Con il Ddl scuola approvato alla Camera arrivano nuovi poteri per i presidi e anche criteri che ne delimitano parzialmente i poteri. La questione di fondo è se la scuola sia un’azienda (senza scopo di lucro). Studenti e docenti hanno sempre pensato di no. Qualcuno che possa decidere e prendersi le responsabilità ci vuole. Ovunque nel mondo i test Invalsi – da noi boicottati – producono risultati standardizzati che potrebbero aiutare a individuare i problemi della scuola. In Italia i risultati dei test sono migliori nelle classi dove c’è l’aiutino del professore amico. Urge finanziarne una valutazione indipendente di efficacia per ridare loro credibilità.
Più difficile evadere le tasse, pagare in nero, corrompere, rapinare, vivere in clandestinità, gestire prostituzione e droga: il denaro elettronico non è la panacea per questi mali sociali, ma aiuta. E un’indagine dice che il 60 per cento degli italiani lo vede con favore. Il suo utilizzo non deve però essere gravato da costi.
Davvero le donne delle famiglie mafiose hanno assunto un ruolo di potere nelle organizzazioni? Così sostengono molti media ma i dati su denunce, arresti e condanne sembrano per ora descrivere il fenomeno come marginale. Ci sono però cose che i dati non dicono su cui sono utili le ricerche in corso.
Migliorare l’accesso al mercato dei capitali, aumentare la diversificazione delle fonti di finanziamento, incrementare l’efficienza dei mercati: sono ambiziosi gli obiettivi della Commissione europea per l’Unione dei mercati dei capitali. E rimane in sordina il vero nodo controverso, quello di un’unica autorità di vigilanza.
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Enel – pare – contribuirà allo sviluppo della rete in fibra di banda ultra-larga in tutto il paese. Un progetto con una sua logica se realizzato in sinergia con Telecom Italia e altre società di Tlc. La concorrenza tra operatori ipotizzata dal governo ha invece in questo ambito poco senso.
Nella nuova politica Ue dell’immigrazione, grande enfasi politica accompagnata però a piccoli progressi e impegni inadeguati e riluttanti. Se i governi europei vogliono farsi carico di rifugiati e richiedenti asilo in modo cooperativo, serve altro. Come canali d’ingresso sicuri e misure di rapido reinsediamento.
Il Pil italiano è tornato alla crescita nel primo trimestre 2015 con un +0,3 per cento. Prima volta dal 2011. Mancano però ancora nove punti rispetto ai livelli di sette anni fa. Vedere il grafico per credere. Nei prossimi mesi la crescita europea beneficerà anche dei risultati reali del Quantitative easing della Bce iniziato in marzo. Per ora, giù il cambio euro-dollaro e i tassi d’interesse e su la fiducia, ingrediente essenziale dello sviluppo. In Grecia, invece, si continua a navigare a vista. Qualche miglioramento di cassa nei conti pubblici si scontra con la mancanza di liquidità per obblighi di pagamento interni (stipendi pubblici, pensioni, sanità) e rimborso del debito estero. Si preannuncia un’estate molto calda sotto il Partenone.
La recente riforma smuoverà le acque negli assetti paludosi delle banche popolari. C’è da rafforzare la capacità loro e delle altre banche locali legate al territorio nel mantenere attivi i flussi di credito a imprese e famiglie. Ma anche da ricondurre le più grandi di queste – oggi potentati incontrollabili – a normali logiche economico-finanziarie.
È positivo sentirsi sicuri di sé. Ma senza esagerare. L’eccessiva fiducia nelle proprie capacità espone a una pericolosa sottovalutazione dei rischi. Lo si vede nello sci-alpinismo, con conseguenti tragedie. Da uno studio su questo sport, alcune considerazioni utili per la vita di tutti i giorni, privata e professionale.
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Il Pil dell’Italia smette di stagnare e ritorna a crescere non marginalmente su base trimestrale (+0,3 per cento rispetto al quarto trimestre 2014).
E’ per la prima volta che ciò accade dopo la crisi dell’euro dell’estate 2011. Speriamo che sia il primo di una lunga serie di trimestri positivi. Ce n’è bisogno: al Pil di oggi mancano 9,4 punti percentuali rispetto al livello raggiunto sette anni fa, nel primo trimestre 2008.

L’annullamento da parte della Consulta della deindicizzazione delle pensioni più alte del 2011 è una bomba a orologeria nei conti pubblici. È anche irragionevole perché con la sua decisione discrimina tra pensionati di oggi – meritevoli di tutela – e lavoratori pubblici e pensionati di domani che invece, secondo l’Alta corte, evidentemente non lo sono. Si parla (lo abbiamo fatto anche su questo sito) di reversibilità della pensione anche per le unioni civili. Ci sarebbero una più ampia platea di aventi diritto e più basse prestazioni, con marginali effetti sui conti pubblici. Meglio se entità e destinazione della reversibilità fossero una scelta, non un obbligo di legge.
