Lavoce.info

Categoria: Argomenti Pagina 926 di 1091

Disciplina dei mercati finanziari, manca il disegno generale

Il programma

Il programma di governo della coalizione di centrosinistra prevede numerosi interventi nel campo della disciplina dei mercati finanziari con lÂ’obiettivo di rafforzare la fiducia dei risparmiatori “nei mercati in cui investono i loro risparmi”. Questi interventi si intrecciano con alcune proposte di modifica del diritto societario nellÂ’ambito di “una politica industriale per far crescere le imprese”.

Riassetto delle Autorità

La proposta più importante è, tuttavia, contenuta nella parte generale del programma dedicata al “valore delle istituzioni repubblicane” e riguarda la riorganizzazione e semplificazione dellÂ’assetto delle Autorità preposte al controllo del sistema finanziario.
Il governo ha presentato in Parlamento un disegno di legge che effettivamente razionalizza le competenze in materia, suddividendole in base alle finalità che le singole Autorità perseguono, e concentrando tutti i poteri di vigilanza sulla stabilità in capo alla Banca d’Italia e sulla trasparenza in capo alla Consob. Tuttavia il progetto, che al momento sembra fermo in Parlamento anche per resistenze interne alla maggioranza, presenta alcuni aspetti critici, ad esempio con riferimento al ruolo del ministero del Tesoro, che dovrebbero essere chiariti.

Regolamentazione operatori

Per quanto riguarda la regolamentazione degli operatori si fanno numerose e specifiche proposte tra le quali:

a) imporre agli amministratori delle società quotate criteri di professionalità
b) limitare i patti di sindacato a questioni proprietarie e non gestionali
c) aumentare la trasparenza nellÂ’offerta dei servizi finanziari
d) imporre una rigorosa separazione societaria, anche nellÂ’ambito dei gruppi bancari, per la fornitura dei vari servizi finanziari non tradizionali
e) vietare agli analisti finanziari di gruppi bancari di offrire un servizio di valutazione sui titoli dai gruppi posseduti
f) vietare per il periodo di un anno al gruppo bancario di vendere all’investitore non professionale azioni di società delle quali ha curato la ristrutturazione o la collocazione di titoli sul mercato
g) definire più rigorosi limiti quantitativi ai finanziamenti delle banche ai propri azionisti
h) quotare la Borsa Italiana
i) ridurre lo scalino normativo tra società quotate e non quotate.

Commento

Di alcune di queste proposte (quella sui sindacati azionari) si è persa traccia, altre (ad esempio l’incremento della trasparenza nei servizi finanziari o i limiti più stringenti al finanziamento di azionisti delle banche) hanno in parte trovato accoglienza in alcuni provvedimenti già approvati (la legge sul risparmio e il successivo decreto correttivo) o in corso di approvazione (le norme di recepimento sulla Mifid).
Quello che comunque e con tutta evidenza, manca, è un disegno generale di riforma della disciplina del mercato finanziario che anche alla luce degli obblighi comunitari, si pensi soltanto al recepimento della direttiva sulle Opa, conduca ad un riordino complessivo di una normativa che corre il rischio di apparire eccessivamente frammentata e al continuo “inseguimento” dellÂ’attualità.
In questo contesto, potrebbe trovare spazio anche una seria e non estemporanea riflessione su tutte le misure necessarie per, sono sempre parole del programma di governo, “incidere sulle forme di chiusura proprietaria come gruppi piramidali, accordi e patti di sindacato”.
Infine, si segnala un altro provvedimento proposto, quello relativo allÂ’introduzione nel nostro ordinamento dellÂ’azione collettiva risarcitoria (la class action) tuttora allÂ’esame del Parlamento.

Il codice delle autonomie non basta

Federalismo fiscale e riforme istituzionali

Il programma di governo del centrosinistra poneva tra i suoi punti qualificanti la introduzione del federalismo fiscale, cioe’ la attuazione dell art. 119 della costituzione, e il completamento delle riforme istituzionali degli anni 90, con la riduzione del numero dei parlamentari e la specializzazione funzionale delle due camere, con la trasformazione del Senato in una camera regionale, o una camera delle regioni. A tutt’oggi si e’ visto pochissimo, nonostante le varie promesse. E se per le riforme istituzionali, correttamente, il programma rimandava ad un rapporto con l’opposizione e a riforme bipartisan, per cui la responsabilita’ puo’ essere condivisa con l’opposizione, non cosi’ per il federalismo fiscale e l’attuazione dell’art.119. Questo e‘ tanto piu’ preoccupante e sorprendente, quanto la manovra di bilancio per il 2007, di successo in merito al controllo dei conti, si e’ largamente basata sull’apporto degli enti locali, a cui sono stati richiesti i maggiori sacrifici.

