Così come concepiti in Liguria, ma anche in altre Regioni italiane, gli assegni di studio non rispondono ad alcuna delle argomentazioni teoriche generalmente accettate dalla letteratura economica. La loro funzione di promozione del diritto allo studio e della libertà di scelta delle famiglie è infatti ostacolata da alcune caratteristiche. Come il fatto che si tratti di un rimborso spese e di importo ridotto perché il limite di reddito per presentare la domanda è alto. E infatti i dati dimostrano che non hanno influenzato la dinamica del numero di iscritti alle scuole private.

L’esperienza dei buoni scuola in Liguria, introdotti con la legge regionale 14/2002, permette di effettuare una analisi della corrispondenza tra funzioni economiche degli assegni di studio e loro attuazione pratica.

La legge ligure

Vediamo in primo luogo le principali caratteristiche del “modello ligure”.  Gli assegni di studio vengono attribuiti alcuni mesi dopo l’effettuazione dell’iscrizione. In altri termini, hanno le caratteristiche di un rimborso e non di un vero “voucher”. L’ammontare del buono deve essere compreso fra 250 e 750 euro (per il primo anno di attuazione tali limiti erano 150 e 1.000 euro). Inoltre il buono non può superare il 50 per cento delle spese di iscrizione.
Possono presentare domanda i nuclei familiari con reddito imponibile complessivo non superiore a 40mila euro (tale soglia è elevata di 10mila euro per ogni figlio a carico oltre il primo). Inoltre l’ammontare medio del buono per l’anno scolastico 2001-02 risulta essere pari a circa 645 euro (a fronte di ben 2.636 beneficiari, vale a dire più del 20 per cento degli iscritti a scuole private in tutta la Regione Liguria).

Perché non è efficace

Il buono scuola è stato introdotto come strumento per promuovere la “libertà di scelta delle famiglie”. La sua efficacia nel perseguire questo obiettivo può essere giudicata sulla base dell’osservazione di flussi di iscritti da istituti pubblici verso istituti privati. In particolare, ci si attende che vi sia un incremento negli iscritti a istituti privati (controllando per le dinamiche demografiche). L’evidenza empirica riportata in tabella mostra chiaramente che ciò non si riscontra nei dati: la dinamica del numero di iscritti alle scuole private non appare essere sostanzialmente influenzata dall’introduzione del buono scuola. (1)
L’incapacità del buono scuola di produrre gli effetti attesi è a nostro avviso attribuibile principalmente al suo cattivo “design”. Il fatto che il buono sia un rimborso spese “ex-post” lo rende non idoneo a “promuovere la libertà di scelta delle famiglie”: è evidente che se una famiglia è soggetta a vincoli di liquidità, un assegno di studio che agisce come un rimborso spese ex post non riuscirà in alcun modo a renderli meno stringenti. L’assegno di studio dovrebbe essere corrisposto alle famiglie al momento stesso del pagamento delle rette o della prima rata, e non ad anno scolastico concluso.
ammontare del buono può essere un’altra causa della sua scarsa efficacia: famiglie a basso reddito non possono comunque permettersi di pagare l’iscrizione a un istituto privato. D’altra parte, l’ammontare del buono è ridotto perché il limite di reddito per presentare domanda è elevato.
In base a una nostra elaborazione su dati della Banca d’Italia, il reddito familiare medio lordo in Liguria risulta essere pari a circa 40mila euro, ipotizzando una aliquota media Irpef del 30 per cento. La soglia superiore di reddito fissata dalla Regione Liguria è dunque, a nostro parere, troppo elevata.  Infine, resta da menzionare un’altra caratteristica che rende il “design” dell’assegno di studio molto discutibile. Quando si presenta la domanda, non solo non si ha la certezza di ottenere l’assegno, ma non se ne conosce neppure l’ammontare esatto. Ci si attende che famiglie con redditi più bassi saranno meno propense a presentare domanda per ottenere l’assegno, a causa della loro più elevata avversione al rischio.

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Lontano dalla teoria economica

L’analisi svolta mostra che l’assegno di studio così come è stato concepito e messo in pratica nella Regione Liguria non risponde ad alcuna delle argomentazioni teoriche generalmente accettate dalla letteratura economica. Da un rapido esame dei provvedimenti analoghi adottati da altre Regioni italiane emergono affinità, ma anche differenze con la legge ligure. In taluni casi, ad esempio in Piemonte e Lombardia, è stato esplicitamente previsto che le risorse stanziate siano da attribuirsi prioritariamente alle fasce reddituali più basse e che il rimborso possa giungere anche a un massimo del 75 per cento delle spese sostenute. La legge della Regione Veneto sembra più simile a quella ligure. Tutte le leggi prevedono comunque che il buono scuola si configuri come un rimborso spese ex-post, esponendolo alle critiche che abbiamo già evidenziato. Nella teoria economica esistono serie perplessità sull’efficacia dello “strumento” buono scuola. Quando però si decide di utilizzarlo, si dovrebbe cercare di massimizzare la sua efficacia nel favorire la libertà di scelta delle famiglie. L’esperienza italiana sembra mostrare che il design adottato per implementare i buoni scuola risponde a esigenze di creazione di consenso elettorale, attraverso un trasferimento di fondi a determinate categorie di elettori, e non alle funzioni di promozione del diritto allo studio e della libertà di scelta delle famiglie.

 

 

lig2001

lig2002

lig2003

lig2004

Non statali

Elem.

10.70%

10.33%

9.83%

10.09%

Media

6.13%

6.14%

6.10%

6.07%

Sup

8.58%

8.41%

7.76%

7.68%

Statali

Elem.

89.30%

89.67%

90.17%

89.91%

Media

93.87%

93.86%

93.90%

93.93%

Sup.

91.42%

91.59%

92.24%

92.32%

Fonte: nostra elaborazione su dati Ufficio scolastico regionale Liguria

(1) Il buono è stato introdotto nel marzo 2002, per le iscrizioni all’anno scolastico 2001-2002. Tuttavia l’erogazione dei buoni è avvenuta all’inizio dell’anno scolastico 2002-2003. La nostra tabella mostra quindi i due anni precedenti e seguenti l’introduzione del buono. Inoltre l’iscrizione all’anno scolastico 2001-2002 è avvenuta prima della presentazione della legge.

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