Pur adottate nel 2005 con un decreto legge, e quindi con caratteristiche di necessità e urgenza, le norme sui requisiti di sistema in campo aereo restano lettera morta. Manca infatti la direttiva interministeriale sui criteri attuativi. Eppure la materia non è poi così complessa né si può invocare la scappatoia del problema della catena regolatoria, che pure esiste. Il risultato è il congelamento della delibera del 2000 che invece iniziava a dare i suoi frutti. E quando finalmente arriverà la direttiva, non sarà comunque immediatamente applicabile.
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La reazione italiana al rapporto Ocse sulle pensioni ha sollevato un vespaio che ha tolto credibilità al nostro governo, rendendo ancora più difficile il negoziato in corso sulla riforma. Non si voleva far apparire il nostro sistema come troppo generoso. Ma se i “tecnici” del ministero della Solidarietà sociale avessero letto con cura le tabelle, avrebbero potuto notare che non lo è affatto. E magari anche che le stime dell’Ocse ipotizzano che vi sia nel frattempo una revisione dei coefficienti di trasformazione.
Se si considera che la manovra avrà scarso impatto sull’occupazione e che i costi per il bilancio saranno elevati, la defiscalizzazione degli straordinari sembra proprio una cattiva idea. E’ sbagliato decidere per legge l’orario di lavoro, meglio sarebbe lasciare libere le parti sociali di trovare un accordo, settore per settore. Però, il provvedimento contribuirà comunque a ridurre il costo del lavoro e ad aumentare le ore lavorate. Un bene per l’economia francese. Anche se per raggiungere gli stessi scopi esistono altri strumenti, meno distorsivi.
Merito indiscutibile del processo di riforma dei servizi di pubblica utilità , avviato a metà anni Novanta, è l’aver attribuito una dimensione imprenditoriale alla loro organizzazione. Proprio ciò che ora viene rimesso in discussione, in particolare per quanto riguarda il servizio idrico. Si diffonde infatti una prorompente voglia di municipalizzazione. Ma come possono asfittiche e anacronistiche aziende pubbliche, monopolizzate dalla politica, con microscopici bacini di utenza, raccogliere la sfida tecnologica e industriale di questi settori?
Dopo la vicenda Telecom si sono levate forti critiche all’attuale legislazione in materia di Opa e sono state avanzate numerose proposte. Se le prime sembrano non del tutto meritate, le seconde possono creare più problemi di quanti ne possano risolvere. In particolare, l’idea di consentire alla Consob di imporre discrezionalmente l’Opa obbligatoria ogni volta che si accerti il passaggio del controllo. Ma è il clima economico e politico generale, più che i dettagli tecnici della legge, a ingessare il mercato del controllo proprietario italiano.
L’edizione di quest’anno del Festival dell’Economia di Trento è stata dedicata alla memoria di Riccardo Faini. E proprio al Festival è stata presentata una raccolta di scritti dell’economista recentemente scomparso, curata da Gianni Toniolo con Nicola Rossi. Il volume raccoglie prevalentemente articoli apparsi su lavoce.info e Il Sole 24Ore, ed è da pochi giorni in libreria con il titolo “Il mondo in rosso e nero”, edizioni Il Sole 24Ore, 200 pagine, 19 euro. Riportiamo qui alcuni stralci del discorso di commemorazione.
La possibilità di mantenere un’attività lavorativa al di fuori del Parlamento ha due conseguenze. Da un lato, facilita l’ingresso alla Camera o al Senato di cittadini particolarmente affermati nel mercato privato che altrimenti non si sarebbero candidati. Un fatto auspicabile laddove la capacità dimostrata sul mercato sia in qualche maniera correlata con la capacità di risolvere i problemi del paese. Dall’altro, riduce il loro impegno nell’attività parlamentare, almeno in quella più strettamente legislativa.
Il declino economico dell’Europa rispetto agli Stati Uniti si basa sull’osservazione che a partire dai primi anni Novanta il divario tra i rispettivi Pil pro capite ha ripreso ad allargarsi. Ma questo dato non è una misura adeguata del successo economico di un paese perché trascura la produzione non per il mercato e gli investimenti immateriali. Tuttavia, anche se prendiamo in considerazione le due voci, la situazione non migliora. Anzi, il declino relativo dell’Europa potrebbe essere ancora più marcato di quanto appare dalle statistiche ufficiali.
Lotta al precariato
1. Il programma dellÂ’Unione si propone in primo luogo di combattere il lavoro precario favorendo il lavoro stabile a tempo indeterminato; e indica come passaggio legislativo cruciale per il conseguimento di questo obbiettivo il “superamento” della legge Biagi (Dlgs n. 276/2003), cui si imputa di avere invece favorito il lavoro precario. Su questo terreno, però, la prima misura efficace del governo è consistita in un giro di vite contro lÂ’abuso delle collaborazioni autonome “a progetto” nei call centre, dato mediante lÂ’emanazione della circolare del ministro del Lavoro n. 17/2006, che è essenzialmente fondata su di una applicazione rigorosa di quanto disposto su questa materia dalla stessa legge Biagi.