 

Riorganizzazione dei governi

Il governo ha varato una legge delega sulla riorganizzazione dei rapporti dei governi, con il cosiddetto codice dellÂ’autonomie, e ha iniziato un processo di revisione dei rapporti finanziari tra governi, con la previsione di una legge delega sul federalismo fiscale. La legge delega sull-art.119, promessa piuÂ’ volte dal governo, non ha peroÂ’ mai visto la luce e se ne sono perse le tracce. Per quanto riguarda il codice delle autonomie, un punto qualificante di questo doveva essere rappresentato da una riorganizzazione delle funzioni per livello di governo, allo scopo di semplificare e rendere piuÂ’ efficiente lÂ’azione dei governi locali superando la frammentazione eccessiva che caratterizza gli attuali enti locali. A questo fine una delle previsioni del codice era il blocco dellÂ’introduzione di nuovi livelli di governo fincheÂ’ non fosse stata chiara la soluzione definitiva ai problemi di allocazione di funzioni e risorse. Eppure, nuove province sono state introdotte anche con la recente finanziaria, in contrasto con i principi della stessa legge delega e le dichiarazioni dei ministri responsabili.

Federalismo fiscale

La nostra Costituzione prevede esplicitamente un coinvolgimento dei governi locali nella determinazione della manovra finanziaria per lÂ’anno, in particolare per le funzioni sotto il loro diretto controllo. Il coordinamento della finanza pubblica, non a caso, eÂ’ attribuito dalla costituzione vigente, al regime delle funzioni concorrenti tra Stato e Regioni. Sul piano del metodo, questo non eÂ’ avvenuto: ancora una volta gli enti locali sono stati trattati come controparti dello stato, cosiÂ’ come le organizzazioni private, piuttosto che come una parte dello stato. Sul piano del merito, i nuovi patti di stabilita interna, in linea con quello europeo, sono passati da controlli sulla spesa a controlli sui saldi, ma non sono stati rivisti in modo sistematico gli strumenti finanziari offerti a livello locale per svolgere questa funzione, creanda non pochi problemi allo stessa governo.
Questo eÂ’ preoccupante anche alla luce dei fenomeni di soft budget constraint che ancora influenzano i comportamenti locali. I debiti finanziari del Lazio, per una cifra complessiva attorni ai 10 mld di euro, sono stati di fatto ripianati dal governo centrale. Quali meccanismi si prevedono per evitare nel futuro comportamenti simili? Cosa impedisce lÂ’innescarsi di nuovi meccanismi di irresponsabilitaÂ’ finanziaria per gli enti locali in futuro?

Riforme istituzionali

Il programma di governo prevedeva la modifica del bicameralismo perfetto e la specializzazione funzionale delle due camere. Si tratta di un punto essenziale per la stabilitaÂ’ dei governi futuri: il governo Prodi non avrebbe i problemi che ha se questa operazione fosse giaÂ’ stata fatta in passato. Paradossalmente, centro destra e centro sinistra sono perfettamente dÂ’accordo su questo punto; la riforma costituzionale del centro destra, criticabile su molti altri aspetti, giaÂ’ questo esplicitamente prevedeva. Eppure, nessun percorso eÂ’ iniziato su questo punto. La materia eÂ’ in discussione alla Commissione affari istituzionale e sembra liÂ’ bloccata. UnÂ’azione politica seria da parte del governo su questo fronte eÂ’ interamente mancata. Cosa intende fare il governo in futuro su questo tema?

