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Alitalia, una sopravvivenza politicamente garantita

La “privatizzazione” di Alitalia via aumento di capitale è un’operazione molto costosa per lo Stato. Ma tutta l’annosa vicenda è emblematica dei tarli che indeboliscono l’economia italiana. La débacle della compagnia non è dovuta a carenze tecnologiche né a insufficienza di capitali, ma a protezioni clientelari, a una sindacalizzazione corporativa, a scelte d’investimento sbagliate. Il danno per il paese è stato enorme. Non solo per le risorse bruciate, ma anche per la perdita di posti di lavoro qualificati e per i costi imposti al turismo dai prezzi del servizio.

Autostrade, galline dalle uova d’oro e polli da spennare

Perché alcune infrastrutture, e le autostrade in particolare, sono così redditizie da scatenare
“guerre commerciali” tra soggetti pubblici e privati e conflitti tra amministrazioni locali? Si tratta spesso di rendite di monopolio, generate dalle tariffe consentite da un regolatore debole, e quindi facilmente “catturabile”. Sostanzialmente, una tassa impropria, che potrebbe rivelarsi efficiente se fosse tarata per il controllo della congestione. Quanto alla Serravalle, un privato ha lucrato enormi plusvalenze da un monopolio mal regolato.

Perché le periferie non “brucino”

Una parte rilevante dell’industria italiana cerca di far fronte alla concorrenza internazionale con strategie di contenimento dei costi. E impiega manodopera immigrata per tenere in vita produzioni low-skilled labor intensive che altrimenti sarebbero delocalizzate. Una strada rischiosa per la specializzazione produttiva del nostro paese e per le prospettive future degli immigrati. Servono invece investimenti in capitale umano e innovazione, oltre a politiche attive dell’immigrazione. Soprattutto, però, si deve liberalizzare il settore dei servizi.

E’ tempo di scelte per il Sud

Dall’economia del Mezzogiorno vengono notizie preoccupanti. Pochi segni di crescita quantitativa. Indebolimento degli elementi più interessanti qualitativamente. E la politica economica per lo sviluppo non sembra in grado di incidere significativamente. Eppure, negli ultimi dieci anni il Sud è molto cambiato, spesso in meglio. Si tratta quindi di rivedere con più coraggio strumenti e priorità delle politiche economiche, puntando con decisione su politiche di offerta, che creino condizioni, nazionali e locali, più favorevoli per le imprese e per la crescita.

Il Mezzogiorno resta il “malato d’Italia”

Il Mezzogiorno d’Italia è oggi il luogo dove più significativo e imperdonabile è lo spreco di risorse pubbliche. Mentre le distanze fra il Centro-Nord e il Sud del paese rimangono, nel complesso, inalterate e dopo dieci anni di retorica del definitivo superamento dell’intervento straordinario, forse è arrivato il momento di riconoscere le difficoltà che questa ha generato: la frantumazione dell’intervento pubblico, la moltiplicazione dei livelli di intermediazione, la sproporzione fra l’impegno massiccio di energie e di risorse e l’esiguità dei risultati.

Consigli coordinati per gli acquisti di latte

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha rilevato l’esistenza di comportamenti collusivi tra i principali produttori di alimenti per neonati nel caso del cosiddetto “caro latte”. L’evidenza è data dal prezzo elevato, soprattutto se confrontato con gli altri paesi europei, nonché dalla strutturazione di un mercato impermeabile ai crismi della concorrenza e nel quale un parallelismo consapevole tra i produttori appare esito “naturale”. Ma l’architettura concettuale costruita dall’Autorità è sufficiente a provare la collusione tacita dei produttori?

E il bonus bebè diventa mini

Nel maxiemendamento alla Finanziaria 2006 è apparso un “mini-bonus” di 160 euro per tutti i nati dal 2003 al 2005. Un nuovo esempio di provvedimento inutile e costoso da realizzare. Perché di politiche familiari si discute poco e spesso in modo estemporaneo. Manca ancora una definizione dei livelli essenziali di assistenza e persistono forti disuguaglianze territoriali nei diritti minimi. Tutte le politiche sociali non previdenziali, locali o nazionali che siano, rimangono in uno stato di precarietà permanente, modificabili e cancellabili da un anno all’altro.

Come spendere meglio per le famiglie

I fondi, non irrilevanti, del “pacchetto famiglia” potrebbero essere investiti in modo più efficace per perseguire gli stessi obiettivi indicati dal Governo. La riforma dell’assegno al nucleo familiare permetterebbe di avere uno strumento di sostegno al costo dei figli per le famiglie a reddito medio-basso più sistematico, ma anche più equo. Attraverso un’integrazione di reddito si potrebbe garantire il congedo parentale anche ai genitori con reddito basso o contratti a progetto. Nidi pubblici, sanità e trasporti sono ulteriori campi di possibile intervento.

Per il Libro bianco un bilancio in rosso

Il Libro bianco sul welfare conteneva un ritratto sostanzialmente fedele della problematicità della situazione demografica italiana. E le preoccupazioni sollevate erano in larga parte condivisibili. Ma alle buone intenzioni non sono seguiti fatti concreti tali da incidere sulle tendenze dei principali fenomeni demografici e migliorare le condizioni delle famiglie italiane. Le politiche sociali del Governo non hanno finora prodotto risultati apprezzabili né sulla riduzione della povertà relativa né sull’incremento delle nascite e dei matrimoni.

Lavori in corso

La manovra di finanza pubblica, dopo le modifiche subite, è certamente più solida dal lato delle entrate, anche se appare ancora insufficiente a raggiungere l’obiettivo sul disavanzo. Permane un pesante deficit di trasparenza che genera incertezza sui conti pubblici e, quindi, sulle caratteristiche delle politiche fiscali future. Rimuovere questa incertezza sarebbe più vantaggioso per le prospettive di crescita dell’economia di quanto non siano le varie misure “per la famiglia e lo sviluppo” presenti nella Finanziaria.

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