Non è il caso di riconoscere onestamente che quella legge non ha favorito e non favorisce affatto il lavoro precario e che il dualismo del nostro mercato del lavoro affonda le sue radici nell’assetto istituzionale che il mercato stesso è venuto assumendo molto prima della XIV legislatura, lungo l’arco dell’ultimo quarantennio?
2. La stabilizzazione ope legis di molte decine di migliaia di lavoratori precari nel settore pubblico, che si sta preparando in questi giorni, non accompagnata da alcuna misura volta a rimuovere le cause strutturali di quel dualismo – che nel settore statale è particolarmente marcato per la maggiore rigidità e amovibilità degli addetti – non rischia di rendere ancora più difficile l’accesso al lavoro stabile in questo settore per le generazioni future?
“Amministrazione pubblica di qualità ” e “rilancio dellÂ’impiego pubblico”
1. Sul piano della negoziazione collettiva delle condizioni di lavoro nel settore pubblico il primo anno del nuovo governo non è stato particolarmente brillante, né coerente con queste due enunciazioni contenute nel programma elettorale. Come intende il governo assicurare che una parte consistente dell’aumento di spesa preventivato per il rinnovo dei contratti degli statali sia destinato davvero a premiare l’efficienza e la produttività individuali e collettive?
2. Quali iniziative il governo intende adottare per favorire il radicamento della cultura della valutazione e della misurazione dell’efficienza e della produttività nelle amministrazioni pubbliche?
3. Uno dei mali peggiori delle nostre amministrazioni pubbliche consiste nell’obliterazione di fatto delle prerogative della dirigenza: in particolare, del potere di organizzazione e trasferimento del personale e del potere disciplinare (le sanzioni disciplinari sono ridotte a improbabili pene accessorie che scattano soltanto in seguito alle condanne penali). Non è il caso di restituire alle amministrazioni pubbliche la necessaria reattività , sul piano organizzativo ma anche su quello disciplinare, rispetto alle disfunzioni gravissime che vengono denunciate ormai quotidianamente?
3.1. Può considerarsi congruo con questo obbiettivo il riconoscimento del carattere necessariamente “consensuale” del trasferimento del dipendente pubblico, contenuto nel Memorandum firmato da governo e sindacati il 18 gennaio scorso?
3.2. – Può considerarsi congrua lÂ’unica iniziativa adottata dal governo in materia di ripristino della necessaria severità disciplinare nei confronti dei dipendenti, consistente nel ridurre da tre a due anni lÂ’entità della condanna penale del dipendente pubblico cui può conseguire il licenziamento disciplinare? È giusto che un impiegato pubblico conservi il posto anche se condannato (purché a meno di due anni) per reati contro lÂ’amministrazione pubblica?
Sistema delle relazioni sindacali
Nel programma dell’Unione si prevede che siano imprenditori e sindacati a decidere i contenuti della riforma della struttura della contrattazione collettiva e la corrispondente riforma della rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro. Senonché da ormai tre anni la trattativa fra le parti sociali su questo terreno è totalmente bloccata. Nel frattempo si è aggravata la crisi del sistema delle relazioni sindacali: è ormai normale che un contratto collettivo nazionale venga rinnovato con mesi o anni di ritardo rispetto alla scadenza, soprattutto (ma non solo) nel settore pubblico e nei vari comparti dei servizi pubblici, anche a causa dell’evidente sovraccarico di funzioni determinatosi sulla contrattazione di livello nazionale. Il governo è intenzionato a svolgere un ruolo propulsivo nei confronti delle parti sociali, come lo fece nel 1992 e nel 1993? Se sì, quali sono le linee essenziali della riforma che intende promuovere? Oppure il governo intende astenersi da qualsiasi iniziativa su questo terreno?
Lotta allÂ’evasione
Il programma di governo del centrosinistra, per la parte relativa al fisco, indicava come priorità “la lotta allÂ’evasione, allÂ’elusione e allÂ’erosione”. Coerentemente, è stato attuato, con il decreto di luglio 2006 e con la Finanziaria 2007, un ampio insieme di norme volte, ad esempio, ad ampliare le informazioni messe a disposizione dellÂ’amministrazione finanziaria, a rafforzare la potestà e lÂ’attività di controllo, di accertamento e di sanzione da parte dellÂ’Amministrazione finanziaria, a prevenire o contrastare specifiche attività finalizzate allÂ’evasione fiscale, soprattutto nel campo dellÂ’Iva, a potenziare gli studi di settore. Si tratta di norme tecnicamente complesse, la cui efficacia e proporzionalità , tenendo conto degli oneri di adempimento posti a carico dei contribuenti e di soggetti terzi, non sempre è stata adeguatamente valutata, tanto che in alcuni casi sono stati necessari aggiustamenti e correttivi. I risultati di queste azioni andranno attentamente monitorati.