Le molte ombre della politica del lavoro

Lotta al precariato

1. Il programma dellÂ’Unione si propone in primo luogo di combattere il lavoro precario favorendo il lavoro stabile a tempo indeterminato; e indica come passaggio legislativo cruciale per il conseguimento di questo obbiettivo il “superamento” della legge Biagi (Dlgs n. 276/2003), cui si imputa di avere invece favorito il lavoro precario. Su questo terreno, però, la prima misura efficace del governo è consistita in un giro di vite contro lÂ’abuso delle collaborazioni autonome “a progetto” nei call centre, dato mediante lÂ’emanazione della circolare del ministro del Lavoro n. 17/2006, che è essenzialmente fondata su di una applicazione rigorosa di quanto disposto su questa materia dalla stessa legge Biagi.
Non è il caso di riconoscere onestamente che quella legge non ha favorito e non favorisce affatto il lavoro precario e che il dualismo del nostro mercato del lavoro affonda le sue radici nell’assetto istituzionale che il mercato stesso è venuto assumendo molto prima della XIV legislatura, lungo l’arco dell’ultimo quarantennio?
2. La stabilizzazione ope legis di molte decine di migliaia di lavoratori precari nel settore pubblico, che si sta preparando in questi giorni, non accompagnata da alcuna misura volta a rimuovere le cause strutturali di quel dualismo – che nel settore statale è particolarmente marcato per la maggiore rigidità e amovibilità degli addetti – non rischia di rendere ancora più difficile l’accesso al lavoro stabile in questo settore per le generazioni future?

“Amministrazione pubblica di qualità” e “rilancio dellÂ’impiego pubblico”

1. Sul piano della negoziazione collettiva delle condizioni di lavoro nel settore pubblico il primo anno del nuovo governo non è stato particolarmente brillante, né coerente con queste due enunciazioni contenute nel programma elettorale. Come intende il governo assicurare che una parte consistente dell’aumento di spesa preventivato per il rinnovo dei contratti degli statali sia destinato davvero a premiare l’efficienza e la produttività individuali e collettive?
2. Quali iniziative il governo intende adottare per favorire il radicamento della cultura della valutazione e della misurazione dell’efficienza e della produttività nelle amministrazioni pubbliche?
3. Uno dei mali peggiori delle nostre amministrazioni pubbliche consiste nell’obliterazione di fatto delle prerogative della dirigenza: in particolare, del potere di organizzazione e trasferimento del personale e del potere disciplinare (le sanzioni disciplinari sono ridotte a improbabili pene accessorie che scattano soltanto in seguito alle condanne penali). Non è il caso di restituire alle amministrazioni pubbliche la necessaria reattività, sul piano organizzativo ma anche su quello disciplinare, rispetto alle disfunzioni gravissime che vengono denunciate ormai quotidianamente?

3.1. Può considerarsi congruo con questo obbiettivo il riconoscimento del carattere necessariamente “consensuale” del trasferimento del dipendente pubblico, contenuto nel Memorandum firmato da governo e sindacati il 18 gennaio scorso?
3.2. – Può considerarsi congrua lÂ’unica iniziativa adottata dal governo in materia di ripristino della necessaria severità disciplinare nei confronti dei dipendenti, consistente nel ridurre da tre a due anni lÂ’entità della condanna penale del dipendente pubblico cui può conseguire il licenziamento disciplinare? È giusto che un impiegato pubblico conservi il posto anche se condannato (purché a meno di due anni) per reati contro lÂ’amministrazione pubblica?

Sistema delle relazioni sindacali

Nel programma dell’Unione si prevede che siano imprenditori e sindacati a decidere i contenuti della riforma della struttura della contrattazione collettiva e la corrispondente riforma della rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro. Senonché da ormai tre anni la trattativa fra le parti sociali su questo terreno è totalmente bloccata. Nel frattempo si è aggravata la crisi del sistema delle relazioni sindacali: è ormai normale che un contratto collettivo nazionale venga rinnovato con mesi o anni di ritardo rispetto alla scadenza, soprattutto (ma non solo) nel settore pubblico e nei vari comparti dei servizi pubblici, anche a causa dell’evidente sovraccarico di funzioni determinatosi sulla contrattazione di livello nazionale. Il governo è intenzionato a svolgere un ruolo propulsivo nei confronti delle parti sociali, come lo fece nel 1992 e nel 1993? Se sì, quali sono le linee essenziali della riforma che intende promuovere? Oppure il governo intende astenersi da qualsiasi iniziativa su questo terreno?

