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Categoria: La parola ai numeri Pagina 23 di 30

Mai così tanto ricambio

Il grafico mostra la percentuale di nuovi senatori rispetto ai seggi previsti nel Senato della Repubblica (315). Si nota come questa legislatura si prefigura essere la più innovativa dal punto di vista di nuove presenze a Palazzo Madama. Speriamo che al rinnovamento corrisponda anche la competenza.

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Fonte: Ministero dell’Interno e Senato della Repubblica. A cura di Pietro Scarpa e Filippo Teoldi

Nota metodologica: Nel caso di eletti in più circoscrizione (visto che ad oggi non è ancora chiara la loro scelta). Abbiamo assegnato loro il seggio in cui avevano ricevuto più voti, considerando invece per gli altri seggi il primo non eletto.

Precisazioni all’articolo “Tanto Pdl, poco capitale sociale”

 

Screen Shot 2013-03-01 at 11.47.53Correlazione semplice tra blood donation e % voti al pdl (alla camera nel 2013): -0.4711***
Correlazione condizionata a dummy nord-est (ne), nord-ovest (no), centro, sud. Isole sono la excluded dummy.

Lo scatter è lo scatter dei residui della partitioned regression. In questo modo la correlazione è depurata dell’effetto delle dummy per nord/centro/sud. Inoltre, essendo plottati i residui, i valori non corrispondono piú al numero di sacche per 100 abitanti.

Ai residui è aggiunta la media, in modo che non siano centrati a zero

 

 

Tanto Pdl, poco capitale sociale

Su Lavoce.info abbiamo dedicato ampio spazio nei giorni scorsi ad analisi che si propongono di rispondere alla domanda che più frequentemente ci viene rivolta quando viaggiamo all’estero: “Perché gli italiani continuano a votare per Berlusconi?”.

2012, un brutto anno che finisce male

Con una crescita a meno 2,2 per cento, il Pil 2012 dell’Italia torna a 6,5 punti in meno rispetto a prima della crisi. Il quarto trimestre è il peggiore dei sei trimestri di recessione. Per colpa della peggiore congiuntura internazionale ed europea. Ma anche del fisco e delle mancate liberalizzazioni.

Beppe Grillo: la morte delle aziende

Hanno chiuso 650.000 aziende in due anni, 35 piccole/medie imprese falliscono ogni giorno».
Dichiarazione tratta da un comizio di Grillo e ripresa da Servizio Pubblico del 17 gennaio

La frase, tratta da un comizio di Grillo e ripresa da Servizio Pubblico del 17 gennaio è divisa in due parti.

Parte 1: “Hanno chiuso 650.000 aziende in due anni”. VERO.  Ma è necessaria un’importante precisazione.

Ecco i dati:

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Da cui si ricava l’affermazione vera di Grillo (338206 + 341081 = 679.287, più o meno 650 mila).

Di cui il grafico relativo:
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PRECISAZIONI

  1. Il dato citato da Grillo non descrive di per sé una situazione di difficoltà dell’economia, quanto piuttosto un fenomeno fisiologico, è confermato dalla sua evoluzione nel tempo, che non accelera negli anni della grande recessione.
  2. Le cessazioni descrivono, in realtà, un fenomeno amministrativo piuttosto che economico e includono vari casi (scioglimento imprese, morte di imprenditori individuali, cambiamenti di ragione sociale per fusioni o motivi fiscali, e altro ancora). Per esempio, quando un tribunale dichiara un fallimento l’impresa non è cessata, ma risulta ancora iscritta al registro delle imprese; al termine della procedura fallimentare (che dura in media 9 anni) l’azienda può essere sciolta e cessata dal registro. Recenti lavori empirici sull’universo dei dati INPS nelle province di Treviso e Vicenza hanno cercato di stimare la quota di “false” cessazioni utilizzando un semplice criterio: una cessazione è definita falsa se almeno l’80% della forza lavoro dell’impresa che chiude riappare in un’altra impresa. Pur trattandosi anche in questo caso di un’evidente sottostima, i dati sugli anni ’90 ci dicono che la quota di false cessazioni sul totale oscilla tra un minimo del 23% a un massimo del 38%.

I giovani esclusi dal voto

grafico giovani

L’indice di malessere dell’Italia

GraficoFesta
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat, aggiornati a novembre 2012.
* Tasso di disoccupazione: valori percentuali, classe di età 15 anni e più, dati destagionalizzati e mensili.
** Tasso di inflazione: indice dei prezzi al consumo, valori percentuali tendenziali, dati mensili.

