L’abusivismo edilizio è un fenomeno costante nel nostro paese. E non potrebbe raggiungere dimensioni così importanti senza una connessione con l’edilizia legale. Quando questa è in crisi, le opportunità di lavoro si trovano nell’attività illegale, soprattutto nel Mezzogiorno. In calo negli ultimi anni, riprende ora in vista di quel prezioso incentivo che è il condono. LÂ’abusivismo è dunque parte integrante dellÂ’economia sommersa.
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Il vice-Presidente Gianfranco Fini propone di dare diritto di voto alle elezioni amministrative agli immigrati. Riproponiamo un intervento di Giancarlo Perasso sul principio secondo cui chi paga le tasse deve avere diritto di voto. Si noti che ciò implica che gli italiani all’estero non dovrebbero avere diritto di voto.
L’aumento della produzione e dei consumi di merci comporta la diminuzione delle risorse naturali disponibili e della loro qualità , a livello planetario e locale. Nonostante i dati statistici incerti, esiste una correlazione tra attività umane, modificazioni della composizione chimica dell’atmosfera e aumento della temperatura terrestre. Se non ripensiamo un intero modello di sviluppo economico, le calamità naturali e i loro costi sono destinati ad aumentare.
Se il Protocollo di Kyoto verrà ratificato, i paesi industrializzati dovranno avviare riduzioni delle emissioni di gas serra con costi ingenti. D’altra parte, i mutamenti di clima, tra piogge intense, inondazioni e ondate di caldo, hanno un impatto economico e sociale forse ancora più alto. La definizione delle politiche ambientali globali o locali non può perciò prescindere dalla valutazione economica di eventuali vantaggi e svantaggi dell’adozione di interventi di mitigazione delle emissioni o adattamento ai cambiamenti climatici.
La riduzione di gas serra prodotti nei paesi che aderiscono al Protocollo di Kyoto potrebbe essere indebolita dall’aumento di emissioni in quelli che non hanno firmato l’accordo. Perché il calo della domanda e quindi dei prezzi dei combustibili fossili ne renderebbe più conveniente l’uso nelle nazioni fuori dal Protocollo. Il parametro fondamentale che determina questi effetti è l’elasticità di prezzo dell’offerta di carbone e petrolio. Sfortunatamente, esistono pochi studi in proposito.
La convinzione che sia in atto un riscaldamento terrestre da imputare alle attività umane si basa sui dati dell’Ipcc. Che sono però controversi e criticati da una parte della comunità scientifica. Intanto, l’Italia si appresta a ospitare la massima assise internazionale sui mutamenti del clima. Un’occasione propizia per chiedere un cambiamento nelle politiche ambientali:ai costosi interventi per la riduzione delle emissioni di gas serra si dovrebbe affiancare una maggiore attenzione per il risparmio energetico e il rafforzamento delle energie alternative.
Il ministro Tremonti ha riproposto all’Ecofin di introdurre l’Euro di carta come misura per contrastare l’inflazione in Italia. Ma la BCE è perplessa. A ragione. Sull’argomento riproponiamo un contributo di Luigi Guiso di più di un anno fa, quando l’idea dell’euro di carta fu lanciata.
L’andamento economico dell’area euro continua a deludere. La possibilità di una recessione tecnica nel 2003 si assesta al 40%, con una crescita del GDP stimata al 0.5% per il 2003 e del 1.5% nel 2004. La ripresa economica sarà molto più graduale rispetto a quella conosciuta negli anni Novanta,essendo guidata soprattutto dalla domanda interna, mentre il livello degli investimenti e l’accumulazione di capitale restano contenuti. Segnali positivi giungono dalle previsioni dell’inflazione, che evidenziano una possibilità molto bassa di deflazione.
La teoria economica si basa sul principio di razionalità degli agenti economici, che può essere applicato anche al modo in cui i consumatori e i lavoratori prefigurano il loro futuro: nel decidere comportamenti e scelte attuali formulano “aspettative razionali” su di esso. In particolare, i cittadini sono in grado di prevedere, senza commettere errori sistematici, gli effetti futuri delle riforme che vengono attuate. Di conseguenza, i lavoratori possono avere delle reazioni oggi in risposta a tali previsioni sul loro futuro, e in alcuni casi modificare o addirittura vanificare, l’efficacia delle riforme.
Riforme e aspettative
Le riforme del sistema previdenziale sono fra quelle che sicuramente inducono i cittadini italiani a non essere miopi. Infatti, tali riforme mirano a intervenire su equilibri di lungo periodo che riguardano il loro futuro e quello dei loro figli. I processi riformatori dei sistemi pensionistici europei attuati a partire dagli anni Ottanta sono stati tutti rivolti a un contenimento della spesa pensionistica, è quindi razionale attendersi che ogni nuovo intervento riduca la generosità del sistema piuttosto che aumentarla. I processi decisionali che portano alla loro formulazione finale non passano mai inosservati, ma, anzi, riempiono le prime pagine dei giornali e, spesso, le piazze.
Il rischio di riforme volte al contenimento della spesa pensionistica è quindi quello di ingenerare fughe verso il pensionamento. L’annuncio dell’intenzione di intervenire sul sistema previdenziale, e il dibattito conseguente, può essere un elemento sufficiente a spingere migliaia di lavoratori ad abbandonare il posto di lavoro, indipendentemente dai contenuti della riforma stessa.
Ma i cittadini razionali dovrebbero anche conoscere i contenuti della riforma: i lavoratori più accorti, che sono in grado di interpretare le nuove regole di quiescenza e abbiano calcolato un vantaggio a restare sul posto di lavoro, dovrebbero invece rimanere nel mercato del lavoro.
Ma le aspettative si formano sulla storia passata: potrebbero anch’essi temere nuovi cambiamenti in futuro.
Cosa dicono i dati
Il grafico, risultato di elaborazioni Frdb e Cerp su dati Laboratorio R. Revelli.- Inps, ci permette di seguire l’andamento nel corso degli anni del numero di lavoratori (di età compresa tra i 45 e i 67 anni) che hanno scelto di andare in pensione. Sull’asse verticale troviamo il numero di nuovi pensionati, su quello orizzontale gli anni dal 1985 al 1998, mentre le righe verticali indicano le tre riforme attuate finora, Amato (dicembre 1992), Dini (agosto1995) e Prodi (dicembre 1997).
Emerge in maniera evidente l’estrema variabilità dei valori da un anno all’altro. Un altro dato importante è l’aumento del numero medio di pensionamenti prima e dopo il 1992 – anno in cui si è avviato il processo riformatore tuttora in corso – con un passaggio da circa 150mila pensionati all’anno a oltre 230mila (linee tratteggiate).
L’effetto annuncio può essere riconosciuto nei tre picchi che contraddistinguono il grafico: nell’anno della riforma, o in quello immediatamente precedente, il numero di lavoratori che hanno optato per il pensionamento ha superato abbondantemente il numero di 250mila, raggiungendo un picco assoluto nel 1992, con quasi 350mila.
Una raccolta di interventi precedenti sulla riforma previdenziale elaborata dal Governo. Come cambieranno le pensioni degli italiani? Gli interrogativi lasciati aperti dalle stime della Ragioneria Generale dello Stato sugli effetti della riforma. E il rischio di fughe di anzianità scatenate dal cosiddetto “effetto di annuncio”: facile profezia, dato che nel 2003 le domande di prestazioni di anzianità sono aumentate del 20%.