L’Italia non può permettersi freni alla crescita e all’innovazione. Una considerazione che vale tanto più per le telecomunicazioni e in particolare per lo sviluppo di Internet. E che dovrebbe concretizzarsi in specifiche prese di posizione per una sempre più decisa salvaguardia della libertà della rete. Che passa attraverso la sua neutralità. Senza di questa, un provider di banda larga potrebbe decidere di imporre alcuni servizi e discriminarne o rallentarne altri. E la non neutralità avrebbe riflessi anche sull’evoluzione della convergenza multimediale.
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LAnas ha una lunga storia con alcune luci e molte ombre. Un riassetto dellente è indispensabile e urgente, definendo con nettezza i suoi compiti ed evitando la confusione di ruoli tra regolato e regolatore che oggi convivono in Anas. Tale riassetto può anche essere loccasione per un ripensamento più complessivo della regolazione della rete stradale e autostradale.
I pedaggi, nati come imposte di scopo per finanziare la costruzione della rete autostradale, sono divenuti nel tempo una fonte di proventi para-fiscali e di rendite. Nei criteri per la determinazione delle tariffe vi è un ambito di discrezionalità che occorrerà utilizzare per riportare i profitti a un più ragionevole rapporto con il capitale investito, tanto più che la concessionaria non ha sinora aggiunto nemmeno un chilometro alla rete preesistente. Quanto al rapporto tra pedaggi e investimenti, si dovrebbe tornare alla direttiva Costa-Ciampi.
Dopo lannuncio della fusione tra la societ?Autostrade per lItalia e il gruppo spagnolo Abertis, il Ministro Di Pietro ha sostenuto che la concessione non potesse passare di mano senza una approvazione preventiva del Governo, in ci?confortato da un Parere del Consiglio di Stato. La preoccupazione principale sembra quella del drenaggio di risorse italiane?da destinarsi a investimenti in Italia da parte di un operatore straniero. Ma ci sono alcuni punti fondamentali da chiarire e una regolazione da riformare.
E’ durata solo cinque anni lunificazione dei ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti. Era nata dalla convinzione che le infrastrutture andassero programmate, valutate, finanziate e costruite in funzione delle necessità presenti e dell’evoluzione prevista dei servizi che le utilizzano. Nella scorsa legislatura, non ha dato buona prova perché erano sbagliati gli uomini che avevano il delicatissimo compito di avviare l’esperimento. Ora si è tornati alla separazione e i contrasti subito emersi tra i due ministri non fanno ben sperare.
La risposta del mondo politico alla fusione Autostrade-Abertis potrebbe segnare un nuovo indirizzo in termini di politica industriale. Ma per coloro che hanno a cuore gli interessi pubblici, non serve agitare lo spauracchio dello straniero o affliggersi con l’inevitabile debolezza del regolatore. Sarebbe meglio riflettere sugli errori commessi in passato e rimboccarsi le maniche per mettere in moto una buona riforma della regolazione di settore, indipendentemente dal fatto che gli operatori siano italiani o multinazionali.
Bologna sperimenterà un ticket di ingresso nella zona a traffico limitato del centro storico per i non residenti. Ma la proposta è poco convincente e corre il rischio di screditare la già scarsa “reputazione” delle politiche di road pricing. Come dimostra l’esempio londinese, per avere successo queste misure devono essere semplici e chiare, con specifici obiettivi e poche eccezioni. Tutte qualità che sembrano mancare alla soluzione bolognese. Più efficace ed equo appare invece il sistema dei crediti di mobilità studiato a Genova.
Gestione diretta di Anas per la Venezia-Padova. Potrebbe essere l’occasione per iniziare ad applicare tariffe determinate con l’obiettivo di promuovere l’efficienza allocativa del traffico, per ridurre la congestione, ad esempio separando il più possibile il traffico pesante da quello delle auto. Ma il rinnovo della concessione per la Cisa e la Brescia-Padova contraddice questa scelta. E ripropone la questione della riforma del settore, magari seguendo le indicazioni contenute nel Piano generale dei trasporti del 2001. Price cap compreso.
Campioni nazionali o campioni europei? Nessuno dei due. I governi nazionali rispondono al proprio elettorato e possono essere motivati da considerazioni non economiche nel loro appoggio alle concentrazioni di imprese, anche se non corrispondono all’interesse generale. Invece, l’Unione Europea deve avallare solo le fusioni per le quali si hanno guadagni di efficienza che compensano l’aumento di potere di mercato del nuovo soggetto. E bloccare tutte le altre. Il ruolo della Commissione nel promuovere un sistema industriale competitivo è essenziale.
La Cdl dedica attenzione esclusivamente alle infrastrutture. Previsto un piano decennale straordinario per il superamento della questione meridionale. Nessun numero viene citato. Né si parla dei servizi di trasporto e tanto meno dell’Alitalia. L’Unione promette di rendere obbligatoria la valutazione di impatto ambientale e l’analisi costi-benefici per ogni intervento. Preannuncia l’istituzione di un’Autorità dei trasporti, ma con compiti molto limitati. Silenzio assoluto su qualsiasi liberalizzazione nei vari comparti. Con un’eccezione per i taxi.