Le proposte di legge sul quoziente familiare implicano un cambiamento sostanziale dell’imposizione perché varia l’unità impositiva, da individuo a nucleo familiare. E solleva non poche questioni amministrative, gestionali e giuridiche. A partire dalla definizione stessa di “nucleo familiare”, fino agli aggravi per il sostituto d’imposta e la necessità di un nuovo modello di dichiarazione. L’obiettivo di equità potrebbe essere perseguito con maggiore efficacia e minori costi attraverso un adeguato sistema di trasferimenti e agevolazioni fiscali.
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Le norme degli ultimi anni per limitare la crescita della spesa degli enti locali hanno finito per incentivare l’abuso del territorio e il ricorso all’indebitamento. La Finanziaria 2007 permette invece ai comuni di elevare l’addizionale Irpef. Una misura che ha suscitato molte polemiche. Ma è una strada obbligata. Basta guardare alle previsioni di bilancio dei capoluoghi di provincia. Perché chi non aumenta le tasse oggi, dissesta le sue finanze e l’ambiente. E domani sarà comunque costretto ad aumentare la pressione fiscale.
Ma davvero, con tutti i problemi che ha l’Italia, la riforma della legge elettorale è una questione così rilevante? Se ci sono tanti partiti, non sarà semplicemente perché è la frammentazione della società italiana a richiederlo? E comunque, che c’entra la legge elettorale con la qualità della politica e in particolare della politica economica? Qualche dato per discuterne. E anche per orientarsi nel dibattito in corso.
I primi dati di consuntivo per il 2006 sono migliori del previsto, per l’economia ma soprattutto per i conti pubblici: il disavanzo è diminuito di 1,3 punti di PIL rispetto a settembre. Se le stime di crescita saranno confermate e l’incremento delle entrate si rivelerà strutturale, nel 2007 il disavanzo sarà intorno al 2 per cento e l’avanzo primario vicino al 3 per cento. Ma è sulla spesa che si gioca tutta la partita: solo una sua diminuzione può rendere compatibile discesa del debito e livelli non eccessivi della pressione fiscale. Meglio quindi astenersi da decisioni estemporanee prese nell’illusione che i conti siano ormai a posto.
Servono circa 18mila euro l’anno per assistere una persona non autosufficiente. A carico delle famiglie oltre un terzo della cifra, il resto è per lo più finanziato dall’Inps. Si tratta quindi di trasferimenti monetari e non di servizi di supporto. Nonostante lÂ’introduzione dei piani di zona, la possibilità di programmazione a livello locale resta scarsa. Potrebbe aumentare se si chiedessero all’Istituto previdenziale più informazioni sugli utenti che ricevono le prestazioni assistenziali. Debole la capacità del non profit di attrarre finanziamenti da privati.
Le differenze di genere nei tassi di crescita salariale sono legate a fenomeni di mobilità “volontaria”. Forse perché le donne decidono di muoversi verso imprese più grandi per motivi diversi dalla retribuzione, come la maggiore protezione o la flessibilità nell’orario di lavoro. Nelle politiche del lavoro è necessario considerare questo aspetto e sviluppare misure di supporto che permettano di conciliare vita lavorativa e familiare senza per questo rinunciare alla realizzazione professionale.
Nell’Unione Europea si inaspriscono le differenze tra cittadini e stranieri residenti e tra stranieri di diversa “qualità ”. Gli svantaggi riservati agli stranieri variano non solo a seconda delle categorie, ma anche nel tempo, in seguito a fenomeni come le pressioni dei flussi non programmati. Le frontiere (ri)diventano più selettive e si spostano e si spostano aggravando i disequilibri.
A prima vista, sembra che in Italia e in genere nel Sud Europa, le donne godano di una maggiore parità retributiva rispetto agli uomini. Ma dove le differenze salariali sono elevate, come in Usa e Regno Unito, i differenziali nei tassi di occupazione sono fra i più bassi dei paesi Ocse. Perché il vantaggio delle italiane è solo apparente e scompare quando si tiene conto del problema della selezione nella forza lavoro. Da approfondire il ruolo delle norme di comportamento sociale e dei pregiudizi verso la domanda e l’offerta di lavoro femminile.
Le dimissioni del governo Prodi hanno riportato in primo piano il problema della governabilità del paese. E riproposto la vera questione: il bicamerilasismo perfetto. Tuttavia, se a parole tutti vogliono trasformare il Senato in una camera regionale con compiti limitati, non sembrano esserci né le condizioni politiche né i tempi per una riforma costituzionale di questa portata. Mentre si profila una revisione della legge elettorale incapace di incidere sui difetti fondamentali del sistema. Anche perché nessuno sembra volere un ritorno al maggioritario.
Benvenuta la virata verso il proporzionale nei progetti di riforma elettorale. Nel nuovo contesto federalista, infatti, questo sistema realizza meglio il principio della sovranità popolare. E per raggiungere gli altri obiettivi che una buona legge elettorale si prefigge, bastano alcune regole: premio di maggioranza, soglia minima, indicazione a priori del leader, candidature in un solo collegio, una preferenza assegnata all’elettore. Tutto ciò riguarda la Camera. Solo dopo averlo realizzato si potrà pensare al Senato federale e alle norme per eleggerlo.