La legge di Stabilità è molto ottimistica nelle stime di recupero dell’evasione fiscale: circa quattro miliardi solo per 2015. Una raccolta di articoli pubblicati su queste pagine analizza un fenomeno molto radicato in Italia e suggerisce alcuni strumenti di contrasto.
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Dominate da politici locali senza scrupoli, le fondazioni bancarie stanno nuovamente ostacolando gli aumenti di capitale degli istituti richiesti dalla vigilanza europea. Il premier Renzi, che vuole combattere i poteri forti, chieda agli esponenti Pd nelle fondazioni di impegnarsi per farle uscire dal capitale delle banche.
Continua il confronto sul metodo con cui la Commissione europea stima il Pil potenziale dell’Italia e degli altri paesi. Tutt’altro che una disputa accademica: si tratta dell’indicatore che Bruxelles usa per valutare le politiche di bilancio nazionali.
Sono realistiche le entrate previste dalla lotta all’evasione fiscale nella legge di Stabilità? Lavoce.info ne scrive da sempre, analizzando questa iattura tanto radicata in Italia e suggerendo strumenti di contrasto. Abbiamo raccolto numerosi articoli sul tema in un nuovo Dossier. Con un taglio di 4 miliardi del gettito Irap previsto dalla manovra economica, le regioni vedono ridursi la loro principale entrata tributaria. E anche i margini di autonomia fiscale che hanno utilizzato articolando aliquote e deduzioni spesso con finalità di politica industriale locale.
Cosa dicono i dati sull’accesso al credito a seconda del tipo di contratto di lavoro? Un dipendente a tempo indeterminato ottiene più facilmente di uno a tempo determinato un mutuo per la casa o un finanziamento al consumo, ma il costo del prestito, se erogato, non è molto diverso tra le due categorie.
Perché lo Stato incentiva i genitori ad avere più figli? Da un punto di vista strettamente economico per tenere in piedi il sistema previdenziale e assicurarsi la capacità contributiva dei futuri adulti. Una buona politica, allora, non è tanto l’elargizione estemporanea di “bonus bebè”.
Le polizze Rc-auto sono più care al Sud, dove gli incidenti sono più frequenti. Le differenze tariffarie territoriali sono comprensibili per il primo anno di assicurazione. Ma nel corso del tempo perché un napoletano che guida con abilità e prudenza ed evita incidenti deve pagare più di un valdostano?
Un nuovo ingresso in redazione: Alessandra Casarico, che i lettori de lavoce.info già conoscono attraverso alcuni suoi interventi. Ad Alessandra, che ci darà un contributo originale e di alto livello soprattutto sui temi della discriminazione e delle politiche per la famiglia, più in generale della finanza pubblica, un caloroso benvenuto.
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“La manovra dimezzata”: aggiornamento dell’articolo “Le sorprese della manovra” alla luce del negoziato del Governo con la Commissione europea.
Al vertice di Ferrovie si confrontano due concezioni molto diverse di privatizzazione e liberalizzazione. Da una parte quella che vuole mettere sul mercato azionario quote minoritarie del gruppo al fine di produrre cassa per il Tesoro ma perpetuando (forse peggiorandolo) lo status quo. Dall’altra chi pensa a privatizzazioni capaci di produrre concorrenza e far crescere nuovi operatori e mercati. È per questo che il presidente Marcello Messori ha rimesso le deleghe?
Imbottite di titoli del debito pubblico -soprattutto del nostro paese- le banche Italiane risultano nell’Eurozona le più invischiate nel circolo vizioso istituti di credito-debito sovrano. Lo dicono gli stress test della Bce. Che però sono stati particolarmente severi nel valutare il nostro sistema in un possibile “scenario avverso”.
Continua il confronto su come determinare il prodotto potenziale, indicatore che l’Europa usa per valutare le politiche di bilancio nazionali. Due economisti della Commissione europea ricordano che si tratta di un metodo condiviso che garantisce pari trattamento a tutti i paesi dell’Unione.
Giusto o sbagliato tagliare le ferie dei magistrati da 45 a 30 giorni? La risposta non è scontata come sembra. Perché la loro funzione comporta flessibilità del tempo libero ma anche del lavoro extra. E le nuove norme rischiano di portare altre complicazioni nell’organizzazione dei tribunali.
Come un fiume carsico, torna alla luce l’estenuante confronto politico sulla riforma elettorale. Rimane il pericolo di soluzioni pasticciate con espedienti di corto respiro per guadagnare nell’immediato. Bene invece guardare ai sistemi collaudati in altri paesi.
