Per arginare la crisi della giustizia civile in molti paesi occidentali si guarda con interesse ai metodi alternativi di risoluzione delle controversie. In Inghilterra, per esempio, anche chi ha ragione può essere condannato a pagare le spese processuali se ha rifiutato transazioni ragionevoli prima o durante il processo. Giusto introdurre simili meccanismi nel nostro ordinamento? Vista la lunghezza dei processi italiani, c’è il rischio di rafforzare l’attuale deprecabile situazione per cui è molto più vantaggiosa la posizione di chi ha torto.
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Il downgrading del debito ormai è archiviato e non avrà effetti pratici rilevanti. Ma ci ha fornito due lezioni. Primo, quando si parla di disavanzo non conta solo il “quanto”, ma anche il “come”. Secondo, “stabilizzare” il debito può essere un’espressione utile nell’arena politica, ma da un punto di vista finanziario e macroeconomico ciò che conta è il segnale sulla direzione futura. E un cambiamento di mezzo punto percentuale non ne fornisce alcuno. Considerata la storia recente della nostra politica economica, equivale a un pessimo segnale.
Tra ospiti più importanti di altri e posti pre-assegnati come a una cena di gala, la concertazione italiana è un teatrino dove ciascuno recita un copione già visto. Molto meglio prendere esempio dalla Spagna. Il suo Consejo Económico y Social ha il compito di dare al parlamento un parere su ogni proposta di legge o decreto governativo di tema economico-sociale. Un ruolo che da noi potrebbe svolgere il Cnel. A patto di riformarlo radicalmente in modo da trasformarlo in una sede in cui si possa andare a fondo dei problemi, carte e dati alla mano. Perché il metodo è sostanza.
La decisione di due agenzie di rating di declassare il debito italiano conferma la gravità della situazione dei conti pubblici. E quindi l’impossibilità di “alleggerire” la Finanziaria, come invece chiesto da alcuni in virtù dell’andamento del fabbisogno del settore statale e della dinamica delle entrate. Quanto alle critiche sulle caratteristiche degli interventi, forse si poteva fare di meglio, in particolare nell’equilibrio fra misure di spesa e di entrata. Ma non bisogna dimenticare il carattere strutturale della manovra, a partire dal calo del disavanzo.
La Finanziaria che introduce aliquote nette più basse sui redditi medio-bassi e più alte su quelli medio-alti segue i suggerimenti dei più recenti modelli teorici ed econometrici di tassazione ottimale. Un ridisegno che secondo le simulazioni permette nel lungo periodo di ridurre leggermente l’aliquota media, pur mantenendo invariato il gettito fiscale. Ma obiettivi redistributivi consistenti si potranno ottenere solo con la realizzazione di un sistema universale di reddito minimo garantito e con investimenti nei processi di creazione del capitale umano.
Gli incentivi funzionano meglio del timore delle sanzioni. E’ una regola dell’economia che vale anche per la tassa di successione. Soprattutto se l’intento non è un generico aumento delle entrate, ma di natura redistributiva. In questo caso si ottengono risultati migliori attraverso la deducibilità fiscale delle donazioni a fondazioni filantropiche, culturali e di ricerca. Andrebbe anche ridotto lo spettro di applicazione della quota di legittima a favore dei familiari. Mentre appare indispensabile la creazione di un’Authority del no-profit.
La trattativa sul Tfr ha visto protagonisti Governo e Confindustria, mentre il silenzio dei rappresentanti dei lavoratori è stato fragoroso. Il compromesso raggiunto circoscrive l’intervento alle imprese con più di cinquanta addetti. Una soluzione che crea ingiustificabili asimmetrie. Semmai, la discriminante dovrebbe essere l’età: i lavoratori più anziani possono anche lasciare il Tfr in azienda. Ma i giovani, che avranno una pensione pubblica molto più bassa, devono essere incentivati al trasferimento ai fondi pensione. Dovrebbe essere questo il compito del sindacato.
Inventando un modo nuovo di fare credito, il premio Nobel per la Pace Muhammed Yunus ha contribuito a dotare i paesi in via di sviluppo di nuove istituzioni che facilitano non solo il superamento contingente della povertà, ma pongono le basi per un suo superamento duraturo. Il meccanismo su cui si basa la Grameen Bank crea infatti uno stock di capitale sociale che rende la promessa di restituzione del prestito credibile anche senza il ricorso al troppo costoso sistema legale. Non a caso a beneficiare dei crediti sono soprattutto le donne.
A una anno dal suo insediamento, la grande coalizione tedesca sembra aver perso la ragione di essere. Qualche taglio a sussidi ormai insostenibili, l’aumento di tre punti dell’Iva, la conferma delle leggi Hartz sul mercato del lavoro e un timido tentativo di rivedere il sistema federale. Le buone notizie sono tutte qui. Sulle questioni davvero centrali l’accordo non c’è, come dimostra la vicenda della riforma dell’assistenza sanitaria. Perché quello che manca è soprattutto il consenso della popolazione a vere riforme strutturali.
Prima del riordino delle leggi di incentivazione sarebbe utile chiedersi quanto siano efficaci quelle esistenti. Uno studio sugli effetti della legge 488 del 1992 e l’indagine Banca d’Italia sugli investimenti delle imprese industriali mostrano che il beneficio di stimolo agli investimenti, pur maggiore per le aziende meridionali, è modesto in rapporto alle risorse impiegate. Per le imprese del Sud gli investimenti addizionali non raggiungono il 30 per cento dei fondi distribuiti e sono circa il 10 per cento per quelle del Centro-Nord.