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ACQUA SUL DOPO-REFERENDUM

Sono passati quasi due mesi dalla sonante vittoria dei referendum contro quella che gli italiani hanno creduto essere la privatizzazione dell’acqua. Cosa i referendari non vogliono è chiaro, manca però una proposta concreta che permetta di misurare la fattibilità del modello di gestione alternativo. Manca perché il passaggio dalla narrazione ai fatti non è per niente semplice. Come dimostra l’emblematica vicenda dell’Acquedotto pugliese. Che continuerà ad applicare in tariffa la quota di remunerazione del capitale investito.

SONO SOLDI BEN SPESI?

Sono ben spesi i finanziamenti alle imprese per ricerca e sviluppo? I fondi per gli ammortizzatori sociali? Per la sperimentazione didattica? Il libro, di cui pubblichiamo brevi estratti dal primo e quarto capitolo (edito da Marsilio, 184 pagine, 16 euro), illustra le potenzialità della valutazione degli effetti di politiche basata sullÂ’analisi “controfattuale”. Ne presenta gli utilizzi negli Usa, in Germania e Francia. Discute lo stato della valutazione in Italia e della sua arretratezza.

L’IMPENNATA DELLO SPREAD

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ITALIA SENZA ENERGIA *

I risultati del referendum sul ritorno al nucleare hanno sancito ancora una volta che gli italiani sono contrari all’atomo. Ma i dati dell’Osservatorio Nimby Forum mostrano che esiste anche una larga fetta della popolazione, ben organizzata in comitati locali, che sembra opporsi a qualunque tipo di energia, compresa quella che utilizza fonti rinnovabili. Sono cittadini che probabilmente auspicano un tipo di sviluppo economico diverso, meno basato sul consumo di territorio e di energia. Di sicuro, però, mancano nel nostro paese una cultura e una programmazione energetica.

A CIASCUNO LA SUA RETE

Il dibattito sullo sviluppo delle reti di telecomunicazione è complicato da una scarsa conoscenza del settore. Così spesso non si comprende il ruolo che le diverse tecnologie disponibili possono giocare in un moderno sistema di telecomunicazioni. Il rischio è quello di bloccare investimenti vitali per il paese. Oppure di indirizzarli su scelte strategiche sbagliate o comunque non in grado di rispondere adeguatamente alle esigenze dei cittadini, delle imprese e della società nel suo complesso.

L’ARITMETICA DELLO SPREAD E DEL DEBITO A VALANGA

Lo spread tra Btp e Bund è alle stelle anche perché i mercati temono l’effetto valanga, ossia l’aumento della spesa per interessi e del debito causato dell’aumento dei tassi. L’effetto valanga non è inevitabile, però, e potrà essere bilanciato dal buon andamento del deficit 2011. Se lo spread dovesse rimanere alto anche in futuro, il sentiero del rigore fiscale necessario a rassicurare i mercati diventerà più stretto nel corso del tempo. Meglio agire prima di allora, anticipando al 2012 i tagli di spesa previsti dalla manovra per il 2013-14.

LO SPETTO DEL 1992: RISPOSTA AI COMMENTI E ALCUNE PRECISAZIONI

Il crescente indebitamento estero dell’Italia è un fenomeno preoccupante ma noto, anche perché va avanti da tempo: il saldo delle partite correnti è in caduta libera dal 1997, quello commerciale dal 1996 (Fig. 1). Volevo sottolineare un fenomeno secondo me più preoccupante, ma meno noto: negli ultimi quattro anni una parte consistente della crescita dell’indebitamento è dovuta all’aumento del carico di interessi sul debito estero netto (saldo redditi da capitale di bilancia dei pagamenti), un debito contratto non solo dallo Stato, ma anche e soprattutto dal settore privato. Una situazione simile si era verificata solo prima della crisi del 1992.

PUBBLICO E PRIVATO

Nell’intervento evitavo rigorosamente di “buttarla in politica”, per un motivo molto semplice: alle radici del problema mi pare si trovi l’unica decisione politica sulla quale sinistra e destra sono graniticamente d’accordo. Ritengo cioè sensata l’osservazione di Fabiani sull’insostenibilità della moneta unica per l’Italia. La Fig. 1 è eloquente. Fabiani ricorda anche che c’è chi sta peggio di noi. Mi pare però più utile riflettere sul fatto che paesi come l’Irlanda, la Spagna e il Portogallo in termini di debito pubblico stavano molto meglio di noi. L’importanza del debito privato non può più essere sottovalutata, e appare chiaro che Maastricht sopravvalutava quella del debito pubblico.

PIOVE, GOVERNO LADRO!

In questo senso, confesso di non capire l’intervento di Umberto: gli inviti all’ottimismo li ricordo bene, ma il deficit spending al quale invitavano era quello privato (“l’economia gira con te”), non quello pubblico “à la Craxi”. In Italia i conti pubblici hanno tenuto: dal 2008 al 2010 il debito pubblico italiano è aumentato di 13 punti in rapporto al Pil, quello tedesco di 14. E siccome nel triennio la crescita è stata di -5.2 in Italia e di -0.5 in Germania, i numeri dicono che la politica fiscale italiana è stata certamente più restrittiva di quella dei primi della classe.