Che cosa succederà con l’Italicum? Certo non la fine della democrazia. Molto fermento invece nel sistema politico con partiti che si organizzeranno in modo da trarre vantaggio (o minor danno) dalle nuove regole su preferenze, capilista bloccati, candidature multiple, eventuale ballottaggio. Qualche lezione sulle logiche del maggioritario si può trarre dall’esito delle elezioni britanniche. Dove Cameron cannibalizza i suoi alleati lib-dem ed esce vincente con uno striminzito +0,7 per cento di voti in più. Mentre i laburisti guadagnano suffragi ma sono sconfitti dal boom dello Scottish national party. Con tutta probabilità, addio Regno “Unito”.
Anche grazie al Quantitative easing della Bce, i mercati azionari europei ritornano ai livelli pre-crisi. Il rischio è che i piccoli investitori entrino tardi nelle borse, comprando a prezzi troppo alti e rimanendo delusi. Una più diffusa educazione finanziaria ridurrebbe gli errori dei risparmiatori.
Questa volta l’Italia in testa a una classifica! Siamo tra i paesi con più parti cesarei: quasi il 40 per cento del totale, con punte del 60 per cento al Sud. Un costo per il Servizio sanitario, uno spreco nella maggior parte dei casi. Il modo per ridurre questi numeri alla normalità ci sarebbe. Lo insegnano piccoli e grandi casi di successo, a Castellammare di Stabia e in Lombardia.
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Nel Regno Unito la buona salute dell’economia e la straripante affermazione dei separatisti scozzesi confermano Cameron e asfaltano le speranze dei laburisti. Utile comunque riflettere sul bipartitismo britannico, che esce comunque azzoppato, come già nel 2010. In Italia dal luglio 2016 avremo un nuovo sistema elettorale, l’Italicum. Che farà uscire un vincitore chiaro dalle elezioni. A patto che la riforma del Senato superi il lungo e impervio iter previsto dalla Costituzione.
Non si usano più i tagli lineari stile Tremonti per ridurre le risorse di 900 milioni di euro alle ex province e alle regioni a statuto ordinario. Si guarda invece alla differenza tra capacità fiscale e spesa standardizzata di ogni ente. Il rischio è comunque quello di penalizzare gli enti locali virtuosi.
Con lo “Sblocca Italia” il governo proroga generosamente le concessioni autostradali per tutti (e fino a 31 anni per l’Autobrennero!). Meglio tenere a mente che le concessioni autostradali di norma (europea) non dovrebbero superare i cinque anni.
L’analisi dei dettagli del nuovo disegno di legge sul mercato della prostituzione mette in luce che creare e fare funzionare un mercato non è cosa ovvia. Troppi – e umilianti – adempimenti burocratici sarebbero di freno all’affermarsi della legalità contro lo sfruttamento criminale di oggi. In ballo 900 milioni di potenziali tasse che lo stato potrebbe incassare.
Parità di genere e valorizzazione delle diversità, due principi che le norme europee sulla corporate governance vorrebbero vedere applicati. Sembrano in contrasto, ma possono essere strumenti complementari per una più completa affermazione delle donne nel mondo aziendale.
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La decisione della Consulta sull’adeguamento delle pensioni farà salire la spesa pubblica di oltre 8 miliardi. Più difficile per il governo evitare lo scatto degli aumenti di accise e Iva già previsti per il 2016. Torna così in auge il ricorso ai costi standard per tagliare la spesa degli enti locali. Con seri problemi di attuazione.
L’Expo di Milano è partito. Nonostante i “no” a prescindere e le devastazioni. Nonostante gli inviti (anche di questo sito) a spendere diversamente i soldi pubblici. Ora che c’è, l’importante è che tutto sia fatto per bene. È il Pil dell’Italia che deve salire, non solo il reddito dei fortunati e bravi coinvolti nella manifestazione.
Mentre il mondo della scuola va in piazza per difendere quel che c’è, accendiamo un faro su un tema di cui si parla poco: le assenze dei docenti e la loro correlazione con i tassi di abbandono scolastico. E ciò avviene più al Sud che al Nord. Se la scuola non funziona, si ingessa la struttura sociale. I dati dicono che nelle province italiane in cui manca la mobilità sociale vengono meno anche reddito, scolarizzazione e posti di lavoro. “Mobilità sociale” è il tema di quest’anno del Festival dell’Economia di Trento dal 29 maggio al 2 giugno. Con eventi organizzati da lavoce.info.
