fierezza nazionale la retorica dell’esecutivo, dimostrando che l’Italia indossa l’elmetto e batte i pugni nei rapporti europei, come d’altronde promesso in campagna elettorale. Roma evita accuratamente di ricordare che i maggiori avversari della revisione degli accordi di Dublino e di una eventuale redistribuzione dei rifugiati hanno sede in quelle capitali dell’Europa Orientale, che il nostro governo blandisce come ideologicamente affini e politicamente alleate.

La posizione francese

La Francia a sua volta mostra un irrigidimento superiore alle previsioni. Emmanuel Macron non può dimostrarsi cedevole in materia di asilo: è già stato attaccato da Marine Le Pen per aver accolto la Ocean Viking nel porto di Tolone. La temibile concorrenza dell’estrema destra lo spinge verso un sovranismo di fatto, appena mascherato da una retorica istituzionale ben studiata e da qualche concessione umanitaria. Come l’Unione europea nel suo complesso, sta commettendo il fatale errore di adottare la visione e le soluzioni della destra populista, nella speranza di arginarla. Di fatto, ha approfittato delle provocazioni italiane per sospendere il mini-accordo di ricollocazione volontaria dei profughi e per tornare a controlli rafforzati della frontiera con l’Italia.

Entrambi i governi possono così blandire i loro elettorati: l’esecutivo italiano con la nuova versione del cocktail di sovranismo e vittimismo già servito dal primo governo Conte, quello francese dando lezioni di politica dei diritti umani in formato esportazione, ma riducendo di fatto l’impegno di accoglienza entro i propri confini. Il tutto a spese dei profughi e dei valori europei, sempre più scoloriti e svuotati di contenuto.

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  1. Giacomo

    D’accordo sul fatto che entrambi i governi fanno demagogia ma chi decide quali sono i “valori europei”? A mio avviso non questo articolo bensì i trattati che scrivono tante cose, anche un po’ ambigue, sulla libera circolazione dei cittadini Europei, sulle misure comuni di asilo, eccetra. Per esempio che “Article 79 (ex Article 63, points 3 and 4, TEC) 1. The Union shall develop a common immigration policy aimed at ensuring, at all stages, the efficient management of migration flows, fair treatment of third-country nationals residing legally in Member States, and the prevention of, and enhanced measures to combat, illegal immigration and trafficking in human beings.”

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