Le immatricolazioni negli atenei italiani sono in calo. Non è una buona notizia per un paese che ha già un basso numero di laureati. Il fenomeno ha varie cause e non è uniforme in tutte le zone del paese. Ma ha riflessi rilevanti sul bacino di domanda delle università. E sul loro finanziamento.
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Per poter verificare meriti e demeriti dei vari sistemi di organizzazione didattica, classi di livello comprese, gli studenti dovrebbero essere assegnati in modo casuale all’uno o all’altro. Ma ciò significherebbe ignorare legittime preferenze individuali. Progetti pilota per superare le difficoltà.
Da tempo si preannunciano nuove regole per l’abilitazione scientifica nazionale dei docenti universitari. Ma prima di costringere l’università a un nuovo periodo di incertezza, sarebbe stato utile valutare se l’Asn avesse raggiunto i suoi obiettivi. E uno dei principali era ridurre i favoritismi.
La legge di stabilità ha stanziato 290 milioni per un bonus da spendere in attività culturali destinato a chi compie 18 anni nel 2016. Peccato che ne siano esclusi i giovani extracomunitari, compresi quelli che sono nati in Italia e frequentano le nostre scuole. Integrazione e ruolo della cultura.
L’abilitazione scientifica nazionale si basa, almeno in parte, su misure “bibliometriche” di produttività e qualità accademica. Senza rinunciare a valutazioni qualitative dei singoli lavori di ricerca, possono rappresentare un filtro minimo. Anche in settori restii ad accettarle, come il diritto.
Le pluriclasse sono composte da alunni di età diverse iscritti ad anni di scuola diversi. In Italia si trovano nei comuni delle cosiddette aree interne. Sono un bene o un male per i bambini? Difficile dirlo perché non ci sono dati per studiarle. E allora come decidere se mantenerle o chiuderle?
I problemi dell’università italiana si risolvono solo delineando senza ipocrisie un mercato della formazione. Dove le tasse universitarie rappresentano la quota più significativa del bilancio degli atenei, ridimensionando il ruolo dei fondi pubblici. Per i meritevoli, sostanziose borse di studio.
La riforma Gelmini ha introdotto criteri meritocratici nell’università italiana. Ma lo spirito della legge è talvolta vanificato dalle scelte dei dipartimenti, specie se le abilitazioni sono di massa. Servono criteri trasparenti e verificabili ai quali i consigli siano obbligati ad attenersi.
Un diplomato su tre e un laureato su cinque sono convinti che la loro attività lavorativa potrebbe essere svolta anche con un titolo di studio inferiore a quello che hanno conseguito. Lo spreco di capitale umano comporta inefficienze e costi ingenti per gli individui, le famiglie e lo Stato.
Il nostro sistema universitario è suddiviso in 367 settori scientifico-disciplinari, raggruppati in 188 settori concorsuali, con ripercussioni su didattica e avanzamenti di carriera. E se non è facile delineare confini disciplinari precisi, il buon senso suggerisce di evitare inutili segmentazioni.