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La Commissione europea impone ai governi politiche fiscali restrittive in nome di stime del prodotto potenziale irrealistiche. Meglio piuttosto utilizzare soltanto il Pil nominale effettivo. È proprio alla luce di queste stime che è stato imposto al Governo italiano di dimezzare il contenuto espansivo della manovra. La legge di Stabilità mette sul piatto meno di 2 miliardi nel 2015 per la decontribuzione delle assunzioni a tempo indeterminato, ipotizzando circa 1 milione di neo-assunti. Vuol dire pensare che non ci saranno effetti aggiuntivi, solo sostituzione di trasformazioni di contratti a termine in contratti a tempo indeterminato che avrebbero avuto luogo comunque. Ma anche solo limitandosi a questa cifra, le risorse a disposizione potrebbero non bastare.
Mentre avvia l’operazione Tfr in busta paga (un Dossier raccoglie gli interventi su lavoce.info), il Governo dovrebbe mandare a tutti i contribuenti la “busta arancione” proposta su questo sito più di 11 anni fa.
A un anno dalla partenza del programma europeo Garanzia giovani la nostra previsione che in Italia sarebbe stato un flop purtroppo si è avverata. E anche nel resto dell’Unione è servito ben poco a risolvere il problema della disoccupazione giovanile. Ecco cosa fare per salvare il salvabile. Contabilità del divario Nord-Sud: in cinque anni di crisi, le regioni del Mezzogiorno hanno perso 583 mila posti di lavoro, il 60 per cento della distruzione di lavoro nella penisola. Non regge più il modello di economia assistita che ha funzionato (male) sino a pochi anni fa.
Ingorgo istituzionale tra Stato e Regioni sulla vendita delle case popolari. Il ministero delle Infrastrutture ne vuole la competenza mentre gli enti locali dispongono già di loro normative per i piani di alienazione degli alloggi pubblici. Un braccio di ferro che nasce più da motivazioni elettoralistiche che economiche.
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Meglio il gruzzolo a fine carriera e il risparmio previdenziale o meglio i soldi “pochi, maledetti e subito”? Il Tfr in busta paga può essere un aiuto per i lavoratori in difficoltà economiche ma aggrava l’incertezza sul loro futuro pensionistico.
Vantaggi incerti e svantaggi certi dall’operazione Tfr in busta paga. Ma per capirli e per compiere scelte consapevoli ci vuole più educazione finanziaria e i lavoratori devono avere tutte le informazioni sul loro futuro pensionistico. Non più rinviabile la spedizione da parte dell’Inps della “busta arancione”. Il ministro Poletti si era impegnato a mandarla entro luglio.
Dove è meglio indirizzare gli investimenti massicci previsti da “la buona scuola” del Governo Renzi? Sull’istruzione dell’obbligo o sull’università? Chi patisce il maggiore divario di risorse rispetto agli altri paesi è il sistema accademico.
Nell’attuale testo della legge di Stabilità il Fondo per i non autosufficienti viene finanziato con 250 milioni, 100 in meno dell’anno scorso (cifra già bassa). E siamo ampiamente sotto la media europea per il sostegno a questi cittadini fortemente svantaggiati. Bene porre rimedio a questo grave errore.
Ci vorranno quasi cent’anni -se si continua così- per arrivare alla parità donne-uomini a livello globale. Il nostro paese è tra quelli più indietro: più potere femminile in politica ma la situazione è peggiorata nell’economia, nelle retribuzioni e nell’istruzione.
Insediandosi a capo della Commissione europea, Juncker ha proposto un piano da 300 miliardi di euro (prevalentemente pubblici) in investimenti infrastrutturali. Che farebbero da traino a crescita del Pil e ad altri investimenti privati. Ma sono soldi veri
Bassa capitalizzazione di alcune banche -come denunciato dagli stress test della Bce– ma anche scarsa profittabilità, relazioni pericolose con il debito sovrano del paese, crescita dei crediti in sofferenza: sono le palle al piede del sistema bancario italiano. Che ha bisogno di un urgente processo di consolidamento. Frenato, però, dall’insana ragnatela degli assetti proprietari per buona parte dominati dalle fondazioni.
Gli stress test della Bce hanno indicato alcune nostre banche come le peggiori europee in termini di capitalizzazione. Banca d’Italia ha alimentato il sospetto che il metodo di valutazione abbia sfavorito gli istituti italiani. Bene che chiarisca cosa andava fatto e perché non è stato fatto nell’ambito di procedure concordate. Se non altro per dare credibilità ai test di Francoforte, non certo per riabilitare Montepaschi e Carige, vittime anzitutto delle fondazioni che le controllano.
