Il sistema finanziario e industriale italiano è al centro di un importante sforzo riformatore, attraverso la riforma del diritto fallimentare, del risparmio, e del Codice Preda. Dalla crisi asiatica degli anni Novanta possono venire interessanti insegnamenti. Intanto che si tratta di questioni interdipendenti. Poi che la legislazione fallimentare deve riservare ai creditori poteri direttivi nella procedura. Mentre va limitato l’interventismo delle autorità governative nelle crisi d’impresa. Ma il punto decisivo è la governance bancaria.
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Il secondo pilastro del sistema pensionistico resterà “semi-obbligatorio” quand’anche la devoluzione “silenziosa” del Tfr dovesse, col tempo, diventare “del tutto” forzosa. Sarà infatti alimentato anche dalla libera contribuzione a carico delle imprese e dei lavoratori. Il carattere ibrido non aiuta a individuare le caratteristiche che il secondo pilastro dovrebbe avere, riguardo alla struttura dell’offerta, al regime fiscale e alla gestione delle rendite, al duplice fine di evitare a queste ultime incertezze ed abusi e di consentire al risparmio previdenziale di rendere al meglio.
Molto più selettiva del “modello britannico”, la tassa ambientale inserita nella Finanziaria 2006 esclude le telecomunicazioni e incide solo sulle grandi reti di trasmissione dell’energia elettrica e del gas naturale. Dubbia la qualificazione di tributo ambientale. Il tributo non può essere traslato. Ma in tempi di emergenza finanziaria, sembrerebbe più appropriato colpire la vendita di energia, dove le posizioni dominanti assicurano notevoli profitti. A ostacolare una simile manovra è la presenza diretta del Tesoro come azionista di Eni ed Enel.
La Finanziaria 2006 contiene varie misure per incoraggiare la ricerca e l’innovazione. Tra le altre, c’è l’abolizione delle tasse sui brevetti. Peccato che solo in febbraio le tasse sul deposito, il rinnovo e anche l’imposta di bollo sui brevetti fosse stata aumentata del 30 per cento. Che deve aspettarsi un potenziale inventore sulla tutela della proprietà intellettuale in Italia? E l’abolizione è poi una buona idea? Eppure, per incentivare la ricerca e l’innovazione non servono tanti interventi, ma pochi e duraturi.
Con la manovra per il 2006 il Governo abbandona la politica dei tagli fiscali. Ma le scelte compiute sembrano, in larga parte, guidate dalla ricerca affannosa di entrate per fare quadrare i conti, purché turbino il meno possibile il sonno degli elettori. Comprendono la lotta all’evasione, la “tassa sui tubi” e una miscellanea di provvedimenti che insistono su campi già battuti. Nessuna modifica strutturale è stata messa in cantiere: né sul fronte dell’Irpef, dell’Ires, dell’Irap, né per quanto riguarda il possibile riordino della tassazione sulle “rendite” finanziarie.
La Finanziaria dovrebbe ridurre il disavanzo di 11,5 miliardi. E’ una cifra insufficiente e che comunque difficilmente sarà realizzata, poiché contemporaneamente si destinano altri 11 miliardi a nuove spese e agevolazioni fiscali, la cui copertura è tutto fuorché solida. Sarebbe meglio, per una volta, abbandonare la retorica della Finanziaria per lo sviluppo e limitarsi a una correzione reale del disavanzo.
Partono i negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea. Se guardiamo alle condizioni da soddisfare per l’avvio delle trattative, una analisi oggettiva sui criteri politico ed economico rivela differenze evidenti tra la Turchia di oggi e i paesi dell’Europa centro-orientale nel 1998. E infatti la Commissione ha introdotto formule che potrebbero rimandare o limitare l’adesione piena del paese alla Ue. Ma sono ambiguità che sarebbe corretto chiarire subito, per consentire ai cittadini europei e turchi un sereno giudizio sulla questione.
L’esperienza europea degli ultimi venti anni mostra che le grandi coalizioni fanno crescere il debito pubblico e non sono politicamente in grado di attuare riforme politicamente difficili. La Germania dovrebbe dunque puntare su un Governo tecnico, sull’esempio di quelli italiani degli anni Novanta. Garantirebbe l’ampia maggioranza parlamentare necessaria per avviare le riforme, risolvere il problema del federalismo fiscale e ridisegnare l’assegnazione delle competenze tra differenti livelli di governo. A patto però che i partiti forzino i loro leader a fare un passo indietro.
In Italia ogni anno viene creato e distrutto un gran numero di imprese. Ma questo processo non tende necessariamente a dirigere risorse verso quelle più produttive e con maggiori potenzialità di sviluppo. I costi associati alla “creazione distruttrice” non sono perciò affiancati dai potenziali benefici in termini di produttività e occupazione. Rimuovere i vincoli all’investimento innovativo e alla crescita d’impresa, incluse le soglie dimensionali oltre le quali vengono meno sussidi e agevolazioni, sono dunque due aspetti prioritari di politica industriale.
Speriamo che Antonio Fazio, rientrato anticipatamente in Italia, prenda atto dei danni che sta arrecando allÂ’immagine del paese. Sarebbe anche un modo per finalmente spostare l’attenzione generale sulle vere cause dell’instabilità politica che ha portato alle dimissioni del ministro Siniscalco. Il Governo ha perso il controllo dei conti pubblici. Il nuovo ministro ha cinque giorni di tempo per varare una Finanziaria che non potrà più essere elettorale. E l’opposizione deve dare segnali forti su come intende riguadagnare controllo dei conti pubblici nella prossima legislatura.