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Categoria: Fisco Pagina 53 di 83

UN FISCO DA RIPENSARE

In allegato la presentazione tenutasi, il 4 luglio 2011, al convegno a porte chiuse per i sostenitori de lavoce.info

L’IMPOSTA DI BOLLO SUI CONTI TITOLI

Il grafico mostra il gettito derivante dall’aumento dell’imposta di bollo sui conti titoli, portata a 120 euro per i depositi sotto i 50 mila euro ed a 380 euro sopra i 50 mila.
Nel 2011 e nel 2012 sosterrà da sola quasi l’intero onere della manovra e nel 2013 vi contribuirà per oltre un sesto raccogliendo la cifra record di oltre 3,6 miliardi. Si tratta di una vera e propria tassa patrimoniale sulla ricchezza mobiliare.
Secondo l’Abi il numero di conti correnti è circa 40 milioni e il 26 per cento dei correntisti, secondo l’Eurisko, ha un conto titoli.

NELLE TASCHE NO. NEL PORTAFOGLIO (TITOLI) SÌ

L’avevano detto, l’avevano giurato, anche a Pontida: non metteremo mai le mani nelle tasche degli italiani! Così è stato. Nelle tasche degli italiani le mani no, ma nel portafoglio si: più precisamente nel portafoglio titoli. Forse quella promessa “nelle tasche mai” nascondeva un trucco: la potevano fare perché l’avrebbero mantenuta e l’avrebbero mantenuta perché nelle tasche degli italiani – eccezion fatta per il portachiavi, l’accendisigari e un fazzoletto di carta  e qualche spicciolo – non c’è niente di attraente.  Oggi possono sostenere di non aver mai parlato di portafogli, solo di tasche e quindi di essere stati, come si conviene a un buon politico, di parola. E il mantenimento della parola e la coerenza in politica pagano sempre.

SE IL BOLLO-AUTO FOSSE DAVVERO EQUO

Il superbollo sulle auto di elevata potenza previsto dalla riforma tributaria è solo un’operazione cosmetica. E un’occasione persa per ripensare seriamente la tassa di circolazione. Che dovrebbe basarsi su quattro fattori: il valore del veicolo, il suo potere inquinante, l’uso di spazio pubblico e l’impatto usurante sul manto stradale. Sarebbe un incentivo alla costruzione di auto che comportano minori costi sociali. E se anche si continuassero a produrre veicoli inquinanti, il prelievo tra gli automobilisti sarebbe ridistribuito in modo socialmente più corretto.

IL DESOLANTE COPIA-INCOLLA DELLA DELEGA FISCALE

Il Governo ha approvato una bozza di legge delega per la riforma fiscale. Un documento costruito molto in fretta, con pochi ingredienti, dagli esiti distributivi e di gettito assolutamente incerti. Per rimpolparlo si è allora ricorsi al più classico “copia e incolla” dalla legge delega presentata da Tremonti nel 2001, approvata dal Parlamento nel 2003 e poi largamente non esercitata. Come se nulla, nel frattempo, fosse cambiato nel sistema fiscale erariale, regionale e locale. Il tema del fisco è delicato. Di improvvisazione e pressappochismo non c’è proprio bisogno.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringraziamo i lettori per i numerosi commenti, che sollecitano alcune precisazioni sulla proposta avanzata nel nostro articolo.
Senza dubbio il problema dell’insufficiente domanda di lavoro e della creazione di nuovo impiego non può essere risolto con la riforma proposta nell’articolo, ma la riduzione della pressione fiscale sui salari più bassi non può che favorire l’occupazione di chi partecipa al mercato del lavoro in condizioni di maggiori difficoltà e quindi con basse retribuzioni. Ricordiamo che, stante le condizioni della finanza pubblica, abbiamo formulato una proposta  a parità di risorse, che riduce l’effetto distorsivo delle imposte aumentando potenzialmente l’occupazione.
L’effetto sull’occupazione è infatti tanto maggiore quanto più alta è l’elasticità dell’offerta di lavoro rispetto al salario orario e come già evidenziato in altre occasioni su questo sito (cf Colombino) esiste una netta relazione inversa tra livello di reddito e elasticità. Gli individui con reddito più basso, beneficiari del nuovo credito di imposta, sono quelli che rispondono maggiormente anche a riduzioni contenute della pressione fiscale.
Come evidenziato nell’articolo e sottolineato da numerosi lettori, un’obiezione alla proposta riguarda il sostegno economico che verrebbe a mancare a famiglie e a individui disoccupati o pensionati: questi dovrebbero essere tutelati da un sistema organico di ammortizzatori sociali che condizionino il sostegno alla ricerca attiva di un impiego e da un sostegno specifico alle responsabilità di cura di bambini e anziani. Non è offrendo detrazioni fiscali in modo indiscriminato (e dunque per importi limitati) per i famigliari a carico che si risolve il problema della povertà fra chi ha perso il lavoro.
Le simulazioni proposte riguardano esclusivamente la popolazione attiva non intaccando quindi le risorse oggi destinate ai pensionati. Generalizzando l’abolizione della detrazione per familiari a carico a tutta la popolazione, si libererebbero ulteriori risorse che potrebbero essere utilizzate per assistenza sociale a beneficio di tutti i poveri, compresi quelli che hanno superato l’età di pensionamento.
Il nuovo credito di imposta, a differenza delle attuali detrazioni, non creerebbe un problema di incapienza, in quanto si configurerebbe come un trasferimento netto per coloro i quali non possono beneficiare direttamente del credito di imposta come riduzione dell’imposta pagata.
La concreta implementazione del credito di imposta, ovviamente, dovrebbe idealmente accompagnarsi ad altre misure, come quelle vigenti in altri paesi europei che hanno incentivi condizionati all’impiego. Bisognerebbe, ad esempio, introdurre un salario minimo  per evitare che gli incentivi si traducano unicamente in un ribasso delle retribuzioni lorde da parte dei datori di lavoro. Inoltre è fondamentale potenziare la lotta all’evasione fiscale che preclude il corretto funzionamento di qualsiasi strumento fiscale basato sul reddito del contribuente. Come evidenziato da un lettore, anche l’attuale detrazione per familiari a carico può essere concessa a fronte dell’evasione del reddito da parte di un familiare. Il nuovo credito di imposta, condizionato all’impiego regolare, potrebbe peraltro fornire un incentivo per far emergere lavoro sommerso.