Il cuneo fiscale per le aziende
L’ipotizzata riduzione del cuneo fiscale sul costo del lavoro è stata effettuata, per la componente a carico del datore di lavoro, operando sull’Irap e articolando la misura in modo coerente con gli obiettivi indicati dal programma: incoraggiare l’assunzione di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, favorire l’occupazione nelle zone depresse del paese, sostenere i livelli salariali delle fasce più deboli. L’esclusione di banche, assicurazioni e public utilities ha concentrato l’intervento sulle imprese maggiormente esposte alla concorrenza internazionale, ma ha aperto un contenzioso con la Commissione europea non ancora risolto.
Riforma Irpef
La volontà di ridurre anche la componente del cuneo a carico dei lavoratori ha portato a un intervento di riforma dell’Irpef, che ha interessato il disegno delle aliquote, la trasformazione delle deduzioni per carichi di famiglia e redditi di lavoro in detrazioni, e il ridisegno degli assegni familiari. Si è trattato di un intervento redistributivo, che ha modificato di poco il peso complessivo dell’Irpef, in aggregato.
Nonostante sia molto più numerosa la platea dei contribuenti avvantaggiati dalla riforma rispetto a quelli che pagheranno di più (stando ai dati delle dichiarazioni circa il 5 per cento, con redditi superiori ai 40mila euro), la riforma ha prodotto una diffusa insoddisfazione, che ne ha adombrato i lati positivi. Soprattutto, non ha risolto il problema degli incapienti (ossia di coloro che hanno redditi così bassi da non poter beneficiare delle detrazioni) e non ha aggredito, se non marginalmente, il nodo, sottolineato dal programma “della universalità del diritto a ricevere contributi alle responsabilità familiari, anche se in modo selettivo rispetto al reddito e alle condizioni economiche”. Gli assegni familiari continuano a essere riconosciuti ai soli lavoratori dipendenti, è ancora scarso il coordinamento fra detrazioni fiscali per carichi di famiglia e trasferimenti monetari alle famiglie, non è a regime unÂ’adeguata prova dei mezzi, con riferimento al nucleo familiare. Le questioni più importanti restano pertanto aperte.
Tassazione delle rendite finanziarie
Il programma del centrosinistra prevedeva la riforma della tassazione delle rendite finanziarie e la revisione del prelievo sul reddito di impresa, opportunamente coordinate fra di loro. Entrambi i terreni sono stati oggetto di studio di apposite commissioni ministeriali. La proposta di uniformare le aliquote della tassazione dei redditi finanziari a un livello intermedio fra le attuali aliquote del 12,5 e del 27 percento, promossa dal governo, ha però subito una battuta d’arresto in sede parlamentare, per divergenze anche all’interno della maggioranza, portando a una riformulazione del disegno di legge delega che si occupa ora di rendere il prelievo più omogeneo, sia pure senza, in prima istanza, intervenire sulle aliquote. Le proposte sulla tassazione del reddito di impresa sono al momento ancora in fase di elaborazione. Esse dovrebbero comunque basarsi su quanto è emerso dall’ampio lavoro di consultazione delle categorie interessate effettuato dalla commissione ministeriale, e che ha costituito una importante innovazione di metodo ai fini di impostare ipotesi di riforma.
Tassazione redditi immobiliari
Un altro terreno aperto è quello della tassazione dei redditi immobiliari.
Il programma prevedeva “una rivisitazione complessiva del sistema delle detrazioni fiscali, rivedendo le agevolazioni fiscali a favore del libero mercato e, contemporaneamente, incrementando la detassazione degli affitti a canone concordato” e “un intervento sulla fiscalità della casa che penalizzi lo sfitto, anche ai fini di un vero contrasto al canone nero e di una diversa modulazione dell’Ici”, da attuarsi congiuntamente alla revisione degli estimi catastali.
Queste proposte, originariamente inserite in un ampio piano di intervento per risolvere il problema “casa”, posto anche di recente fra le priorità di governo, non si sono ancora concretizzate in un disegno normativo, se non per quanto riguarda la revisione degli estimi catastali contenuta in un disegno di legge delega presentato dal governo. Permangono invece visioni diverse allÂ’interno della maggioranza, anche in contrasto con gli impegni del programma, come la proposta di portare gli affitti percepiti anche sul libero mercato fuori dallÂ’Irpef, assoggettandoli a unÂ’aliquota del solo 20 per cento e di abolire o ridurre fortemente lÂ’aliquota dellÂ’Ici sulla “prima casa”.
Commento
Nel complesso il governo si è fino ad ora mosso in linea con il programma, ma alcune scelte particolarmente importanti, soprattutto per quanto riguarda il disegno delle imposte dirette, restano ancora da compiere. Il rischio è che la forte crescita delle entrate, in parte imprevista, alimenti, prima ancora di consolidarsi, le più disparate promesse di sgravi fiscali, portando a provvedimenti non sufficientemente meditati. È invece necessario che i margini di intervento che si aprono vengano prioritariamente utilizzati per portare a termine una riforma organica e compiuta, e quindi auspicabilmente più stabile, dell’imposizione diretta.