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La “volpe del deserto” e i due milioni di clandestini in Libia verso l’Italia

Alla luce dell’ennesima tragedia dell’immigrazione clandestina consumatasi al largo delle nostre coste, riproponiamo un contributo di alcuni studiosi dell’Università di Bari in cui si commentano le affermazioni del Ministero dell’Interno che paventava l’arrivo di “due milioni di poveracci” in Italia. Una cifra che non sembra fondata su alcun riscontro empirico. Meglio dosare le parole o spiegare su quali dati si fondano queste stime allarmistiche.

Immigrati e lavoro: tra disuguaglianze e burocrazia

Il lavoratore straniero regolarmente soggiornante viene discriminato rispetto a quello italiano sia perché si rende più onerosa la sua assunzione, sia perché il rinnovo del permesso di soggiorno è costellato di passaggi bizantini. Il mercato del lavoro richiede politiche migratorie strutturate in modo da poter reagire rapidamente ed efficacemente. Se ai lavoratori migranti si toglie la possibilità di rispondere a queste esigenze, inevitabilmente si infittiranno le fila degli irregolari.

Politiche dell’immigrazione

Politiche dell’immigrazione

Cliccando sulle risposte sintetiche si potrà accedere al testo completo delle risposte

 

Alleanza Nazionale

 

Lista Bonino

 

Forza Italia
 

Italia dei valori
 

Patto Segni-Scognamiglio
 
Uniti nell’Ulivo
 Ritenete giusto mantenere le restrizioni all’accesso del lavoro da parte dei cittadini de nuovi paesi membri dell’Unione europea?Si. Esistono due ordini di motivi che ci convincono sull’opportunità di mantenere le restrizioni all’accesso al lavoro da parte dei cittadini di questi PaesiNo, le restrizioni sono un grave errore. Gli immigrati sono un’importante risorsa per le nostre economie. Le restrizioni hanno solo l’effetto di smorzare gli entusiasmi europeisti. Si. Il periodo transitorio è ragionevole in considerazione del divario di sviluppo tra i quindici vecchi membri e i dieci nuovi.No, le restrizioni alla mobilità dei cittadini membri sono un’idea indegna per l’Europa. Si, una restrizione di qualche anno potrebbe essere una buona soluzione.No, gli immigrati vanno dove il mercato del lavoro ne ha più bisogno. Le attuali restrizioni allontanano i più qualificati e contrastano con la flessibilità che si è introdotta nei rapporti di lavoro.
 Siete d’accordo sull’esistenza di un legame tra commercio e flussi migratori? Più commercio, meno immigrazione?Si, la regolamentazione dei flussi migratori potrebbe essere correlata dal varo di apposite misure di politiche commerciali. Si, Il protezionismo commerciale incentiva l’immigrazione. .La politica commerciale deve essere tesa ad una liberalizzazione degli scambi internazionaliSi, la politica agricola va rivista da cima a fondo anche per i suoi effetti negativi sull’immigrazione Si Si. Si, c’è un legame , in questo campo ha fatto bene la Commissione Prodi a proporre l’eliminazione dei sussidi alle esortazioni dei prodotti agricoli.
 Pensate che gli immigrati debbano godere degli stessi diritti e doveri dei cittadini italiani? Si. In tal senso proponiamo di attribuire il diritto di voto, attivo e passivo, nelle elezioni amministrative, a quanti, cittadini stranieri, ormai da anni qui vivono, lavorano, pagano le tasse e fanno crescere i propri figli.Si. Non vi è ragione per limitare i diritti sociali ed economici degli immigrati Si, ma solo per chi ha acquisito la cittadinanza. Si, l’immigrato deve godere degli stessi diritti e deve essere sottoposto agli stessi doveri del cittadino comunitario.  Si.Si , per realizzare l’integrazione bisogna costruire un patto di diritti e doveri tra italiani e stranieri , che riconosca diritti e doveri economici, sociali e civili.
 Siete favorevoli ad istituire un‘autorità europea adibita a controllare il flusso degli immigrati clandestini?Si. Siamo pienamente convinti della opportunità di istituire una autorità comunitaria di controllo delle frontiere esterne che possa anche definire strumenti finanziari adeguati così da alleviare gli ormai pesanti costi sopportati dagli Stati più frontalieri del continente europeo, come ovviamente l’ItaliaSi, si tratta di una materia di chiaro interesse comune, potrebbe però essere sufficiente un coordinamento continuativo dell’opera dei singoli Stati Si, è la strada giusta Si, il controllo dei confini della comunità è competenza comunitaria. Si. I paesi singoli molte volte non hanno da soli le risorse per controllare i flussi di immigrati irregolari Si, solo in questo modo può essere garantito un governo efficace dei controlli dei flussi migratori. che avvantaggerà ogni paese dell’Unione.