UN PEZZO DI RIFORMA FISCALE PER INCENTIVARE IL LAVORO

La riforma fiscale prossima ventura deve riuscire a rilanciare la crescita senza ridurre le entrate dello Stato. Ecco una piccola riforma che ha queste caratteristiche. Si tratta di abolire la detrazione fiscale per coniuge e altri familiari a carico, figli esclusi, con la contestuale introduzione di un credito di imposta per le retribuzioni più basse. L’obiettivo è sostenere il reddito delle famiglie incentivando la partecipazione al mercato del lavoro, delle donne in particolare. Ridurrebbe la povertà soprattutto fra le madri sole.

IMPOSTA DI SUCCESSIONE

 

HO GIOCATO TRE NUMERI AL LOTTO…

Che cosa si può dire di un’Irpef a tre aliquote: 20, 30 e 40? Niente.
Si tratta di un’informazione del tutto insufficiente. Se questa, come dice la stampa, è la proposta del ministro, bisogna ricordargli che si è dimenticato di dirci alcune cose importanti: come saranno articolati i tre scaglioni a cui applicare queste tre aliquote? Come saranno articolate le detrazioni di imposta per lavoro, pensioni e per carichi familiari?
Senza queste informazioni le tre aliquote non significano niente, ma proprio niente: possono dar luogo a infinite Irpef diverse.
Un esempio: supponiamo che il mio reddito  lordo sia di 30.000 euro.
Se i primi due attuali scaglioni restassero invariati e il terzo ed ultimo partisse quindi da 28.000 euro, ci guadagnerei 20 euro. Se invece i primi due scaglioni venissero accorpati  così come il terzo e il quarto; allora ci guadagnerei  1.520 euro: una bella differenza!
Ma se poi contemporaneamente la mia detrazione per lavoro dipendente venisse abolita, nel primo caso ci rimetterei 816 euro, mentre ne guadagnerei  684 euro nel secondo.
Di cosa discutiamo dunque?
Meglio aspettare una vera proposta articolata e motivata dell’intera riforma fiscale e non solo del pezzo relativo all’Irpef, di cui siano esplicitamente indicate le finalità e per la quale sia possibile valutare chi ci guadagna e chi ci perde, perché, dato che la riforma dovrà avvenire a parità di gettito, l’unica cosa certa è che non potremo guadagnarci tutti.

ECCO DOVE IL CRIMINE FA BUONI AFFARI *

Il crimine organizzato affligge solo l’economia del Sud? Secondo uno studio che fa affidamento sulla domanda di denaro contante per i pagamenti, una buona percentuale di affari criminali si conclude nel Centro-Nord. Nonostante i limiti dell’esercizio, i suoi risultati dovrebbero convincerci che l’economia criminale è una vera e propria questione nazionale. Forse i centri decisionali restano legati alle realtà meridionali, ma le attività criminali sembrano facilmente esportabili in altre realtà territoriali.

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