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Le società calcistiche, colossi finanziari con i piedi d’argilla

“Calciopoli” ci ricorda che l’asset principale delle società sportive professionistiche non è allocato dal mercato, bensì dall’ordinamento sportivo, in base a regole e principi, sostanziali e procedurali, che poco hanno a che vedere con codice civile e codice di procedura civile. Non è dunque possibile sostenere la completa omologazione delle società sportive alle “altre” società. Ed è perciò tempo di metter mano alla normativa che le regola, ormai inadeguata, soprattutto perché frutto di riforme parziali e disorganiche.

Una riforma in dieci punti

La riforma costituzionale incide sul 40 per cento degli articoli della Costituzione vigente. Diminuiscono deputati e senatori. Ma sono previsti almeno tre procedimenti legislativi. Il Senato è sottratto al circuito fiduciario Parlamento-Governo. Nei rapporti tra Stato e autonomie locali alle norme pro-devolution si affiancano quelle anti-devolution. Nuove funzioni per il Presidente della Repubblica. E con il premierato si instaura un modello costituzionale inedito, che elimina alcuni dei sistemi di pesi e contrappesi tra esecutivo e legislativo.

Costituzione, dove cambiarla

Le riforme utili e necessarie sono quelle che adeguano le istituzioni alle circostanze esterne, non quelle che cercano di forzare in una qualche direzione lo sviluppo della società politica e delle istituzioni. Il decentramento e il federalismo sono tendenze generalizzate in tutti i paesi occidentali. La trasformazione della pubblica amministrazione anche. L’Unione Europea pure. Ma con tutti questi temi, la riforma costituzionale non fa i conti. Come dimostrano le scelte pericolose e inefficaci su premierato e Senato federale.

Il federalismo dietro il referendum

Più chiari i rapporti tra livelli di governo se la riforma costituzionale esce confermata dal referendum? Non proprio: il limite principale delle nuove norme è di prevedere troppi decisori. Il rischio è la confusione e la crescita della spesa. Se è vero che si supera il bicameralismo perfetto, si definisce “federale” un Senato che ha pochi legami con i territori. Quanto al federalismo fiscale, rimane del tutto inalterato l’articolo 119, che invece andrebbe modificato. E con le norme di transizione c’è il rischio che a Regioni ed enti locali sia tolta ogni autonomia sulle proprie entrate.

Un referendum da riformare

Innalzare il numero di firme necessarie a supporto di un referendum da 500mila a un milione, e abolire il quorum. Due semplici modifiche che portano notevoli benefici. Il costo di proporre un referendum sarebbe più alto, e di conseguenza la “qualità” o rilevanza media dei referendum aumenterebbe. Il risultato della consultazione sarebbe deciso solo dagli elettori effettivamente interessati, e non più dagli indifferenti e disinformati. Sarebbe più lineare l’analisi del voto, mentre i partiti dovrebbero prendere posizioni più chiare.

Vero o falso? Capitolo secondo

Già in campagna elettorale abbiamo assistito allo spettacolo di chi “la spara più grossa” nel dibattito politico, e abbiamo dunque cercato di fare un po’ di chiarezza su dati e cifre, spesso citati a vanvera. Sul referendum costituzionale, anche se si tratta di una tematica apparentemente più ristretta, si rischia lo stesso. Questa settimana riproponiamo dunque il nostro “Vero o falso?” Informeremo i lettori (contando anche sul loro aiuto) su sviste o eventuali errori.

L’onda lunga degli immigrati

Nel primo trimestre del 2006 l’occupazione totale in Italia è cresciuta dell’1,7 per cento. L’incremento interessa le donne, i giovani, i lavoratori ultra cinquantenni. E riguarda tutte le parti d’Italia, Mezzogiorno compreso. Ma più del 60 per cento dei nuovi lavori sono dovuti alla componente straniera. Sono individui a tutti gli effetti già occupati nel mercato del lavoro, lentamente evidenziati dalle statistiche nazionali. Comunque, i dati riflettono un mercato in salute e in continua crescita. Mentre il tasso di disoccupazione scende al 7,4 per cento.

Il cuneo visto da vicino

Il cuneo fiscale è la differenza fra il costo del lavoro sostenuto dall’impresa e la retribuzione netta che resta a disposizione del lavoratore. E’ costituito dalle imposte e dai contributi commisurati alla retribuzione, che sono pagati dal datore di lavoro o dal lavoratore. E’ quindi formato da un insieme eterogeneo di componenti che gravano su soggetti diversi. Ciò va attentamente valutato nel decidere su quali componenti del cuneo eventualmente intervenire.

Se l’Iva è rivista

L’Italia parte da un’aliquota Iva ordinaria fra le più elevate. Finisce però per avere una aliquota implicita al di sotto della media europea. Una revisione dei regimi ad aliquota ridotta permetterebbe probabilmente di raggiungere diversi obiettivi: da un lato garantire una maggiore neutralità ed equità dellÂ’imposta. Dall’altro ottenere una parte del gettito necessario per il risanamento dei nostri conti pubblici. Dimensione e struttura di un eventuale intervento devono tener conto dell’impatto redistributivo e sul tasso di inflazione.

Governo nuovo, vecchia politica agricola

Se si vuole evitare che la riduzione del cuneo fiscale comporti un ulteriore aumento degli aiuti all’agricoltura, si possono contestualmente tagliare i sussidi di disoccupazione ad hoc per i lavoratori salariati agricoli. Tuttavia, le dichiarazioni del neo-ministro confermano la volontà di proseguire sulla strada dei sussidi. Un sistema che difende i privilegi e impedisce la riconversione dell’agricoltura europea. Si dovrebbero invece concentrare le risorse pubbliche su riforme strutturali che riducano i costi di produzione e diano veri benefici ambientali.

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