Si discute molto dell’infrastruttura di rete di proprietà Telecom e del destino che potrebbe subire nell’eventualità dell’arrivo di At&t. Il controllo pubblico non sembra desiderabile proprio perché si tratta di un’infrastruttura complessa e “intelligente”, che condiziona il tipo di servizi erogabili. E perché si invoca ora una “soluzione inglese”? Gli interessi degli utenti e del sistema paese richiedono operatori che abbiano adeguati incentivi, know-how e risorse finanziarie per investire nello sviluppo delle componenti hardware e software di rete.
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I casi Autostrade e Telecom ridanno voce ai critici delle privatizzazioni. In particolare, per la mancata liberalizzazione e regolazione delle utilities e per l’inefficienza della struttura proprietaria. Il processo di dismissione si realizzò infatti sotto i vincoli della crisi finanziaria e del timore di fallire l’ingresso nell’euro. E’ così mancata una profonda revisione delle istituzioni economiche che influenzano il mercato dei diritti proprietari. Ma non è lasciando un ruolo attivo allo Stato nel controllo delle imprese che si realizza una economia aperta.
Si torna a parlare di Telecom Italia e di italianità delle imprese. La risposta alle preoccupazioni non è erigere barriere alla mobilità dei capitali, ma creare le condizioni per le quali le attività economicamente interessanti restino qui da noi. Significa tra l’altro investire in formazione e ricerca, affinché le aziende sappiano che è in Italia che si trovano i tecnici più bravi. In un mondo che corre e in un settore che cambia rapidamente, è sul miglioramento del paese che si misura la qualità del governo, non sulla sua capacità di “difendere” posizioni acquisite.
La liberalizzazione dellenergia in Europa non è stato un successo. Dipendendo dalle importazioni, il mercato energetico è difficile, ma alcuni errori sono stati commessi. E facile prevedere che le imprese reagiranno alle loro debolezze negli acquisti di gas integrandosi, ma solo un mercato integrato potrebbe difendere anche i consumatori.
Le sanzioni della Consob alla Ifil, alla Giovanni Agnelli & C e ai loro vertici per manipolazione del mercato hanno provocato una reazione del gruppo torinese che suona pressappoco così: senza le operazioni incriminate non ci sarebbe la Fiat risanata e in ripresa. La maggior parte dell’informazione italiana si è allineata a questo giudizio. Ma davvero la mancata comunicazione al mercato di notizie rilevanti è servita al salvataggio? Per farsi un’opinione può servire una ricostruzione della complessa vicenda (sulla quale lavoce.info era già intervenuta), dalla stipula di un contratto derivato nel 2005 alla scoperta di un misterioso documento.
Sette proposte di legge per introdurre anche in Italia la class action. Che però non sembra essere lo strumento giusto per il diritto antitust. Appare eccessiva se l’obiettivo è accrescere la funzione deterrente delle sanzioni dell’Agcm. Se invece si vogliono dare ai privati gli incentivi e gli strumenti concreti per contrastare comportamenti anticoncorrenziali attraverso la giustizia civile, andrebbero affrontati i nodi del costo dell’indagine e della raccolta di prove. Mentre ai giudici spetterebbe il non molto congeniale ruolo di registi delle cause.
Nonostante le novità del decreto Bersani 1, la distribuzione al dettaglio dei farmaci continua a essere caratterizzata da un assetto anticoncorrenziale. Ora una segnalazione dell’Antitrust invita le Regioni a rimuovere tutti i vincoli su orari e giorni di apertura. In contrasto con una sentenza della Corte Costituzionale. Non è la prima volta che accade, anche perché la Corte adotta un punto di vista giuridico, l’Agcm economico. Per il futuro, l’auspicio è di una convergenza e di un raccordo tra le due istituzioni.
Se la regolazione pubblica fosse efficiente, le fusioni di concessionari dovrebbero mirare a ottenere economie di scala o di scopo, che avvantaggino i consumatori attraverso tariffe inferiori. Per queste operazioni si pone dunque un doppio problema regolatorio. Occorre evitare la formazione di posizioni dominanti che alterino il funzionamento della concorrenza. Ma è anche necessario tutelare l’utenza tramite il controllo tariffario e di accesso alle reti. Un caso recente di danneggiamento esplicito degli utenti.
l pacchetto Bersani raccoglie molte indicazioni dell’Autorità antitrust e comprende tanti interventi, alcuni buoni, altri forse solo di facciata. Agisce su settori ad alto impatto sull’economia, come quello assicurativo o la distribuzione di carburanti, o nell’avvio di una borsa all’ingrosso del gas naturale. Discutibili invece i provvedimenti sulla ricarica dei cellulari e sui mutui. Sembra un quadro frammentato, ma assomiglia piuttosto a un puzzle, ove alla fine i diversi pezzi acquisiscono una loro coerenza. Da perfezionare, ma per ora bene così.
Il sistema farmaco necessita di riforme, in Italia come in Europa. Per cambiare radicalmente quello attuale che a fianco di pochi medicinali realmente innovativi, ne approva una gran quantità senza reali benefici per i pazienti. C’è poi la necessità di sostenere energicamente un sistema pubblico di informazione indipendente e di ricerca: oggi sembrano essere le nuove frontiere di un moderno sistema sanitario. In definitiva, si tratta di passare dalle logiche dei risparmi a breve agli investimenti di lungo periodo.