Aspettando la riforma organica delle imposte dirette

Lotta allÂ’evasione

Il programma di governo del centrosinistra, per la parte relativa al fisco, indicava come priorità “la lotta allÂ’evasione, allÂ’elusione e allÂ’erosione”. Coerentemente, è stato attuato, con il decreto di luglio 2006 e con la Finanziaria 2007, un ampio insieme di norme volte, ad esempio, ad ampliare le informazioni messe a disposizione dellÂ’amministrazione finanziaria, a rafforzare la potestà e lÂ’attività di controllo, di accertamento e di sanzione da parte dellÂ’Amministrazione finanziaria, a prevenire o contrastare specifiche attività finalizzate allÂ’evasione fiscale, soprattutto nel campo dellÂ’Iva, a potenziare gli studi di settore. Si tratta di norme tecnicamente complesse, la cui efficacia e proporzionalità, tenendo conto degli oneri di adempimento posti a carico dei contribuenti e di soggetti terzi, non sempre è stata adeguatamente valutata, tanto che in alcuni casi sono stati necessari aggiustamenti e correttivi. I risultati di queste azioni andranno attentamente monitorati.

Il cuneo fiscale per le aziende

L’ipotizzata riduzione del cuneo fiscale sul costo del lavoro è stata effettuata, per la componente a carico del datore di lavoro, operando sull’Irap e articolando la misura in modo coerente con gli obiettivi indicati dal programma: incoraggiare l’assunzione di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, favorire l’occupazione nelle zone depresse del paese, sostenere i livelli salariali delle fasce più deboli. L’esclusione di banche, assicurazioni e public utilities ha concentrato l’intervento sulle imprese maggiormente esposte alla concorrenza internazionale, ma ha aperto un contenzioso con la Commissione europea non ancora risolto.

Riforma Irpef

La volontà di ridurre anche la componente del cuneo a carico dei lavoratori ha portato a un intervento di riforma dell’Irpef, che ha interessato il disegno delle aliquote, la trasformazione delle deduzioni per carichi di famiglia e redditi di lavoro in detrazioni, e il ridisegno degli assegni familiari. Si è trattato di un intervento redistributivo, che ha modificato di poco il peso complessivo dell’Irpef, in aggregato.
Nonostante sia molto più numerosa la platea dei contribuenti avvantaggiati dalla riforma rispetto a quelli che pagheranno di più (stando ai dati delle dichiarazioni circa il 5 per cento, con redditi superiori ai 40mila euro), la riforma ha prodotto una diffusa insoddisfazione, che ne ha adombrato i lati positivi. Soprattutto, non ha risolto il problema degli incapienti (ossia di coloro che hanno redditi così bassi da non poter beneficiare delle detrazioni) e non ha aggredito, se non marginalmente, il nodo, sottolineato dal programma “della universalità del diritto a ricevere contributi alle responsabilità familiari, anche se in modo selettivo rispetto al reddito e alle condizioni economiche”. Gli assegni familiari continuano a essere riconosciuti ai soli lavoratori dipendenti, è ancora scarso il coordinamento fra detrazioni fiscali per carichi di famiglia e trasferimenti monetari alle famiglie, non è a regime unÂ’adeguata prova dei mezzi, con riferimento al nucleo familiare. Le questioni più importanti restano pertanto aperte.

Tassazione delle rendite finanziarie

Il programma del centrosinistra prevedeva la riforma della tassazione delle rendite finanziarie e la revisione del prelievo sul reddito di impresa, opportunamente coordinate fra di loro. Entrambi i terreni sono stati oggetto di studio di apposite commissioni ministeriali. La proposta di uniformare le aliquote della tassazione dei redditi finanziari a un livello intermedio fra le attuali aliquote del 12,5 e del 27 percento, promossa dal governo, ha però subito una battuta d’arresto in sede parlamentare, per divergenze anche all’interno della maggioranza, portando a una riformulazione del disegno di legge delega che si occupa ora di rendere il prelievo più omogeneo, sia pure senza, in prima istanza, intervenire sulle aliquote. Le proposte sulla tassazione del reddito di impresa sono al momento ancora in fase di elaborazione. Esse dovrebbero comunque basarsi su quanto è emerso dall’ampio lavoro di consultazione delle categorie interessate effettuato dalla commissione ministeriale, e che ha costituito una importante innovazione di metodo ai fini di impostare ipotesi di riforma.