“Le sorprese della manovra” con i numeri della legge di Stabilità in versione aggiornata dopo le ultime correzioni apportate con lo scambio di lettere tra Katainen e Padoan.
È diffusa l’idea che il bonus da 80 euro non si traduca in consumi. In realtà manca una seria analisi sulla destinazione di quel denaro. Vediamo come potrebbe essere fatta. L’Istat ha i dati per compiere queste analisi. Altrimenti li renda disponibili a chi vuole svolgere queste indagini. Perché se l’effetto si confermasse minuscolo, l’intera manovra, anche se finanziata in parte in disavanzo, può avere effetti recessivi a causa dei tagli di spesa. E quanto può stimolare l’economia (consumi, domanda aggregata e occupazione) il Tfr in busta paga? Se tra il 4 e il 16 per cento dei dipendenti del settore privato deciderà di spenderlo, il Pil potrà aumentare tra lo 0,05 e lo 0,22 per cento. Ma a chi conviene e a chi no la scelta di prendere “pochi, maledetti e subito” i soldi accantonati? Ecco delle simulazioni sulla base di diverse tipologie di lavoratori per verificare cosa gliene viene in tasca nell’immediato e a fine carriera se decidono o meno per il Tfr in busta paga.
I nuovi obiettivi su clima ed energia per il 2030 approvati dal Consiglio europeo prevedono target non molto ambiziosi. La ricerca di un voto unanime ha prodotto un compromesso al ribasso in cui sono prevalsi gli interessi nazionali sulla necessità di un’azione decisa di contrasto al riscaldamento globale.
Altissimo il numero degli studenti italiani che abbandonano l’università o che arrivano alla laurea con grande ritardo. Perché il successo accademico dipende non solo dalle capacità cognitive delle persone ma anche molto da motivazione, pazienza, determinazione. E il nostro sistema accademico non dà sostegno.
Renzo Costi e Francesco Vella replicano all’intervento di Salvatore Bragantini “Chi investe nelle Pmi se l’Opa è ‘à la carte’?”
Un commento di Guido Fabiani, assessore allo Sviluppo economico della Regione Lazio, all’articolo “I sussidi alle imprese: troppi e fuori controllo” di Roberto Perotti e Filippo Teoldi
Grazie a Salvatore Bragantini per le osservazioni che consentono di approfondire e sviluppare le ragioni della nostra proposta.
Prima però alcuni rapidi chiarimenti sul quadro regolamentare. Innanzitutto per le imprese “grandi” il superamento del 25 per cento non comporta l’obbligo di lanciare l’Opa se un altro azionista ha il 25,1 per cento e non necessariamente, come sostiene Bragantini , il 30 per cento. La direttiva comunitaria non impone una soglia fissata dalla legge, ma consente anche allo statuto di determinarla, così come, e rinviamo al nostro articolo, già oggi per tutte le società, la disciplina vigente prevede ampi rinvii allo statuto.
In altri termini, chiunque voglia lanciare un Opa in Italia comunque lo statuto se lo deve guardare e non ci sembra che leggere una clausola in più rappresenti un insormontabile costo, capace di terrorizzare nuovi investitori. Nelle ipotesi, comunque, che il potenziale investitore riesca a fare il biblico sforzo, conoscerà con precisione lo scenario che lo aspetta e non sarà esposto agli inconvenienti finora riscontrarti nella rigidità della soglia fissata per legge e , forse, il mercato funzionerà meglio. Può darsi che questo significhi “vezzeggiare” le Pmi, ma se il problema, come giustamente dice Bragantini, è quello della crescita dimensionale, vogliamo cercare tutte le possibili strade che realisticamente possano aiutare a raggiungere questo obiettivo, oppure continuiamo a tenerci regole che non sono state capaci finora di favorire la fuoriuscita dal “ghetto dimensionale”? Ci fa più comodo un’impresa piccola e familiare che se ne sta ai margini del mercato, oppure un’impresa sempre piccola e sempre familiare, ma meno spaventata perché lei stessa può decidere le modalità di accesso alla quotazione e che si apre alla raccolta di risorse esterne e al vaglio di investitori e analisti? La trasparenza e il mercato guadagnano di più con la prima o con la seconda tipologia di impresa?
E poi, tranquillizziamo Bragantini, se una Pmi quotata supera le soglie dimensionali non dovrà nuovamente cambiare lo statuto, semplicemente le si applicheranno le regole che valgono per tutte le altre società e gli investitori non saranno costretti a trascorrere le loro serate rileggendosi gli statuti.
