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PAREGGIO IN COSTITUZIONE? “VASTE PROGRAMME…”

Una nuova regola costituzionale che preveda l’obbligo del bilancio in pareggio segnalerebbe ai mercati la ferma volontà di raggiungere e di mantenere la disciplina fiscale ben più di quanto è possibile fare con provvedimenti del governo pro tempore. Non mancano, però, controindicazioni. A cominciare dal fatto la tenuta di una regola riferita alla spesa totale prefigura un incubo procedurale.

PAREGGIO DI BILANCIO: È MEGLIO FARLO SUL CAMPO

C’è solo un modo con cui il nostro Governo può acquistare credibilità rispetto a chi ritiene alto il rischio di un ripudio del nostro debito pubblico: mostrandosi capace di contenere le spese e di raggiungere un bilancio in pareggio fin dal 2012. Non è introducendo nella Costituzione l’obbligo del bilancio in pareggio che si esce dalla crisi.

SE NEMMENO IL GOVERNO CI CREDE

Per cambiare le aspettative dei mercati servono due cose: mettere i conti in sicurezza e fare ripartire la crescita. Sul secondo punto il Governo sconta l’aver negato il problema fino a pochi giorni fa. Manca una strategia organica e i provvedimenti annunciati ne sono una dimostrazione. Sbagliato anche puntare tutto sulla concertazione.   

UNA RICETTA PER L’EUROPA: IL QUANTITATIVE EASING

Per affrontare la crisi del debito sovrano in Europa, la Bce dovrebbe adottare un programma di “Quantitative easing”, simile a quello compiuto in due fasi dalla Fed durante la crisi finanziaria, ma – diversamente da quello – incentrato solo sullÂ’acquisto dei titoli di stato. Il programma dovrebbe essere pre-annunciato, ampio, e non rivolto selettivamente a un solo paese dellÂ’Unione monetaria europea.

IL RISCHIO DELLA CRISI DI LIQUIDITÀ

Il mercato monetario dell’area euro mostra oggi i sintomi di una crisi di liquidità, come quella che ebbe inizio nell’agosto 2007. Questa volta però le banche italiane sono molto più esposte alla bufera, perché i titoli pubblici italiani hanno preso il posto dei famosi asset tossici che causarono la crisi di allora. Se questi primi sintomi dovessero aggravarsi, la stabilità del nostro sistema bancario poggerebbe sullÂ’assistenza della Bce.

A CIASCUNO LA SUA RETE

Il dibattito sullo sviluppo delle reti di telecomunicazione è complicato da una scarsa conoscenza del settore. Così spesso non si comprende il ruolo che le diverse tecnologie disponibili possono giocare in un moderno sistema di telecomunicazioni. Il rischio è quello di bloccare investimenti vitali per il paese. Oppure di indirizzarli su scelte strategiche sbagliate o comunque non in grado di rispondere adeguatamente alle esigenze dei cittadini, delle imprese e della società nel suo complesso.

SONO SOLDI BEN SPESI?

Sono ben spesi i finanziamenti alle imprese per ricerca e sviluppo? I fondi per gli ammortizzatori sociali? Per la sperimentazione didattica? Il libro, di cui pubblichiamo brevi estratti dal primo e quarto capitolo (edito da Marsilio, 184 pagine, 16 euro), illustra le potenzialità della valutazione degli effetti di politiche basata sullÂ’analisi “controfattuale”. Ne presenta gli utilizzi negli Usa, in Germania e Francia. Discute lo stato della valutazione in Italia e della sua arretratezza.

ITALIA SENZA ENERGIA *

I risultati del referendum sul ritorno al nucleare hanno sancito ancora una volta che gli italiani sono contrari all’atomo. Ma i dati dell’Osservatorio Nimby Forum mostrano che esiste anche una larga fetta della popolazione, ben organizzata in comitati locali, che sembra opporsi a qualunque tipo di energia, compresa quella che utilizza fonti rinnovabili. Sono cittadini che probabilmente auspicano un tipo di sviluppo economico diverso, meno basato sul consumo di territorio e di energia. Di sicuro, però, mancano nel nostro paese una cultura e una programmazione energetica.

L’IMPENNATA DELLO SPREAD

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ACQUA SUL DOPO-REFERENDUM

Sono passati quasi due mesi dalla sonante vittoria dei referendum contro quella che gli italiani hanno creduto essere la privatizzazione dell’acqua. Cosa i referendari non vogliono è chiaro, manca però una proposta concreta che permetta di misurare la fattibilità del modello di gestione alternativo. Manca perché il passaggio dalla narrazione ai fatti non è per niente semplice. Come dimostra l’emblematica vicenda dell’Acquedotto pugliese. Che continuerà ad applicare in tariffa la quota di remunerazione del capitale investito.

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