Tassazione redditi immobiliari

Un altro terreno aperto è quello della tassazione dei redditi immobiliari.
Il programma prevedeva “una rivisitazione complessiva del sistema delle detrazioni fiscali, rivedendo le agevolazioni fiscali a favore del libero mercato e, contemporaneamente, incrementando la detassazione degli affitti a canone concordato” e “un intervento sulla fiscalità della casa che penalizzi lo sfitto, anche ai fini di un vero contrasto al canone nero e di una diversa modulazione dell’Ici”, da attuarsi congiuntamente alla revisione degli estimi catastali.
Queste proposte, originariamente inserite in un ampio piano di intervento per risolvere il problema “casa”, posto anche di recente fra le priorità di governo, non si sono ancora concretizzate in un disegno normativo, se non per quanto riguarda la revisione degli estimi catastali contenuta in un disegno di legge delega presentato dal governo. Permangono invece visioni diverse allÂ’interno della maggioranza, anche in contrasto con gli impegni del programma, come la proposta di portare gli affitti percepiti anche sul libero mercato fuori dallÂ’Irpef, assoggettandoli a unÂ’aliquota del solo 20 per cento e di abolire o ridurre fortemente lÂ’aliquota dellÂ’Ici sulla “prima casa”.

Commento

Nel complesso il governo si è fino ad ora mosso in linea con il programma, ma alcune scelte particolarmente importanti, soprattutto per quanto riguarda il disegno delle imposte dirette, restano ancora da compiere. Il rischio è che la forte crescita delle entrate, in parte imprevista, alimenti, prima ancora di consolidarsi, le più disparate promesse di sgravi fiscali, portando a provvedimenti non sufficientemente meditati. È invece necessario che i margini di intervento che si aprono vengano prioritariamente utilizzati per portare a termine una riforma organica e compiuta, e quindi auspicabilmente più stabile, dell’imposizione diretta.

Incentivi più stabili all’innovazione. Ma serviranno?

Il programma

Il programma del centrosinistra parlava in modo ampio delle misure necessarie a far ripartire la crescita. E ancora di recente il presidente del Consiglio ha messo lÂ’accelerazione della crescita al centro dellÂ’agenda del secondo anno.

Le misure approvate dal governo includono sia misure orizzontali (incentivi alla ricerca per tutte le imprese) che selettive (incentivi e regimi di aiuto ad alcuni settori, uniti a controversi pronunciamenti selettivi come quelli nel caso Telecom e Autostrade Abertis di cui si discute altrove).

Spese in ricerca e sviluppo: il credito di imposta

Le principali misure volte a favorire l’innovazione e la ricerca nella Finanziaria 2007 sono l’introduzione del credito d’imposta in favore delle spese in ricerca e sviluppo (art. 19) e per i contributi delle imprese all’attività di centri di ricerca e università. Si possono definire misure orizzontali perché riguardano tutte le imprese che investono in R&S.

Commenti

1) È una buona idea dare maggiore stabilità alle varie forme di incentivazione allÂ’attività innovativa delle imprese – unÂ’esigenza fortemente sentita dagli imprenditori. Si deve però ricordare che, come indica lÂ’evidenza empirica disponibile per gli altri paesi, lÂ’efficacia degli strumenti di incentivazione e di detassazione per rilanciare lÂ’attività innovativa è incerta. Se la domanda di innovazione è poco elastica rispetto al costo dellÂ’innovazione (perché contano altri elementi diversi dal costo di innovare, come il grado di concorrenzialità dei mercati o il livello di istruzione dei lavoratori), allora è meglio non aspettarsi un forte effetto addizionale di rilancio dellÂ’innovazione nemmeno dalla predisposizione di incentivi permanenti, almeno fino a che le riforme strutturali non producano effetti. E siccome le riforme strutturali hanno faticato ad attuarsi in questo primo anno, è presumibile aspettarsi un effetto limitato di questi incentivi allÂ’attività innovativa
2) La R&S non è l’unico strumento di innovazione. Le piccole imprese distrettuali del Made in Italy innovano senza bisogno di attività formale di R&S. Misure di questo tipo sono dunque presumibilmente poco efficaci a raggiungere questo tipo di imprese. Si può però argomentare che le Regioni o gli enti locali posseggono strumenti migliori del governo centrale per favorire l’attività innovativa delle piccole imprese.