Con i decreti attuativi della delega fiscale migliora la possibilità di definire in anticipo gli aspetti di natura fiscale e legale dell’attività delle multinazionali. Una maggiore certezza nei rapporti impresa-erario serve ad attrarre capitali esteri ma anche a far sì che le multinazionali paghino un giusto ammontare di tasse.
I derivati usati dal Tesoro non sono diavolerie ma strumenti per la copertura dei rischi finanziari. Su cui si sono finora persi tanti soldi (1,5 miliardi all’anno tra il 2007 e il 2013). Il loro uso e – soprattutto – la loro modalità di registrazione nel bilancio dello stato devono diventare più trasparenti.
Massimo Baldini e Ugo Trivellato rispondono ai commenti al loro articolo “Perché puntare sul reddito di inclusione sociale”
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Primo maggio, una festa del lavoro ancora una volta con poco lavoro e mal distribuito per genere, età e geografia. Nel lavoro al femminile le quote rosa hanno scalfito il soffitto di cristallo nelle posizioni dirigenziali. Ma la riduzione del divario occupazionale che si vede arriva solo perché tra gli uomini si è perso il lavoro, non perché le donne l’abbiamo trovato. Per ridurre davvero il gender gap servono interventi che aiutino le donne a conciliare le troppe esigenze che cascano sulle loro spalle.
L’ottimismo del ministro Poletti sulle future pensioni dei giovani di oggi è ingiustificato. Il rapporto Brambilla usato dal responsabile del Welfare si basa su attese di crescita economica poco plausibili. In più, a carico delle nuove generazioni ci sono contributi previdenziali ben maggiori.
Arrivano i primi effetti delle regole del Jobs act su assunzioni e licenziamenti. Con la maggiore possibilità di licenziare, anche la disponibilità di alcune imprese a discutere di clausole individuali o aziendali che vadano oltre le scadenze temporali del contratto a tutele crescenti. O ad offrire come benefit la reintegra per licenziamento illegittimo. È in stallo la riforma dei Servizi pubblici per l’impiego. Il rischio da evitare è che la nuova Agenzia per l’occupazione sia un mostro statalista che da Roma legiferi sulle politiche attive del lavoro della Val Camonica e della regione Calabria. Meglio una soluzione light che metta a fattor comune le esperienze regionali positive.
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Un contratto non è mai a costo zero. L’istituzione-notaio è quella piattaforma che stabilizza le aspettative e riduce incertezze e costi, mentre il giudice è il vero utente finale del rogito dove il plusvalore economico-legale è quindi dato dalla migliore tenuta in causa. Si chiama marketability: nel mercato, ma non-di-mercato.
Il 5 maggio il mondo della scuola va in piazza contro il progetto di riforma della ministra Giannini. Gli scioperanti contestano il forte potere discrezionale che si vuole assegnare ai dirigenti scolastici. Con qualche ragione, data la vaghezza sui criteri per fissarne obiettivi e misurarne i risultati. Dietro le bandiere, docenti e non docenti rischiano però di arroccarsi su uno status quo indifendibile.
Diritti acquisiti di chi è o va in pensione con le vecchie regole e diritti da acquisire per i giovani lavoratori, soggetti a prelievi contributivi più pesanti in cambio di ridotti benefici futuri: ognuno ha le sue ragioni. Poi, però, arrivano l’economia e la demografia e le promesse di benefici futuri diventano d’improvviso molto labili.
Quanto è utile a 19 milioni di contribuenti il modello 730 precompilato? Dipende. Per lo più dal numero delle fonti di reddito e da detrazioni o deduzioni. Comunque più lavoro per Caf e commercialisti (ora responsabili degli errori). E una certa benigna noncuranza del fisco per una modica quantità di evasione legittimata.
A un anno dal suo varo, il bonus da 80 euro rimane un rebus, per quanto elettoralmente suggestivo. Se si voleva semplificare e ridurre la tassazione sul lavoro, sarebbe stato meglio agire sulle detrazioni d’imposta. E se si voleva dare a chi non ha, perché escludere incapienti e pensionati poveri? In ogni caso, il bonus ha almeno contrastato la riduzione dei redditi lordi e sostenuto marginalmente i consumi. Con solo scarsi effetti positivi sulla redistribuzione del reddito. Parlando di disuguaglianze, uno studio sui contribuenti del Trentino (gli unici su cui esistono dati accurati) ci dice che la crisi ha impoverito chi era già povero, il che era noto. Ma si scopre anche che i ricchi (tra i quali aumentano i pensionati) hanno perso in proporzione più dei poveri.
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Alcuni chiarimenti sul reddito minimo
Di Massimo Baldini e Ugo Trivellato
il 05/05/2015
in Commenti e repliche
Sul tema del Reddito di Inclusione sociale (Reis), o comunque di un reddito minimo, vi sono stati numerosi commenti al nostro articolo.
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