La Banca mondiale deve diventare più trasparente e assumersi la responsabilità delle sue attività . Servono dunque meccanismi per misurare sistematicamente i risultati e valutare l’impatto reale di programmi e operazioni. Soprattutto, però, devono contare di più i paesi in via di sviluppo, accettando la loro richiesta di maggiore partecipazione al capitale. Ciò aumenterebbe i controlli interni e metterebbe la Banca mondiale nelle condizioni di promuovere meglio la riduzione della povertà e la stabilità economica internazionale.
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Un’adeguata riforma del sistema universitario italiano, che lo renda maggiormente competitivo a livello internazionale, richiede una forte mobilità degli studenti dagli atenei “peggiori” a quelli “migliori”. Per ottenere questo risultato occorre incidere non solo sui costi della frequenza universitaria fuori sede, ma anche sui benefici. Attraverso sistemi di differenziazione che accentuino le distanze tra università , ben oltre le differenze attuali, in gran parte illusorie. E garantendo meccanismi di selezione di tipo meritocratico.
Una maggiore concorrenza tra scuole può migliorare la qualità della formazione. Ma non accade se lo strumento sono i buoni scuola così come introdotti in Italia. Non inducono spostamenti significativi di studenti da un tipo di scuola all’altro. Non risolvono i problemi finanziari delle famiglie povere, né sono un incentivo per gli alunni a migliorare la loro performance. Non c’è nessuna valutazione della qualità delle proposte. Sono un trasferimento finanziario alle scuole private, mascherato da finanziamento alle famiglie per aggirare il divieto costituzionale.
Così come concepiti in Liguria, ma anche in altre Regioni italiane, gli assegni di studio non rispondono ad alcuna delle argomentazioni teoriche generalmente accettate dalla letteratura economica. La loro funzione di promozione del diritto allo studio e della libertà di scelta delle famiglie è infatti ostacolata da alcune caratteristiche. Come il fatto che si tratti di un rimborso spese e di importo ridotto perché il limite di reddito per presentare la domanda è alto. E infatti i dati dimostrano che non hanno influenzato la dinamica del numero di iscritti alle scuole private.
L’importanza dell’indagine è fuori discussione. La questione vera è nel modo in cui vi si partecipa. La si può utilizzare per riflettere seriamente sulle caratteristiche del sistema scolastico italiano. Può essere lo spunto per far crescere nelle scuole competenze valutative specifiche e per costruire intorno a essa una rete di competenze di ricerca articolata a livello nazionale e locale. Sicuramente sbagliato è cercare di nascondere i problemi, magari utilizzando qualche “trucco” per migliorare i risultati degli studenti italiani nella prossima edizione.
Cambia la visione delle politiche sociali: non necessariamente un “onere” per il sistema economico, ma un ausilio essenziale all’esigenza di conciliare crescita economica e sviluppo sociale. A patto di privilegiare i problemi dell’infanzia e il sostegno ai genitori per coniugare responsabilità famigliari e professionali. Varare misure che facilitino il passaggio dall’assistenza al lavoro. Legare la sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici a maggiori opportunità di lavoro e partecipazione sociale per gli anziani. Soprattutto in Italia.
La Cina ha conosciuto negli ultimi vent’anni una crescita dirompente, che ha portato il paese asiatico a superare i suoi problemi di povertà e a integrarsi sempre più nell’economia mondiale. E’ un successo che influenza tutto il mondo, ma che dà luogo anche a diffuse preoccupazioni, per lo più ingiustificate. Molti paesi infatti possono beneficiare dello sviluppo cinese, a patto che sappiano far tesoro di un insegnamento: le economie devono rimanere flessibili e pronte a garantire efficaci reti di protezione sociale ai perdenti.
Il dibattito sui dazi contro le importazioni di prodotti cinesi mostra che in Italia c’è scarsa conoscenza delle norme sul commercio internazionale. Per esempio, non a tutti è chiaro che la competenza legislativa sulla politica commerciale non spetta ai singoli paesi, ma alla Comunità europea. Che a sua volta deve rispettare gli accordi Wto. Anche per questo si fa fatica a capire che tutte le strategie commerciali devono confrontarsi con un sistema internazionale improntato su regole precise e condivise da gran parte degli Stati della comunità internazionale.
L’Unione europea è uno dei principali produttori ed esportatori mondiali di prodotti tessili e dellÂ’abbigliamento. Preoccupa perciò l’aumento delle importazioni dalla Cina. Nel lungo periodo la liberalizzazione del commercio aumenterà il benessere mondiale, ma resta il problema di come governare la transizione. Negli Stati Uniti, una clausola speciale permette di sussidiare le aziende in crisi a causa dell’improvviso aumento della concorrenza internazionale. L’Europa potrebbe studiare una misura di sostegno simile, fruibile anche dalle piccole imprese.
L’attuale meccanismo decisionale sulle procedure di deficit eccessivo contiene un conflitto di interessi che va a vantaggio dei paesi più potenti e che è destinato ad accentuarsi con questa riforma, che contiene criteri ampi e flessibili. La disparità di trattamento, infatti, si aggrava quando la soglia di maggioranza si abbassa e i voti sono distribuiti in modo meno uniforme. Probabilmente lo scenario sarebbe diverso se nelle decisioni i paesi avessero lo stesso peso, o se la Commissione avesse più voce. I rischi di ambiguità nella nuova versione del Patto sarebbero minori.