 

 

Politiche sull’immigrazione

Proseguiamo la pubblicazione delle risposte di partiti e coalizioni ai quesiti che avevamo formulato in vista delle elezioni europee. Sulle politiche dell’immigrazione abbiamo chiesto se l’immigrazione va considerata una risorsa per il nostro paese o una minaccia per la nostra identità culturale. Se siano giuste le restrizioni previste all’accesso di lavoratori provenienti dai nuovi paesi membri. Quali diritti di cittadinanza intendono garantire agli stranieri. Infine, chi dovrebbe essere responsabile dei controlli di polizia alle frontiere: un’unica autorità europea o i singoli paesi? Le risposte della Lista Bonino, Forza Italia, Patto Segni-Scognamiglio e Uniti nell’Ulivo

In cerca di identità

Le politiche europee sull’immigrazione scontano la mancanza di una comune identità che possa essere proposta come modello ai cittadini stranieri, in particolare ai più qualificati. Mentre gli Stati-Nazione perdono significato, è necessario cercare di superare le diversità senza cancellarle, in un processo di integrazione che coinvolga europei ed immigrati. Solo così potremo avere una gestione costruttiva del fenomeno, indispensabile per una crescita di lungo periodo.

Diritto di cittadinanza

L’Italia è terra d’immigrazione e di fronte a flussi già elevati e destinati a crescere, è inevitabile porsi la questione di quali diritti vadano concessi a chi arriva nel nostro paese. Molto pochi oggi quelli di appartenenza, grazie alla legge del 1992 che si fonda sul principio dello ius sanguinis. È una politica miope che mette a rischio la nostra capacità di sfruttare al meglio il contributo non solo economico, ma anche sociale e culturale che gli immigrati possono dare allo sviluppo del nostro paese.

Benvenuto allargamento, addio grande Europa?

L’ingresso dei nuovi dieci paesi nell’Unione europea si sta trasformando da evento storico di portata straordinaria in un processo caotico che accresce le spinte per un indebolimento del disegno di costruzione di una grande Europa. Le responsabilità dei governi e delle istituzioni europee sono grandi. Per come hanno affrontato la questione dell’apertura delle frontiere ai cittadini dei nuovi membri e per i segnali mandati sull’applicazione delle regole e dei trattati. Soprattutto in campo monetario e fiscale.

L’artigianato straniero del Piemonte

La regolarizzazione di quasi 700mila lavoratori extracomunitari non è priva di effetti sulle statistiche sull’occupazione. L’analisi dei dati, anche in caso particolare come quello delle iscrizione all’Inps dei dipendenti di imprese artigiane in Piemonte, offre molti spunti di riflessione: sulla congruità delle quote di ingresso e sull’entità della domanda di lavoro rivolta anche a cittadini extra-comunitari. E su come identificare le aree di attività in cui è maggiore l’impiego di stranieri.

Perché Lisbona resta un miraggio

Come da rituale, i capi di Governo riuniti a Bruxelles scoprono che l’Europa è ancora ben lontana dal diventare il continente più competitivo del pianeta. Perché le scelte politiche dei singoli paesi sono spesso in contrasto con gli obiettivi fissati nel 2000. Non tutti per esempio vogliono un aumento del tasso di occupazione perché implica tagliare i privilegi di alcuni. Così come è un errore limitare l’arrivo di lavoratori dai nuovi paesi membri. Se l’obiettivo è aumentare le ore lavorate, meglio aprire i flussi invece di chiedere agli italiani di ridurre le ferie.

Molti rischi, poche tutele

Gli immigrati lavorano spesso in condizioni rischiose, insalubri e subtutelate. Anche perché l’Italia ha implicitamente adottato il modello dell’integrazione subalterna. La questione cruciale è l’accesso alla cittadinanza italiana. E passa anche attraverso il riconoscimento di una cittadinanza sociale, accanto a quella economica, ormai accettata almeno sotto forma di partecipazione ai livelli più bassi del mercato del lavoro. Opportunità di promozione devono essere garantite per chi ha titoli di studio e competenze professionali riconoscibili.

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