BOLLETTA ENERGETICA

Trovo poco fondate le osservazioni di Fox. Intanto, la scelta del periodo di riferimento non va a favore della tesi sostenuta, perché dal 2006 a oggi l’“effetto energia” è stato trascurabile: lÂ’indebitamento è aumentato di 2.3 punti di Pil, i pagamenti per interessi di 1.2 (spiegano cioè circa la metà dellÂ’aumento), ma la bolletta energetica solo di 0.2 (Fig. 1). La stessa situazione, del resto, si era prodotta prima della crisi del 1992: nel quinquennio 1988-92 lÂ’indebitamento era aumentato di 1.7 punti, di cui 0.9 dovuti agli interessi sul debito estero, e… zero alla bolletta energetica! Per inciso, notate che la svalutazione del 1992 ebbe un impatto nullo sulla bolletta energetica. Comunque, se anche la bolletta energetica fosse il problema, il nucleare non sarebbe la soluzione. La Fig. 2 riporta sullÂ’asse orizzontale la percentuale di energia elettrica prodotta da impianti nucleari (1), e su quello verticale il rapporto al Pil della bolletta energetica (saldo fra esportazioni e importazioni di prodotti energetici, media 1999-2007) (2). La percentuale di nucleare è massima in Francia, dove il nucleare assicura il 74% della produzione, e minima (0%) nei paesi privi di impianti attivi. Se lÂ’argomento di Fox fosse corretto, dovremmo aspettarci una bolletta pesantemente negativa in questi ultimi, e meno pesante, o addirittura positiva, in Francia. I dati invece non svelano alcuna relazione di questo tipo: le due variabili sono totalmente incorrelate (per gli statistici: lÂ’R2 della regressione è 0.001). Osservate che lÂ’unico paese non “in rosso” è il Regno Unito (estrae petrolio), che lÂ’Italia ha la bolletta meno salata fra quelle dei paesi privi di impianti nucleari, e meno salata anche di quella francese, nonostante la Francia abbia 58 impianti attivi e ci venda energia. Evidentemente il problema è più complesso, e altrettanto evidentemente i mercati sono preoccupati da altro.

(1) Power Reactor Information System (PRIS), http://www.iaea.org/programmes/a2/.
(2)
Database CHELEM, vers. 11.0 (2009).

UNA BOMBA SUL FEDERALISMO FISCALE

Il percorso di attuazione del federalismo fiscale sbatte contro il muro del centralismo, vale a dire dei modi in cui è stata decisa la manovra di aggiustamento dei conti pubblici varata dal Governo. Nessun coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali. E, invece, un’imposizione di tagli di spesa che costringe le autonomie a una stretta finanziaria molto penosa.

LA DISCONTINUITÀ PUÒ ATTENDERE

Nel giorno dell’appello di industriali, sindacati e banche a favore di un segnale di discontinuità nella politica economica italiana è passata in secondo piano un’altra notizia. Ieri il consiglio di amministrazione della Cassa depositi e prestiti ha approvato la creazione della Società per le partecipazioni “strategiche”. Sarà una spa con un capitale di 1 miliardo di euro con l’obiettivo di investire in quote di minoranza di imprese operanti in settori “di rilevante interesse nazionale”, quali la difesa, la sicurezza, l’energia, ecc. L’obiettivo è creare valore attraverso una maggiore efficienza e l’aumento di competitività. La Cassa depositi e prestiti specifica che “i requisiti fondamentali delle imprese target sono una situazione di equilibrio economico-finanziario, adeguate prospettive di redditività e significative prospettive di sviluppo”. Resta solo un dubbio: ma se una società ha i conti in ordine adesso e ha ragionevoli prospettive di crescita e di reddito, perché non dovrebbe riuscire a trovare capitali sul mercato? Perché gli investitori privati non dovrebbero finanziare tali imprese? Qual è il fallimento del mercato che sta operando? In che modo questa società riuscirà ad aumentare l’efficienza delle partecipate e la loro competitività? Nulla di questo si evince dal comunicato della Cdp. Tenendo conto che nell’aprile scorso si pensava di usare questo fondo per “salvare” Parmalat dall’Opa di Lactalis, c’è da pensare che questo sarà l’ennesimo strumento per buttare soldi pubblici in operazioni dissennate dal punto di vista economico e selezionate solo in base a criteri politici. Insomma, un’altra delle tante operazioni che hanno caratterizzato la politica economica nella prima e nella seconda Repubblica. Dopo questa fondamentale operazione, tutti in vacanza. La discontinuità può attendere.

ROCK’N’ROLL SUICIDES

La triste scomparsa di Amy Winehouse, una delle più belle voci della storia del rock, ci  pone di fronte ad un interrogativo: come spiegare le scelte autodistruttive di una giovane artista di così grande successo? Casi simili sono numerosi nella storia della musica e nelle arti. Ma il rifiuto di vivere tocca uomini e donne ordinari ovunque nel mondo. La teoria economica  cerca di spiegare i suicidi sulla base delle aspettative di reddito e dell’attaccamento alla vita, ma fallisce nel fornire una spiegazione convincente.

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