COSA MISURA

L’indice di malessere è dato dalla somma del tasso di inflazione e del tasso di disoccupazione ed è stato sviluppato dall’economista americano Arthur M. Okun durante la crisi energetica degli anni Settanta, che faceva registrare negli Usa, e non solo, elevati valori per entrambi.
Utilizza come funzione di perdita sociale da minimizzare, con saggio marginale di sostituzione costante, una funzione che ha come argomenti il tasso d’inflazione e il tasso di disoccupazione e che, seppur con alcuni limiti, si presta a un’analisi piuttosto intuitiva della “temperatura” all’interno di un paese. (1)
L’indice è utilizzato anche come termine di paragone tra i diversi Governi americani. Risultati positivi o in media in termini di indice di malessere, si sono avuti con Eisenhower, Johnson e Kennedy, mentre, in negativo, si segnala in particolare l’amministrazione Carter, sotto la quale raggiunse livelli record: oltre sedici punti di media, con punte superiori ai ventuno. Truman invece è stato il presidente che ha visto registrare durante il proprio mandato il calo dell’indice più consistente nella storia americana (-10 punti), l’esatto contrario di Nixon (+9). Barack Obama, infine, che aveva ereditato un indice di 7,8, arrivato nel corso della crisi economica anche oltre i dodici punti, attualmente si trova a gestire un valore non lontano dai dieci. (2)

IL MALESSERE ITALIANO

Nell’Italia degli ultimi quattro anni, l’indice di malessere ha fatto registrare, nella parte finale del 2009, un salto da poco più di otto punti a dieci, principalmente a causa di un balzo del tasso d’inflazione; è poi rimasto sostanzialmente stabile nel 2010. Ma dal gennaio 2011 ha visto un incremento pressoché costante fino alla sua esplosione, nell’autunno dello stesso anno, con sfondamento del muro dei dodici punti proprio a ridosso della caduta del Governo Berlusconi.
In seguito, tuttavia, la situazione non è migliorata. Sotto il Governo Monti, l’indice di malessere ha toccato anche i quattordici punti e non accenna a diminuire, soprattutto a causa del tasso di disoccupazione che sta sperimentando una preoccupante crescita dall’estate 2011.

(1) Uno dei limiti, ad esempio, è il considerare sostanzialmente equivalenti un incremento di un punto percentuale del tasso di disoccupazione o del tasso di inflazione.

(2) Fonte: U.S. Department of Labor.

Ma il concorsone giova agli studenti?

concorsone                                               Fonte: elaborazione dati Miur

Il grafico qui sopra mette in relazione la percentuale di aspiranti insegnanti al liceo promossi su partecipanti al concorsone per l’assegnazione di 11.542 cattedre del 17-18 dicembre scorso (asse verticale) e il punteggio medio ottenuto dagli studenti nelle prove Invalsi 2012 (asse orizzontale) per i test della scuola secondaria di II grado* nelle diverse regioni italiane.
Chi nasce e si istruisce al Sud ha una preparazione scolastica inferiore rispetto ai coetanei del Nord, ma anche gli aspiranti insegnanti sembrano essere meno preparati rispetto ai colleghi del Nord.
Visto la campagna elettorale alle porte: come si presentano e quali sono le proposte per ridurre tale disuguaglianza? Aumentando la mobilità extraregionale degli insegnanti? Dando l’opportunità ai dirigenti scolastici di distribuire premi meritocratici fra gli insegnati migliori? Migliorando gli investimenti in infrastrutture? Obbligo di un buon Governo dovrebbe essere anche quello di omogeneizzare il più possibile la qualità dell’istruzione di base offerta ai propri cittadini senza penalizzarli perchè sono nati in regioni “sfortunate”.

 

 

 

* espresso come media per le materie di  matematica e italiano.


Se i ricchi non piangono

Il grafico qui sotto è tratto dalla Rodolfo Debenedetti lecture di Emmanuel Saez (Bocconi, 11 dicembre 2012). Mostra che lo 0,1 della popolazione con redditi più alti negli Stati Uniti ha subito inizialmente gli effetti della Grande recessione, che ha colpito proprio la sua ricchezza finanziaria, ma si è rivelato in grado di ricostruire redditi e patrimoni molto rapidamente, non appena i mercati finanziari si sono ripresi. È questo ciò che differenzia maggiormente la crisi attuale da quella del ’29. Allora, come si vede nel grafico, i redditi della parte più ricca della popolazione furono intaccati in modo permanente dalla recessione. Oggi le recessioni hanno solo effetti temporanei sui redditi dei più ricchi che, non appena l’economia riparte, rimbalzano al di sopra dei livelli pre-crisi, a differenza di quanto avviene per il resto della popolazione per cui la perdita del lavoro provoca effetti duraturi sui redditi. Da notare inoltre che l’incremento di reddito dello 0,1 più ricco si accompagna ad un abbassamento delle tasse (linea rossa). In altre parole, non sembra esserci nulla d’inevitabile in questo aumento delle disuguaglianze.

saex grafico

 

Btp e Bonos: spread a confronto

spread ita spa
Il grafico qui sopra mostra la differenza fra il rendimento dei btp e i bonos decennali nell’ultimo anno. Come si vede l’Italia nella fase finale del Governo Berlusconi era percepita come maggiormente a rischio della Spagna. Dal decreto salva-Italia in poi la situazione relativa del nostro paese è migliorata e oggi possiamo finanziarci pagando interessi inferiori  rispetto alla Spagna. Ci sono vantaggi nel non essere i più esposti. Vediamo di non perderli.

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