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Fuga dalle riforme

Il rinvio dell’entrata in vigore della riforma al 2008 lascia aperta la possibilità che si verifichino consistenti “fughe” verso il pensionamento da parte dei lavoratori preoccupati di venir bloccati da regole più restrittive quanto all’età di pensionamento. Una recente indagine della Fondazione Rodolfo Debenedetti permette di valutare l’entità di questi timori e di stimare il rischio di fughe comportato dall’”effetto annuncio”.

Fughe dalla verità

Il ridimensionamento delle domande di pensioni di anzianità è dovuto al puro effetto meccanico di regole più restrittive e non a scelte individuali. E’ infatti aumentato di un anno il requisito di accesso per i dipendenti privati, mentre per i dipendenti pubblici si sono alzate età anagrafica e anzianità contributiva. Se si tiene conto dell’innalzamento dei limiti, si scopre che in realtà le richieste di pensionamento da parte dei lavoratori sono cresciute di circa il 4 per cento. Un fenomeno che continuerà fino al fatidico 2008.

Anziani, un problema delle figlie

Nei prossimi anni aumenterà la dimensione delle coorti dei grandi anziani e crescerà di conseguenza la domanda di cure e assistenza. Che ha nella famiglia la sua collocazione naturale. Ma il declino delle nascite ridurrà il numero di chi queste cure presta, quasi sempre le donne, fino a rendere insostenibile il carico. Occorre perciò ridefinire la divisione di genere dei ruoli. La sostenibilità economica futura delle politiche sociali passa infatti per un rilancio delle politiche di equità.

Morire di ricovero

Nelle residenze sanitarie assistite il tasso di mortalità è decisamente più alto rispetto a quello indicato nelle tavole della sopravvivenza, a parità di età. Agisce un effetto selezione: si ricoverano gli anziani con perdita di autonomia funzionale superiore allo standard. Ma anche un effetto prodotto dal processo di istituzionalizzazione. Si mantiene così un equilibrio tra domanda e offerta, ma la sovramortalità istituzionale è una questione che le politiche per gli anziani dovrebbero affrontare.

Va’ dove ti porta il Tfr

La riforma delle pensioni permetterà di investire il trattamento di fine rapporto nei fondi pensione. Ma questo avrà importanti effetti anche sul mercato del lavoro. Il Tfr non potrà più essere utilizzato come finanziamento a costi inferiori a quelli di mercato e le piccole imprese in particolare perderanno l’incentivo ad allungare la durata del rapporto di lavoro. Così aziende e lavoratori (che dovrebbero considerare tutti i rischi impliciti nelle diverse scelte) potrebbero avere un interesse comune nel non aderire alle possibilità aperte dalla riforma.

Perché aspettare fino al 2008?

Le simulazioni effettuate da  Tito Boeri e Agar Brugiavini indicano che una riforma delle pensioni più graduale, ma che partisse subito, sarebbe più equa e otterrebbe risparmi maggiori dell’ultima proposta governativa. Vincenzo Galasso si chiede perchè allora c’è questo rinvio: forse dipende dalla dislocazione territoriale delle pensioni di anzianità e del voto alla Lega, che si è battuta accanitamente per rinviare ogni intervento a dopo il 2008, e che sta chiedendo ulteriori ritocchi alla proposta forse per salvaguardare altre generazioni di lavoratori soprattutto in Lombardia.

Dallo scalone alla scaletta

Per contribuire in modo costruttivo al dibattito sulla riforma previdenziale, abbiamo simulato gli effetti della riforma proposta del Governo. Si ottengono risparmi inferiori allo 0,7 per cento del Pil e rimane un forte inasprimento della normativa nel 2008. Non sarà più uno scalone, ma non è neanche uno scalino. Stravolta la filosofia responsabilizzante della riforma Dini: ci sarà molta meno libertà di scelta su quando andare in pensione.

Scalate in alta quota

Con “quota 96” non è possibile raggiungere risparmi neanche lontanamente vicini allo 0,7 per cento del Pil. A risultati simili si può arrivare con un intervento sui requisiti anagrafici minimi e facendo partire subito la riforma. La riduzione della spesa pensionistica potrebbe così essere ottenuta in modo più graduale, più efficace e più equo. E si potrebbero finalmente finanziare anche i sempre più necessari ammortizzatori sociali. Come dimostrano le simulazioni su una ipotetica riforma che ponga quattro “traguardi” anagrafici

L’aliquota fa la spesa

I fondamenti teorici del modello contributivo insegnano che la spesa, espressa in percentuale della massa retributiva imponibile, è unicamente determinata dall’aliquota di computo. L’aumento dell’età pensionabile è quindi del tutto ininfluente nel governo della spesa stessa. Serve, invece, a contenere il processo di impoverimento che investe, negli anni, le pensioni per effetto della indicizzazione ai soli prezzi. Né va dimenticato che ogni differenza fra l’aliquota di finanziamento e quella di computo non si limita a compromette la sostenibilità del sistema ma reintroduce anche disparità di trattamento fra lavoratori.

Quale Authority per i fondi pensione

Il disegno di legge del Governo sembra prevedere per i fondi pensione una vigilanza per tipologia di intermediari. Ma è una scelta dubbia. Sempre più il fondo pensione assume la veste di organizzazione istituzionale degli interessi dei propri aderenti. E dunque ha nelle banche e nelle assicurazioni una controparte. L’affidamento della tutela della sua stabilità patrimoniale allo stesso organismo che vigila su quella degli intermediari finanziari produrrebbe un singolare conflitto di interessi.

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