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Tfr: altri 3 anni di attesa

Il Governo ha approvato la riforma del trattamento di fine rapporto. Rimane tutto come il decreto già commentato su lavoce.info. Solo la riforma prenderà il via nel 2008 (2009 per le piccole imprese). E’ dal 1993 che i lavoratori aspettano di vedere decollare la previdenza integrativa. Ora dovranno aspettare altri due anni. Riproponiamo ai lettori gli interventi apparsi sul sito riguardanti il decreto Maroni oggi approvato.

Tfr: impariamo dalla Svezia

Il ruolo dello Stato non è coprire i rischi dell’indebitamento delle imprese o garantire rendimenti minimi a chi investe in previdenza integrativa. Sono garanzie troppo costose e hanno effetti perversi sulle scelte di lavoratori, imprese e gestori dei fondi. Né lo Stato può essere il gestore diretto del risparmio privato previdenziale. Deve, invece, offrire garanzie di informazione ai sottoscrittori raccogliendo i flussi di tfr smobilizzato e dirottandoli ai fondi scelti dai lavoratori. Potrà così esercitare una vigilanza molto stringente sul comportamento dei fondi pensione evitando che l’operazione si trasformi in un raggiro di milioni di lavoratori.

I sindacati e le pensioni private

La portabilità del contributo datoriale è questione insidiosa sotto il profilo politico-sindacale e giuridico. Obiettivo esplicito della legge delega era la parità concorrenziale tra le diverse forme pensionistiche complementari. Ma così il principio di libera concorrenza impone di trasformare un obbligo contrattuale valevole nei rapporti tra le parti contraenti, in un obbligo a favore di qualunque fondo pensione. Ora si tratta di trovare una terza via tra la violazione dell’autonomia contrattuale delle parti sociali e l’infedeltà alla delega.

La “portabilità” tra diritto civile e antitrust

Pur nascendo come una pattuizione fra soggetti privati, il contratto collettivo funziona di fatto come una legge. Il sindacato che lo stipula costituisce un soggetto distinto dal singolo lavoratore e i loro interessi possono anche divergere. Se il legislatore individua un interesse tipico del lavoratore, per esempio poter scegliere il gestore del contributo di previdenza complementare, il suo intervento è giustificato. E la libertà di scelta sarà protetta con una norma non derogabile, come quella delineata nella legge delega sulla previdenza complementare.

Uno scandalo inglese

In Italia sono stati venduti più di settecentomila i piani individuali pensionistici attuati mediante polizze di assicurazione. Sono onerosi, con una struttura dei costi molto articolata e non sempre trasparente. Il pericolo è che l’assicurato li sottoscriva ignorando l’incidenza di tali costi sulla prestazione finale. In Gran Bretagna è già successo. E per aver venduto prodotti simili senza una corretta informazione, le compagnie di assicurazione sono ora condannate a pagare più di undici miliardi di sterline di indennizzi ai risparmiatori coinvolti.

Le “osservazioni” pericolose

Le modifiche suggerite dalle Commissioni parlamentari peggiorano ulteriormente il testo sulla previdenza complementare e minano l’asse portante della delega. Se il Governo le accettasse, i lavoratori più giovani sarebbero discriminati nell’adesione alla previdenza complementare. Inoltre, la concorrenza fra fondi pensione contrattuali e adesioni collettive ai fondi pensione aperti sarebbe marginale e si baserebbe sulla forzatura delle norme che regolano i contratti di lavoro. La governance dei fondi sarebbe ridondante o contraddittoria, quella delle polizze previdenziali assicurative insufficiente.

Il pilastro d’argilla

Il secondo pilastro del sistema pensionistico resterà “semi-obbligatorio” quand’anche la devoluzione “silenziosa” del Tfr dovesse, col tempo, diventare “del tutto” forzosa. Sarà infatti alimentato anche dalla libera contribuzione a carico delle imprese e dei lavoratori. Il carattere ibrido non aiuta a individuare le caratteristiche che il secondo pilastro dovrebbe avere, riguardo alla struttura dell’offerta, al regime fiscale e alla gestione delle rendite, al duplice fine di evitare a queste ultime incertezze ed abusi e di consentire al risparmio previdenziale di rendere al meglio.

Il parere legale e documenti utili

Poniamo a disposizione dei lettori il parere legale nel quale Pietro Ichino argomenta l’incostituzionalità del testo di riforma del t.f.r. elaborato dal ministro Maroni. Il parere, redatto nel settembre 2005 su incarico dell’Ania, sviluppa tesi già sostenute dallo stesso Ichino nel primo e nel secondo volume del suo trattato su “Il contratto di lavoro” (Giuffré, rispettivamente 2000 e 2003). agosto 2004.
Alleghiamo inoltre il Testo Unico della previdenza complementare e la Legge n.243 del 23 agosto 2004.

Agevolazioni a futura memoria

La bozza di decreto legislativo di attuazione della delega previdenziale interviene anche sulla disciplina fiscale del risparmio previdenziale. Il regime precedente era già generoso anche rispetto al modello classico e non è stato un ostacolo allo sviluppo della previdenza complementare. Il sistema ora proposto non risponde a un disegno razionale e accentua l’agevolazione, specialmente nei confronti dei soggetti ad alto reddito. L’onere sul bilancio pubblico è spostato nel futuro, a carico dei Governi che verranno. Ciò contribuisce però a renderla più incerta.

L’uovo del Tfr e la gallina dei fondi pensione

Molte variabili influenzano la scelta tra mantenimento del Tfr e trasferimento ai fondi pensione. Il profilo di rischio delle due forme di investimento è molto diverso. Per il Tfr, il rendimento è stabilito per legge e il credito maturato garantito dall’Inps. Per i fondi pensione, il risparmio è soggetto alla volatilità dei mercati finanziari e tutelato dalla normativa generale in materia. Una buona regolamentazione dei mercati finanziari, attenta in particolare ai piccoli risparmiatori, è una condizione necessaria per lo sviluppo della previdenza complementare.

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