Sembra ripartire una stagione di privatizzazioni. Da Ferrovie a Poste italiane, da Enel alle società del capitalismo municipale come A2a, qualcosa si muove. Un po’ per far spazio al mercato. Ma c’è anche l’impegno del governo con la Ue a incassare annualmente lo 0,7 per cento del Pil nel 2014-17 dalla vendita di asset pubblici. Nel frattempo si fatica a capire il senso economico dell’offerta di Mediaset su Rai way, controllata dalla Rai al 65 per cento e soggetta a regole che ne impediscono il passaggio in mano privata.
Causa colpevoli ritardi e incidenti di percorso (la cosiddetta norma salva-Berlusconi sui reati tributari), il governo avrà altri sei mesi di tempo per l’attuazione della delega per la riforma fiscale. Finora si è proceduto in ordine sparso, con l’emanazione di tre decreti e qualche misura inserita nella legge di Stabilità. Parlando di fisco, nessuno dubita che ci sia da razionalizzare la progressività dell’Irpef. Un modo è quello di ridurre le detrazioni familiari per chi ha redditi bassi, dandogli in cambio un trasferimento basato sulla prova della loro indigenza.
Ora che la Commissione europea ha messo nero su bianco i margini di flessibilità verso gli stati Ue in recessione, è ancora più importante valutare con precisione il potenziale di crescita di un paese. Ecco le istruzioni per la stima dell’output gap da cui tanto dipende il giudizio della Ue sui nostri conti pubblici. Convince poco il piano Juncker di investimenti per l’Europa. Con ottimismo si spera di trasformare i 21 miliardi messi a disposizione da Ue e Bei in 315 miliardi di investimenti. Ma è dubbio che i beneficiari possano essere i paesi in crisi e non quelli con i conti pubblici più in ordine.
Un nuovo ingresso in redazione: Vincenzo Galasso che i lettori de lavoce.info già conoscono attraverso numerosi suoi interventi. A Vincenzo, che ci darà un contributo originale e di alto livello soprattutto nell’area dei sistemi pensionistici, un caloroso benvenuto.
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Opa sulle torri Rai e Rcs libri in Mondadori: due operazioni industriali targate Mediaset che, se attuate, ridurrebbero la concorrenza e il pluralismo nell’informazione e nella cultura. Rischi forse evitabili. Tenendo gli utilizzatori del segnale Tv (Rai e Mediaset) fuori dal capitale della società che gestisce la rete. E imponendo a Rcs e Mondadori di sfrondare i loro bouquet di case editrici.
L’estensione a giugno del prestito europeo alla Grecia porta sollievo ma anche nuovi dilemmi al governo Tsipras. Per marzo in arrivo pressanti scadenze finanziarie rese più drammatiche dal pessimo andamento delle entrate tra fine 2014 e inizio 2015. Lo spettro di conti pubblici greci di nuovo fuori controllo.
Ora che parte il Quantitative easing all’europea, la riforma dell’azionariato della Banca d’Italia del 2013 rischia di avere conseguenze destabilizzanti. Un vero grattacapo per il governatore Ignazio Visco. Vediamo perché.
Abbiamo raccolto in un nuovo Dossier il confronto tra diversi autori sul Jobs act pubblicato su lavoce.info. In più, un commento di Ugo Trivellato a “Il contratto a tutele crescenti è legge. È una buona notizia?” di Pietro Garibaldi e a ”La povertà continua a non essere in agenda” di Chiara Saraceno. Ci chiediamo anche come evitare che i precari di oggi diventino pensionati precari domani. Una risposta può essere il rilancio della previdenza complementare alimentata dal Tfr con incentivi ad hoc.
Il disegno di legge sulla concorrenza tocca notai, avvocati e farmacisti ma lascia ampia discrezionalità agli ordini professionali. Solo un piccolo passo avanti, almeno da approvare presto.
La redazione festeggia la nascita del figlio dell’amico e collega Gilberto Turati e di Serena. Benvenuto Filippo!
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Annunciata un anno fa, la riforma del mercato del lavoro -il Jobs act- è diventata legge delega a fine anno e il governo ha subito cominciato a emanare i decreti. Un cammino segnato da un confronto intenso, talvolta aspro, che abbiamo seguito con gli articoli raccolti in questo Dossier.
Proposta per la prima volta sulle pagine de lavoce.info, l’idea del contratto a tutele crescenti è diventata legge dello stato. L’efficacia della riforma sarà misurata in termini di riduzione della precarietà. Un risultato non scontato, su cui pesano alcuni errori d’impostazione. Il Jobs act -da completare nei prossimi mesi- mira anche a far emergere le finte partite Iva e i contratti a progetto che ingrossano le fila del precariato. Facciamo i conti per scoprire quali e quanti sono i collaboratori che potranno diventare subordinati. Anche ricorrendo in tribunale.
Sette le aree toccate dal Disegno di legge sulla concorrenza: assicurazioni, comunicazioni, poste, energia, banche, professioni e salute. Provvedimenti specifici e necessari per modernizzare l’Italia. Esclusi ingiustamente taxi, farmacie, servizi pubblici locali e ferrovie. Mentre le categorie colpite torneranno alla carica in Parlamento.
A che punto sono le riforme istituzionali? Con l’approvazione dell’Italicum, nuova legge elettorale per la Camera, andrà in soffitta -senza rimpianti- il Porcellum. Ma la partita della riforma del Senato è ancora tutta da giocare. Sarà una procedura di modifica costituzionale lunga e complessa.
Da Bruxelles arriva un test di realtà per la Grecia, per il neo-premier Tsipras e per i suoi elettori. Il minimo di flessibilità ottenuta richiede di fare comunque le impopolari riforme richieste.
Il rischio di nuove crisi “di sistema” accresce i livelli di capitale che le banche dovrebbero tenere a riserva. Da calcoli fatti alla New York university si scopre che alcune grandi banche europee (anche italiane) sono molto esposte a questo tipo di rischio. Risultati molto diversi da quelli usciti dagli stress test della Bce.
Tra pochi giorni parte il Quantitative easing, la nuova strategia della Bce per aiutare la crescita. Vediamo la catena di effetti sull’economia italiana. Il Pil potrebbe salire dello 0,4 per cento già quest’anno.
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Ammortizzatori sociali: cosa va bene e cosa no
Di Ugo Trivellato
il 27/02/2015
in Commenti e repliche
Lo schema di decreto legislativo sugli ammortizzatori sociali, approvato dal Consiglio dei ministri il 24 dicembre 2014, ha dovuto attendere 20 giorni, e accogliere alcune modifiche volte ad assicurarne la copertura finanziaria, per la “bollinatura” da parte della Ragioneria generale dello Stato e il successivo inoltro al Parlamento. È stato poi approvato dal Consiglio dei ministri il 22 febbraio senza modificazioni, a quanto si apprende dal comunicato della presidenza del Consiglio.
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