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Regionali 2023: le elezioni fantasma

Il 12 e 13 febbraio vanno al voto due grandi regioni italiane: Lombardia e Lazio. Un po’ a sorpresa sui giornali e in tv se ne è parlato poco. Eppure, di temi interessanti su cui discutere ce ne sarebbero stati parecchi, in entrambi i casi.

I numeri delle elezioni e i candidati

Il 12 e 13 febbraio si terranno due importanti elezioni regionali: quelle per la Lombardia, la regione più popolosa d’Italia, e quelle per il Lazio, la regione della capitale.

In Lombardia (9.943.004 abitanti) saranno chiamati a votare 8.349.264 elettori; in Lazio (5.714.882 abitanti), gli aventi diritto sono invece 4.815.838. In totale, si tratta di oltre un quarto della popolazione residente (26,5 per cento) e del numero di elettori (26,4 per cento). Alle ultime elezioni nazionali (Camera dei deputati, 25 settembre 2022), l’astensione in Lombardia è stata del 30 per cento e in Lazio del 36 per cento, in crescita rispetto alle ultime elezioni regionali (2018), quando non si recarono alle urne il 27 per cento degli elettori lombardi e il 33 per cento di quelli laziali.

In Lombardia corrono quattro candidati: Attilio Fontana, presidente uscente, sostenuto dalla Lega, il suo partito di appartenenza, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Noi moderati e una lista civica di sostegno al candidato presidente; Pierfrancesco Majorino, sostenuto da Partito democratico, il suo partito di appartenenza, Movimento 5 stelle, Verdi e Sinistra italiana e, anche in questo caso, una lista civica di sostegno al candidato presidente; Mara Ghidorzi per Unione popolare; Letizia Moratti, sostenuta dall’immancabile lista civica a suo sostegno e, soprattutto, dal Terzo polo di Azione e Italia viva.

In Lazio invece corrono cinque candidati: Sonia Pecorilli per il Partito comunista italiano; Francesco Rocca, sostenuto da Forza Italia, Lista civica a suo nome, Lega, Fratelli d’Italia, Unione di centro e Noi moderati; Rosa Rinaldi per Unione popolare; Donatella Bianchi per il Polo progressista e Movimento 5 stelle; Alessio D’Amato, sostenuto da una lista civica a suo nome, Verdi e Sinistra italiana, Terzo polo, Più Europa, Partito democratico, Democrazia solidale e Partito socialista italiano.

Si nota subito che il centrosinistra ha adottato due strategie diverse: una coalizione con il Movimento 5 stelle in Lombardia, senza Terzo polo, e una coalizione con il Terzo polo, senza Movimento 5 stelle, in Lazio. Il centrodestra mantiene invece essenzialmente la stessa composizione in entrambi i casi.

Vincitori e vinti dal 1995

Differenze evidenti tra le due regioni si notano anche se si guarda alla storia dei risultati locali (tabella 1), perlomeno dal 1995, cioè da quando il presidente della regione è eletto direttamente dagli elettori. In Lombardia il centrodestra esprime il presidente ormai dal 1994, quando Paolo Arrigoni (Lega nord) subentrò a Fiorella Ghilardotti in quella che fu l’ultima legislatura lombarda prima dell’elezione diretta del presidente. Nel 1995 venne infatti eletto direttamente per la prima volta Roberto Formigoni (Centrodestra), che resterà presidente fino al 2013, quando sarà sostituito prima da Roberto Maroni (Lega) e poi, dal 2018 a oggi, da Attilio Fontana (Lega).

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Completamente opposta la situazione nel Lazio: il presidente uscente, Nicola Zingaretti (Pd) aveva sostituito nel 2013 un presidente del centrodestra (Renata Polverini, eletta nel 2010), che a sua volta aveva sostituito Piero Marrazzo (centrosinistra) eletto nel 2005. Nel 2000 aveva invece vinto le elezioni Francesco Storace (centrodestra), mentre nel 1995 era stato il centrosinistra a ottenere la vittoria con Piero Badaloni.

Oltre ai vincitori delle singole elezioni, sarà interessante anche vedere quali saranno i tassi di partecipazione, nonché, viste le dimensioni della popolazione coinvolta, i risultati aggregati del voto espresso verso i principali partiti: Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega tra quelli di governo; Partito democratico, Movimento 5 stelle, Terzo polo tra quelli all’opposizione.