Settori strategici

La Finanziaria 2007 vede anche il ritorno della politica industriale, cioè lÂ’individuazione di alcuni settori strategici (e “aree sottoutilizzate”) cui sono stati destinati specifici regimi di aiuto (settori ad alta tecnologia, la difesa e i settori interessati dai progetti di innovazione industriale per lÂ’efficienza energetica) oltre alla creazione e al finanziamento di unÂ’Agenzia nazionale per la diffusione delle tecnologie per lÂ’innovazione, dedicata allÂ’”individuazione, valorizzazione e diffusione di nuove conoscenze,tecnologie, brevetti ed applicazioni industriali prodotti su scala nazionale e internazionale”, con sede a Milano e soggetta alla diretta vigilanza della presidenza del Consiglio.

Commento

I settori ad alta tecnologia sono quelli nei quali la produttività dovrebbe crescere più rapidamente. Proprio in questi settori, invece, i dati erano stati particolarmente negativi dopo il 2001. Ma già nel 2006, le cose sono andate molto meglio almeno in alcuni di questi settori, dunque prima che i regimi di aiuto della Finanziaria entrassero in vigore. C’era bisogno di destinare soldi pubblici a questo scopo? Inoltre, è dubbio che un’Agenzia, anche se localizzata nella capitale economica d’Italia, possa fare da meccanismo catalizzatore delle attività innovative.

Considerazioni iniziali

Alla vigilia dell’assemblea di Banca d’Italia è utile tracciare un bilancio di inizio mandato Draghi. Importante aver tolto i poteri discrezionali di Palazzo Koch. Erano in contrasto con il Tuf e impedivano al sistema bancario di crescere e diventare più efficiente. Bene anche la chiusura dell’Uic e le modifiche allo statuto. Restano aperte alcune questioni: rilancio del servizio studi, sistema di valutazione di impatto della regolamentazione, gestione del fondo pensione e delle filiali. Altri interventi, poi, spettano alla politica.

Dov’è il valore di Alitalia

Il suo valore è scarso se si guardano profitti, qualità dei servizi, flotta e capacità manageriali. Tuttavia, la disastrata compagnia di bandiera gode di slot aeroportuali molto pregiati a Roma, Milano e nelle grandi città europee. Ma sulle rotte extra-europee le posizioni monopolistiche si stanno erodendo. E la liberalizzazione danneggerà le società meno efficienti. Quindi un investitore razionale ha interesse a intervenire se può garantirsi protezioni pubbliche contro l’apertura alla concorrenza e la diffusione dei servizi low-cost. A danno degli utenti.

La finanza tra Islam e Occidente

Proibizione del tasso di interesse, equiparato a usura, e di tutto ciò che è incertezza. Sono i concetti fondamentali dell’agire economico islamico. Quale ruolo può rivestire in Europa la finanza islamica? La situazione di gran parte degli immigrati non li rende un target appetibile per le grandi banche. Il loro interesse sembra diretto ad attrarre il risparmio e gli investimenti dei capitali orientali in fuga dagli Stati Uniti. Ma non è una buona strategia perché, su questo, i paesi del Gulf Cooperation Council si stanno attrezzando per fare da soli.

Un nuovo Trattato per l’Europa

L’attività decisionale europea ha subito un drastico rallentamento dopo l’allargamento dell’Unione nel maggio 2004. Perché un’Europa più ampia richiede riforme istituzionali che le permettano di funzionare. Un compito affidato al Trattato di Nizza. Che tuttavia non funziona. E i vari tentativi di modificarlo dimostrano che i leader europei ne sono consapevoli, anche se rifiutano di ammettere esplicitamente il fallimento. Serve un nuovo Trattato per ridefinire le regole di voto in Consiglio e la composizione della Commissione.

L’analisi costi-benefici boccia la Torino–Lione

La linea ferroviaria ad alta velocità tra Torino e Lione è oggi uno dei più importanti progetti infrastrutturali nel mondo intero. Il costo complessivo è stimato ufficialmente in 16 miliardi di euro. Si tratta di un progetto socialmente desiderabile? Un tentativo di analisi costi-benefici fornisce risultati molto negativi. Non solo il debito aggregato di Italia e Francia aumenterà di 16 miliardi, ma la gestione dell’opera andrà ad accrescere il loro deficit per i quaranta anni successivi alla sua apertura.

Pagina 926 di 1091

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén