Le forme in cui la Banca dÂ’Italia rende conto del proprio operato sono fondamentalmente basate su esposizioni unilaterali. Norme e tradizioni seguite finora hanno una giustificazione storica, ma non sembrano più adeguate alla attuale realtà economica e politica. E’ ora di adottare assetti istituzionali più vicini a quelli degli altri paesi per lÂ’accountability, ma anche per i meccanismi di nomina e funzionamento della Banca. LÂ’occasione per farlo è il disegno di legge sulla tutela del risparmio.
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Il Governo italiano torna sui suoi passi sulla disciplina delle false comunicazioni sociali. La normativa ora in vigore prevede infatti che non sia comunque punibile una sopravvalutazione o una sottovalutazione dellÂ’utile lordo di esercizio di unÂ’impresa se di importo inferiore al 5 per cento. Ma così si introduce un rischio aggiuntivo per i potenziali investitori. Per compensarlo, questi richiedono un rendimento maggiore per i capitali impiegati. E in un’economia aperta, gli investimenti possono anche dirigersi su imprese di altri paesi.
Un grande istituto bancario italiano si impegna a offrire finanziamenti a lungo termine senza garanzia agli imprenditori disposti ad aumentare il capitale delle loro imprese. Se il rischio di declino dell’economia italiana è dovuto anche alle piccole dimensioni delle aziende e alla loro struttura proprietaria cristallizzata nella famiglia del fondatore, questa ridefinizione dei rapporti fra banca e impresa può essere una prima risposta. Suffragata inoltre dalla teoria economica.
L’esame del provvedimento su tutela del risparmio e riforma dei mercati finanziari è in stallo, anche perché si è dissolto il metodo bipartisan che ne aveva accompagnato l’avvio. Ma una soluzione può essere proprio nel nostro assetto bicamerale e nella complessità della legge. Può infatti essere suddivisa in due corpi normativi distinti: uno con valenza di mercato, l’altro con valenza istituzionale. A ciascuna camera si potrebbe allora affidare l’esame di una delle due parti, da svolgersi negli stessi tempi.
Sui mercati finanziari le nostre domande vertevano sulla necessità di riforme del sistema dei controlli e del risparmio anche a livello comunitario. Se la legislazione statunitense in materia può essere un valido modello per quella che lÂ’Europa sta costruendo. E se non si debbano prevedere limiti alla regolamentazione, per evitare i rischi di inefficienze e costi superiori ai vantaggi. Ecco le risposte della Lista Bonino, Forza Italia, Patto Segni-Scognamiglio e Uniti nell’Ulivo
La durata del mandato del governatore non ha niente a che vedere con la maggiore trasparenza degli investimenti e i più rigorosi controlli societari. Anche se un riassetto della governance delle autorità di vigilanza è utile perché contribuisce a migliorarne l’efficienza. Ma nel sistema delineato dal recente progetto di legge è troppo forte e incisivo lo spazio dell’intervento governativo. Mentre per tutelare davvero il risparmio vanno rafforzati poteri e indipendenza delle autorità di controllo.
Il progetto di legge sulla tutela del risparmio prevede un riordino per funzioni delle autorità di controllo. Una scelta ragionevole che però si arena nelle ipotesi di attuazione. Amplia infatti eccessivamente le competenze del Cicr. Soprattutto crea un nuovo organismo per la vigilanza di stabilità dai molti poteri, ma senza alcuna responsabilità verso risparmiatori. E demanda in sede politica il coordinamento fra autorità , con evidenti pericoli per la loro indipendenza.
Presentazione Eugen White
Presentazione di Luigi Guiso
Presentazione Marco Pagano