I temi dimenticati

La Lombardia è la regione più popolosa d’Italia: con quasi dieci milioni di abitanti, si classificherebbe tra i primi venti stati del continente europeo (considerando anche la Turchia), subito dopo la Svezia e prima dell’Ungheria. Il Lazio è la regione della capitale, che da sola conta 2,7 milioni di abitanti, quasi la metà dell’intera regione. Non è quindi sorprendente che i risultati di queste elezioni regionali abbiano ripercussioni anche a carattere nazionale. Tuttavia, durante la campagna elettorale che termina alla mezzanotte di venerdì 10 febbraio, ciò che ha davvero stupito è stata l’assenza di un acceso dibattito sulle grandi tematiche politiche che riguardano in particolare le due regioni. Innanzitutto, la sanità: in Lombardia il modello sanitario è stato messo a dura prova durante l’emergenza Covid, tanto da costare il posto all’assessore alla sanità, Giulio Gallera, sostituito durante la legislatura da Letizia Moratti, che si è poi dimessa e che ora corre contro la stessa coalizione che l’aveva nominata. Il Lazio invece viene da un ventennio di gestione meno oculata della spesa sanitaria, che ha portato il governo a commissariare la sanità in regione per ben dodici anni, a partire dal 2007.

Strategico anche il tema dei rifiuti, perlomeno nel Lazio. Anche durante le recenti elezioni capitoline (2021) il tema è rimasto fuori da gran parte del dibattito: evidentemente, si tratta di un problema piuttosto scomodo. Più critico, in regione Lombardia, è il tema dei trasporti, soprattutto per quanto riguarda la gestione del servizio ferroviario. Per entrambe, ma per ragioni diverse, vi è poi il tema dell’autonomia differenziata, di cui invece si è parlato moltissimo in questi giorni, forse proprio per ragioni elettorali, ma più in Parlamento che in campagna elettorale. Ovviamente di motti, manifesti, frasi a effetto, perfino meme è stata piena la campagna elettorale: ma quali siano i reali progetti dei candidati su questi temi è un mistero. Non che di idee non ce ne siano, sia chiaro. Ma per qualche ragione in maggior parte sono rimaste limitate agli eventi di partito o a qualche kermesse elettorale, solo molto raramente hanno raggiunto i giornali, se non per le pagine interne o addirittura locali. Per non parlare della televisione. In Lombardia, più di tutti questi temi hanno fatto sicuramente più rumore la scelta del Terzo polo di candidare Letizia Moratti o quella del Partito democratico di non svolgere le primarie.

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L’eccezione, per fortuna

C’è un’eccezione, per la fortuna di lettori ed elettori interessati: il nostro sito. Lavoce.info si è infatti occupata di questi temi, come da sua vocazione di testata attenta anche ai contenuti politici e non solo elettorali delle elezioni. È quindi possibile approfondire le questioni leggendo gli articoli di Paolo Belardinelli e Carlo Stagnaro e di Monica Montella e Franco Mostacci sulla sanità, quelli di Paolo Balduzzi e Andrea Ballabio, di Massimo Bordignon, Leonzio Rizzo e Gilberto Turati e Gianfranco Viesti sull’autonomia differenziata e infine quello di Donato Berardi sui rifiuti.

Buon voto e buona informazione di qualità a tutti.

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Terremoti: prevenzione, danni economici e ristrutturazione

  1. Savino

    Con la Meloni sono finiti i tentativi su spinta elettorale. D’ora in poi non potremo più dire “proviamo anche questo/a” perchè li abbiamo già provati tutti e gli esiti sono stati di un’evanescenza inaudita. Gli italiani debbono convincersi dei limiti e dei deficit presenti, smetterla di dormire e sognare ad occhi aperti e devono saper guardare di più la realtà.

  2. B&B

    La politica non è piu’ credibile.
    Le successioni di eventi elettorali sono diventati la personale occasione di “economic security di una parte sempre piu’ numerosa, con deficit di merito competitivo profssionale individuale, della popolazione.
    Penso che l’attuale premier Giorgia Meloni, sia di razza migliore. Vedremo!

  3. Asterix

    Queste elezioni regionali sono l’esempio del declino della democrazia nel nostro secolo.
    Il popolo che sceglie i suoi rappresentanti è una utopia del secolo scorso che la classe dirigente del nostro Paese (e non solo) vuole superare.
    Visto che ormai i media e la stampa hanno definitivamente perso qualsiasi capacità di orientare il voto siamo passati alle elezioni fantasma (nessuno ne parla, nessuno va a votare).
    Il distacco tra le scelte politiche dei governi di turno rispetto i cittadini è ormai massimo.
    Gli italiani a larga maggioranza vorrebbero la pace in Ucraina, ma il governo (che criticava da opposizione) decide per l’ennesimo invio di armi e per la prosecuzione della guerra fino alla Vittoria (di chi?) con una situazione debitoria gravissima ed un peggioramento in tutti i servizi pubblici essenziali.
    Sempre più appartenenza ad organismi sovrannazionali ha annullato l’impatto delle decisioni dei cittadini gli elettori però si inneggia sui media con orgoglio alla Democrazia occidentale (sempre più di forma che di sostanza).
    Tina Anselmi si starà rivoltando nella sua tomba

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