Finalmente abbiamo un testo e i numeri della legge di Stabilità. Rispetto alle variopinte slides renziane, parecchie sorprese. A partire dal disavanzo aggiuntivo, appena sopra 7 miliardi anziché 11 miliardi. La decontribuzione per i nuovi assunti, poi, ci sarà soltanto per il 2015. Altra sorpresa: le entrate arrivano a 10 miliardi grazie alla previsione di 2,5 miliardi in arrivo dalla tassazione del Tfr in busta paga. Infine, i comuni, a differenza di Regioni e Province, hanno un saldo solo leggermente negativo con lo sblocco di 3,3 miliardi del Patto di stabilità interno.
Meglio investire sui nidi per l’infanzia -che sono frequentati solo dal 17 per cento dei bambini- piuttosto che distribuire sussidi come il bonus bebè. Per molti buoni motivi. Spiegati in un nuovo Dossier sul tema.
Demandare allo statuto delle piccole-medie imprese quotate la fissazione delle soglie dell’Opa obbligatoria -come stabilito nel decreto “Competitività”- ha varie controindicazioni. Prima fra tutte: ve li immaginate gli investitori stranieri che setacciano gli statuti per capire dove conviene investire?
Va nella direzione giusta il decreto sulla giustizia civile che vuole diffondere forme alternative di risoluzione delle controversie come mediazione e arbitrato. Improbabili, però, gli effetti positivi nell’alleggerire i tribunali perché mancano incentivi e stimoli a ricorrere a questi istituti.
Stiamo per fare enormi regali alle concessionarie autostradali con le proroghe fino a oltre il 2043 previste dal decreto “Sblocca Italia” su cui si chiede il voto di fiducia. Nella pressoché totale indifferenza di opinione pubblica e Parlamento. Sarebbe il caso di fare una seria analisi costi-benefici e di sentire il parere degli utenti.
La politica industriale targata Lazio
Di punto
il 27/10/2014
in Commenti e repliche
Gentili Roberto Perotti e Filippo Teoldi, intervengo in risposta al vostro articolo del 18/9/2014 “I sussidi alle imprese: troppi, e fuori controllo”, scusandomi innanzitutto per il ritardo, con l’intento di portare un mio personale e schematico contributo all’approfondimento della questione sia in termini generali che specifici:
Una considerazione finale. Nel vostro intervento ironizzate su una mia dichiarazione troppo entusiasta chiedendovi “come è possibile sorprendersi per il successo di un bando che regala soldi pubblici?”. Nella preparazione e nella gestione dei bandi che abbiamo presentato negli ultimi mesi, ci sono stati molta fatica, molto impegno e molta competenza delle strutture. Ma c’è stato soprattutto molto ascolto dei soggetti potenzialmente interessati, perché siamo convinti di dover dare il massimo di attenzione alle condizioni strutturali di difficoltà che vivono oggi le aziende, per sostenerle ad affrontare i necessari cambiamenti. Abbiamo privilegiato gli interventi sussidiari al mercato e riservato il “fondo perduto” alle iniziative più rischiose o ai soggetti più deboli, in linea con le raccomandazioni europee (“from grants to loans”), evitando logiche puramente assistenziali. So bene che ricevere le richieste dalle imprese è una cosa, e che erogare effettivamente le risorse pubbliche è tutt’altro. Se solo in un’ora dall’attivazione del bando arriva una richiesta pari al doppio delle disponibilità vuol dire che si è almeno centrata un’esigenza e si sono previste modalità di accesso semplici: abbastanza per dichiararmi soddisfatto del lavoro svolto, ma perfettamente consapevole che il percorso non è affatto compiuto. E’ sull’intero processo e sulla sua efficacia in termini di risultati che dobbiamo riflettere per migliorare la capacità di dare risposte alle reali esigenze di cambiamento del sistema produttivo. Noi stiamo provando, probabilmente con limiti ed errori, ad avviare con risorse limitate una politica industriale che superi l’idea dell’utilizzo dei fondi come generici ammortizzatori sociali, e quindi con bandi a maglie larghe, per inserirli, invece, in un contesto di interventi utili a una riorganizzazione del sistema Lazio, sollecitando tutte le risorse presenti e cercando di incentivare i settori trainanti che possano intercettare anche le aree internazionali più dinamiche. Altri, nel passato, hanno utilizzato i fondi disponibili con logiche diverse, a volte con risultati di cui le cronache ci hanno anche raccontato. Con le opportune distinzioni, senza personalismi e facili polemiche giornalistiche, ci dichiariamo pronti a discutere e confrontarci con senso di responsabilità sul nostro operato.
Guido Fabiani – assessore allo Sviluppo economico Regione Lazio