La Bce in questo momento accoglie una gran quantità di depositi dalle banche della cosiddetta “grande Germania” che poi utilizza per fare prestiti alle banche dell’Europa meridionale. È una situazione insostenibile e destinata a peggiorare. È necessario creare meccanismi che incentivino le banche del Nord Europa a prestare direttamente ai paesi periferici dell’area euro. Una soluzione potrebbe essere quella di rendere negativi i tassi di deposito presso la Banca centrale.
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Vi sono alcune inesattezze nell’articolo “Giovani disoccupati italiani tra mito e realtà”.
I giovani italiani restano a casa dei genitori più a lungo dei propri coetanei stranieri. In molti mettono in evidenza le spiegazioni antropologiche di questo fenomeno, dando la colpa ai figli “bamboccioni” o ai genitori “iper-protettivi”, ma non si tratta solo di un problema culturale. Pesano le carenze del nostro welfare, incapace di sostenere i giovani in un momento di forte incertezza. E numerose indagini mostrano che sono sempre più i giovani che auspicano di essere autonomi, ma che hanno problemi a trovare un lavoro o una casa.
Una delle cause principali della crisi nell’Eurozona è la differenza di reddito e produttività fra i paesi, con il ritardo di quelli più periferici. L’evidenza empirica suggerisce che le riforme strutturali sono un ottimo strumento per aiutare lo sviluppo delle regioni più arretrate di un paese. Dunque potrebbero essere utili anche nell’accelerare la convergenza all’interno di un’unione monetaria. E potrebbe essere tanto più vero per quei paesi europei dove si riscontrano le maggiori diseguaglianze interregionali.
Quali sono gli effetti della crisi sull’innovazione, un fattore chiave per uscire dalle difficoltà attuali? Un’analisi condotta a un anno dal crack Lehman Brothers mostra come l’attività di ricerca sia influenzata dalla congiuntura negativa. Tuttavia, gli investimenti non crollano e ciò suggerisce la presenza di una componente strutturale che caratterizza l’attività innovativa delle aziende e che dipende da loro caratteristiche specifiche. La dimensione dell’impresa non è rilevante, contano invece le dinamiche di crescita. E l’Italia fa meglio di altri.
Finora i programmi di ricerca e innovazione europei hanno di fatto escluso dalla partecipazione le piccole e medie aziende e in particolare le giovani imprese ad alta tecnologia. Ora l’Unione Europea introdurrà un meccanismo di incentivo per le Pmi molto simile al programma Small Business Innovation Research statunitense. I concetti chiave dovrebbero essere la forte competizione per l’ottenimento delle risorse, il finanziamento per fasi e la trasparenza. La mancanza di un committente pubblico europeo potrebbe però pregiudicare il successo dell’iniziativa.
La sanità è sicuramente uno dei settori su cui si concentrano le maggiori aspettative di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica previsti dal decreto sulla spending review. La manovra impone necessariamente a tutte le Regioni, anche a quelle considerate virtuose, di intraprendere un percorso graduale di riorganizzazione dei propri servizi sanitari, in modo da rafforzarne l’efficienza e l’efficacia. Sono molti gli ambiti sui quali agire, pur nel rispetto degli obiettivi di tutela della salute che sono alla base del nostro Servizio sanitario nazionale.
Nel luglio 2002 il Parlamento approvava la legge Bossi-Fini. Dieci anni dopo, insieme al più recente “pacchetto sicurezza” lascia un’eredità pesante. Il suo obiettivo non era quello di frenare gli ingressi, bensì di ridurre la permanenza sul territorio dei lavoratori immigrati. Tanto che oggi è previsto un sistema di crediti e debiti che può portare anche alla revoca del permesso di soggiorno. L’esatto contrario di quanto suggerito dall’Unione Europea: politiche di integrazione per chi è già all’interno di un paese, con flussi di ingresso più contenuti.
La Confindustria e il governo hanno idee molto diverse sulla crescita 2012. I dati sulla produzione industriale indicano che l’associazione degli imprenditori è troppo pessimista e che l’esecutivo è troppo ottimista. Ad oggi, una stima di -2 per cento per il 2012, indicata dalla Banca d’Italia, è la più coerente con le informazioni disponibili. L’aumento del deficit 2012 potrebbe essere così di pochi decimi di punto percentuale. E probabilmente non sarebbe necessaria una manovra aggiuntiva.
Con il decreto sulla spending review il governo ha deciso di accorpare le province e sottrarre loro la gran parte delle funzioni e competenze, che passerebbero ai comuni. Meglio sarebbe invece che fossero attribuite alle Regioni. Perché ciò risponde alla logica dell’adeguatezza rispetto alla dimensione territoriale e renderebbe più semplice il trasferimento delle risorse finanziarie. Permetterebbe anche una più razionale revisione dei confini, aprendo la strada alla riforma costituzionale per la definitiva abolizione delle province.